10 ottobre 2019

SCHIFF PIANISTA E DIRETTORE

Le Serate Musicali inaugurano la loro stagione


Subito dopo l’apertura della stagione della Società del Quartetto, lunedì scorso è stata la volta delle Serate Musicali, con una inaugurazione altrettanto sontuosa e partecipata e con un programma di prim’ordine: Sir Andras Schiff (non amo usare il titolo di Sir quando accompagna il titolare nello svolgimento di un ruolo non mondano ma artistico, tuttavia pare che il nostro lo ritenga un obbligo assoluto di galateo istituzionale e non vorrei dispiacergli), nei panni di pianista e di direttore della altrettanto blasonata Chamber Orchestra of Europe (COE), ha eseguito un programma insolito ed interessante, accoppiando musiche di Haydn nel primo tempo ad altre di Mendelssohn-Bartholdy nel secondo, con un salto spaesante eppure più accattivante di quanto ci si potrebbe aspettare.

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Di Haydn abbiamo ascoltato l’Ouverture de L’isola disabitata (una “azione teatrale” su libretto di Metastasio), il Concerto per pianoforte e orchestra in Re maggiore e la Sinfonia n. 88 in Sol maggiore; di Mendelssohn il Concerto per pianoforte e orchestra in Sol minore opera 25 e la Sinfonia numero 4 in La maggiore opera 90 (la “Italiana”).

Schiff quindi ha alternato podio e pianoforte ad ogni pezzo, costringendo i commessi del Conservatorio a spostare il gran coda Steinway per ben quattro volte. Niente di male se non fosse che l’accordatura dello strumento risente, anche se poco, di ogni movimento, e a noi è parso di percepirne l’effetto.

Bisogna subito dare atto a Schiff che ha saputo cambiare molto bene e prontamente il mood (tocco, legati, fraseggio, ecc.) passando da un autore all’altro, esaltando e facendo emergere l’abisso che divide il classicismo di Haydn dal romanticismo di Mendelssohn; scelti, non a caso, in quanto entrambi campioni – in posizione apicale – di queste due grandi epoche musicali. Ci è parso che avesse nelle proprie corde più il Concerto di Mendelssohn che non quello di Haydn che ci è sembrato più rigido, meno espressivo, vagamente “meccanico”.

Ma la cristallinità del suono e la naturalezza con cui Schiff affronta e supera tutte le asperità dello spartito, sono pur sempre leggendarie ed ancora una volta hanno entusiasmato il “suo” pubblico milanese, che lo accoglie sempre con grande affetto ed entusiasmo. (Bisognerebbe però raccomandare a quella signora, seduta sempre in prima fila, che non è il caso di urlare sguaiatamente ai propri beniamini, con la grazia che viene usualmente apprezzata negli stadi, “bravo!”, “bravi!”, “che bello!”, “grazie!” eccetera).

Un discorso a parte merita il tema “Schiff direttore d’orchestra”. Ce la mette tutta, dirige a memoria, si vede che conosce perfettamente la partitura e che ne ha una idea precisa; quanto a trasmetterla all’orchestra è tutt’altra cosa. E se l’altra sera abbiamo ascoltato un’ottima Sinfonia di Haydn e una magnifica “Italiana” di Mendelssohn lo dobbiamo più alla consumata maestria della COE che non al nostro baronetto.

Si è avuta l’impressione che la direzione dell’orchestra fosse saldamente nelle mani del suo primo violino, la bravissima Lorenza Borrani, trentaseienne fiorentina cresciuta prima a Fiesole e poi con Claudio Abbado (memorabile il giro di valzer che fece – primo violino della Mozart – con Roberto Benigni in “Pierino e il Lupo” di Prokof’ev), poi fondatrice di Spira Mirabilis (la nota orchestra italiana che – guarda caso! – suona senza direttore) e da qualche tempo violino di spalla della COE. In un’intervista rilasciata quattro anni fa a Francesco Giannoni su “Toscana oggi”, la Borrani spiega che il ruolo del primo violino è quello del “tramite fra direttore e orchestra; difende la posizione dell’orchestra nel caso fosse opposta a quella del direttore; aiuta il direttore nelle sue scelte, se fossero difficili da digerire per l’orchestra; è, quindi, il braccio destro di entrambi, direttore e orchestra. Inoltre, dopo il direttore, è il secondo punto di riferimento visivo per l’orchestra: per dove siede è colui che vede più persone e che da più persone può essere visto”. Ed infatti l’altra sera, non a caso, era seduta a fianco del direttore anziché dietro di lui, sembrava quasi che avessero lo stesso leggìo.

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La COE l’anno prossimo compirà quarant’anni e trasferirà la propria sede da Londra a Kronberg im Taunus (effetto collaterale della Brexit!), una deliziosa cittadina dell’Assia nel centro della Germania con un leggendario castello. E’ una magnifica compagine, privata, sostenuta da fondazioni e mecenati di vari paesi, composta da una sessantina di musicisti provenienti da oltre 15 nazioni, tutti impegnati in personali carriere da solisti, cameristi, prime parti delle migliori orchestre europee, il cui suono, soprattutto quello degli archi, è uno dei più curati fra quanti abbiamo avuto modo di conoscere, con la straordinaria capacità di trasformarsi – lo abbiamo sentito l’altra sera passando da Haydn a Mendelssohn – in funzione dell’autore e dell’opera che stanno eseguendo. Un ascolto che si traduce sempre in autentica, palpabile gioia. Veramente bravi.

Paolo Viola



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