23 luglio 2019

CALCIO E URBANISTICA OGGI SPOSI

Matrimonio terribile sull’altare del denaro


Non sono un tifoso da tribuna ma un pigro telespettatore, dunque il mio cuore non batte più di tanto a proposito del nuovo stadio ma mi faccio, come molti altri, qualche domanda: un nuovo stadio perché? Per chi? Chi ha interesse a farlo? Ovviamente Inter e Milan, due società che come tutte le altre società calcistiche strumentalizzano il tifo per ben altri affari e ricavi, dai diritti televisivi alla pubblicità, alla compravendita dei calciatori.

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Qui poi arriviamo alla follia, prezzi alle stelle, bilanci gonfiati e pasticci, prestiti di giocatori e imbrogli di ogni genere come nel caso recentissimo del Chievo Verona e del Cesena Calcio: 29 persone indagate per bancarotta fraudolenta e fatture false.

Dietro tutto questo si muove un indotto lucroso che va dalla vendita di gadgets e di articoli sportivi al fitness ma anche di società che assicurano i calciatori. Un giro di miliardi che vuol anche dire occupazione, come sostengono i promotori del nuovo stadio. Il miraggio dei posti di lavoro è la solita ciliegina sulla torta: quanti, quali i “nuovi” e per quanto tempo in realtà? Mai controllato alla fine?

Questo è il migliore dei mondi possibili del calcio? Tutto questo può travolgere il territorio e l’urbanistica?

Non credo ma i presupposti sono inequivocabili a cominciare dalla legge di stabilità per il 2014(*) che per consentire l’utilizzazione più efficace, l’ammodernamento e la costruzione di impianti sportivi, scavalca di un balzo le norme urbanistiche vigenti consentendo che insieme agli stadi possa nascere di tutto – alberghi, supermercati, negozi sportivi, ristoranti – con la semplice dichiarazione di “pubblico interesse”.

Sono invece un “tifoso” dell’urbanistica e qui il mio cuore batte da quando, “nipote d’arte” nel mondo delle costruzioni, nel 1963 assistetti alla valanga di richieste di licenza edilizia presentati per timore di veder approvata la legge Pieraccini che prevedeva, sull’onda della proposta di legge Sullo, l’esproprio generalizzato dei terreni sui quali non fosse stata presentato una attività edificatoria prima del 12 dicembre di quell’anno. Iniziava il “sacco” del Paese che culminò nel 1984 con la legge n° 47, il “condono edilizio”, nata per sanare l’abusivismo e che invece portò una produzione di circa 200.000 alloggi abusivi, la stessa quantità prodotta nell’intero decennio precedente, ma le parole d’ordine di allora erano: “Urbanistica contrattata”, “meno Stato e più Mercato”, “più Progetti e meno Piani”. Lo sfascio delle città.

Caduto il muro “Sullo”(**), la vera possibile svolta che avrebbe stroncato la speculazione edilizia con l’esproprio generalizzato delle aree inedificate, gli urbanisti abbandonarono i “politici” e iniziarono la “loro” battaglia contro la speculazione edilizia e la persero perché la cassetta degli attrezzi dell’urbanistica – densità, destinazioni d’uso, oggi il Piano di Governo del Territorio con le sue articolazioni – non erano – e non sono – lo strumento giusto per quella battaglia: come voler piantare i chiodi col cacciavite.

Ma diamo a Cesare quel che è di Cesare: la loro battaglia contro la speculazione la persero, ma evitarono il disordine urbano e garantirono gli spazi pubblici e i luoghi delle funzioni di interesse collettivo, gli spazi verdi e di recente l’ambiente. Non è poco.

Tuttavia io credo che dobbiamo chiarirci su cosa intendiamo per speculazione edilizia: l’appropriarsi da parte di pochi del bene collettivo costituito dall’incremento di valore delle città generato dall’attività dei suoi cittadini. Questo incremento subisce una accelerazione direttamente proporzionale allo sviluppo e alla crescita di una città: Milano.

“È dunque il valore della civitas e non la sola meccanica dell’accumulazione che rende grande una città.” Questo è quello che giustamente afferma Beppe Longhi in un suo articolo scritto per noi e ne spiega il perché. Mai come oggi questo è vero e la ricchezza che la “civitas”, i cittadini, hanno prodotto non va né tolto né sottratto a loro per essere beneficio di pochi e comunque, se qualche iniziativa o attività generata da altre scelte – sensate – ne beneficia, questo non deve essere gratis.

Di questo problema ne avevo parlato in un mio editoriale dal titolo Pescare la ricchezza a Milano:” nel Lago Milano si pesca senza licenza e gratis? Tanto per capirci: chi fa preda deve o non deve lasciare qualcosa per finanziare la città e i suoi bisogni? E ancora: quanto durerà questa pesca meravigliosa? Far durare la pesca è compito del guardiapesca, come dire Giunta e Sindaco, facile a dirsi non altrettanto a farlo, ma credo che il concetto sia chiaro.”. Una pesca giudiziosa, aggiungo ora.

Prescindendo da altre indispensabili considerazioni sull’opportunità di costruire un nuovo stadio a San Siro, quale sarà il prezzo che dovrà essere pagato alla “civitas” per la cessione della sua ricchezza? Certo non basteranno gli oneri legati al Permesso di costruire. E nel caso degli Scali ferroviari? E per l’area della ex Piazza D’armi? E ……?

Ma di quali strumenti dispone l’amministrazione per pareggiare i conti tra gli interessi particolari e quelli della collettività?

Uno lo indica un articolo di Roberto Camagni scritto per noi dal titolo IL MISTERO DEL “CONTRIBUTO STRAORDINARIO”:  Purtroppo gli oneri pagati per prestazioni pubbliche in Italia rappresentano una quota quasi irrisoria delle rendite (fra il 3 e il 5% del valore del costruito, contro il 28-30% della Germania), e gli effetti si vedono bene: le trasformazioni arricchiscono le rendite ma lasciano sul terreno solo briciole per la collettività”.  

Tanto per cominciare si tratterebbe di applicare il “contributo straordinario” sul maggior valore generato da interventi edilizi pari al 50% di questo maggior valore.(***)..Opportunità mai utilizzata.

Non mancano altri strumenti come le convenzioni, si potrebbero riscoprire varie forme di contributi locali ma la realtà è che manca una seria volontà di contenere la speculazione e un apparato legislativo realmente adeguato.

Perché comunque tanta debolezza da parte dell’amministrazione pubblica? Quando si parla di nuovi interventi lo spauracchio della “collusione” dei pubblici amministratori con gli operatori immobiliari viene sempre agitato, intravvedendo aspetti corruttivi: un’analisi semplice e popolare, dunque di sicuro effetto.

Se anche episodi di questo genere si scoprono ogni giorno non è vero che la maggior parte di sindaci e di Giunte siano corrotti ma nessuno di loro resiste a due tentazioni: allargare le maglie all’uso del suolo per incassare oneri di urbanizzazione per rimpinguare i bilanci e comunque lasciare memoria di sé, subito mostrando efficienza col dar il via a grandi e piccole trasformazioni urbane: ambizione e strategia elettorale insieme.

Ambizione e strategia elettorale non possono giustificare operazioni che si approprino della ricchezza “civica” senza uno “scambio” adeguato.

Dunque serve una nuova cassetta degli attrezzi urbanistici per governare le trasformazioni territoriali per forma e consistenza, che tra l’altro tenga conto dei radicali cambiamenti della società rispetto alla cassetta “d’antan”, ma serve anche una nuova cassetta degli strumenti fiscali per restituire ai legittimi proprietari la ricchezza civica.

Oggi tutto questo non c’è ma anche senza la ricchezza civica (Scali, ex Piazza d’Arni, San Siro …. ) può essere tutelata: basta la volontà politica.

Luca Beltrami Gadola

*) legge n. 147 del 27 dicembre 2013 detta legge di stabilità comma 304

**) Il Disegno di Legge Sullo è pronto del giugno del 1962: la riforma è impostata su basi completamente nuove. Il PRG è attuato per mezzo di Piani Particolareggiati, le cui prescrizioni hanno valore a tempo indeterminato e nel cui ambito il Comune promuove l’esproprio di tutte le aree inedificate e delle aree già utilizzate per costruzioni, se l’uso in atto è sensibilmente difforme a quello del Piano Particolareggiato. Non fu mai approvato e Fiorentino Sullo fu anche sottilmente attaccato per i suoi orientamenti sessuali. A lui comunque dobbiamo la famosa legge 167 sull’edilizia economica e popolare.

***) Testo Unico delle disposizioni in materia edilizia (DPR 6.6.2001 n. 380, art. 16 comma 4.d-ter)



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  1. Bianca botteroDa molto non sentivo parole così rinfrescañti ,finalmente chiare su quanto stiamo passivamente vivendo anche in una città "modello" come Milano E'' veramente troppo tardi per fare qualcosa "di sinistra"? Io sono disponibile
    24 luglio 2019 • 10:45Rispondi
    • Luca Beltrami GadolaGrazie della disponibilità. A settembre riprenderemo il tema e cercheremo di capire come un gruppo di cittadini attivi possa organizzarsi. Grazie.
      24 luglio 2019 • 16:35
  2. IsabellaMaria BaratoGrazie per questo articolo che aiuta davvero a farsi un'idea indicando precise responsabilità. Anch'io vorrei essere parte attiva nel tenere sotto controllo la giunta comunale affinché sia coerente nel negare il suolo pubblico agli interessi di parte. Altrimenti solo grande ipocrisia nel lodare i greenfriday per poi svendere edificare e per di più neanche pretendere le giuste compensazioni di tali immense svendite dei ns beni pubblici
    24 luglio 2019 • 14:40Rispondi
  3. ENNIO GALANTECaro Direttore, ho letto il Suo e quasi tutti gli altri articoli. In qualità di cittadino (anche se non sono architetto) sottoscrivo tutte le Sue argomentazioni. Trovo molto interessanti anche gli altri. A mio avviso, la qualità della trattazione è buona, comprensibile e priva di toni sopra le righe. Cioè il giusto livello della discussione che dovrebbe precedere sempre l’impostazione delle scelte urbanistiche, specialmente se si riferiscono alla struttura della città per i prossimi cinquanta anni (o più). Un problema che mi pare non sia sufficientemente trattato, in questo caso ma anche in altri, è il consumo di suolo in termini ambientalistici (non reversibili). Abbiamo la fortuna di stare sopra profondi ed estesi depositi alluvionali che agiscono da riserva idrica ed allarghiamo continuamente l’impermeabilizzazione con le costruzioni e le sedi stradali (oltre alle infiltrazioni di scarichi nocivi). A tal riguardo, mi permetta di aggiungere una battuta al commento che Le avevo inviato in merito alla scommessa vinta per le Olimpiadi invernali : fare una parte di quelle attività a Milano (che non ha alcuna specificità ambientale o strutturale) mi preoccupa perché implicherà nuove costruzioni, quindi altro consumo di suolo. Sono un po' perplesso nel trasferire la questione soltanto (o prevalentemente) sul piano fiscale degli oneri di urbanizzazione. Ennio Galante
    24 luglio 2019 • 17:19Rispondi
    • Luca Beltrami GadolaSono d'accordo sulle sue conclusioni in merito al consumo di suolo. Se ne parla tanto ma al momento di decidere nuovi interventi edilizi si guarda dall'altra parte. Cordialmente.
      24 luglio 2019 • 18:37
  4. Daniele MilaniMha, visto che il simbolo di Milano non è più la Madunina, ma il pennacchio di UniCred Square, che la Fiera è il contenitore delle torri, che Milano è magnifica, ma a me appare come l'elegantone in smoking, ma con le mutande sporche, vogliono abbattere S.Siro, luogo tra l'altro simbolo di aggregazione, (un'altro non sarebbe la stessa cosa) se proseguono così, a tenere le periferie come ghetti, dormitori, isolare chi è più nel bisogno, relegarlo ai margini, senza che nessuno pensi a queste modifiche, che chiama il Monumentale, Parco delle Sculture, mi preoccuperei per il Principe...Mha non ci siamo proprio, così facendo incentivano il disinteresse, e creano solo indifferenza a tutto.
    26 luglio 2019 • 12:08Rispondi
    • Luca Beltrami GadolaD'accordo. LBG
      26 luglio 2019 • 16:07
  5. Danilo PasquiniQuando alcuni decenni indietro nel tempo - giusto all'inizio della seconda metà del "secolo scorso, conosciuto ricordato come secolo breve" - sono andato a vivere al quartiere Gallaratese in corso di edificazione dietro la Montagnetta del Prof. Bottoni che chiudeva ed apriva il QT8 alle terre coltivate poste a sud ovest della via Gallarate , (tutta edilizia pubblica Ospedale Maggiore, IACPM, Comune, Ina casa, Incis ed altri enti pubblici compreso l'UNNRA CASAS) mi sono ricordato di "lezioni" - che in un circolo o associazione che dir si voglia, ho seguito e poi capito e di cui poi interessato di persona - tenute discorsivamente da alcuni Signori chiamati nel II° dopoguerra e rifare Milano che pur lavorandoci erano critici per come dovevano procedere sia pure in presenza di un PIANO REGOLATORE GENERALE detto della ricostruzione in vigore dalla fine degli anni '50. Ho detto lezioni ma oggi ricordandole potrei dire "avvertenze", non voglio dire "grida di dolore", che uomini come Putelli, , Bottoni ed altrri stavano lanciando alla attenzione della città, dei suoi abitanti. Forse nella professione che esercitavano avevano trovato il senso profondo e l'etica del COSTRUIRE LA CITTA' . Sicuramente avevano previsto la rivo-involuzione della città perché erano dei sognatori e come tali guardavano alle città americane, New Yorck per tutte emblematica, che pure accattivanti nel loro crescere verso il cielo riducevano - oggi lo vediamo - sempre più la terra intorno agli edifici. Non solo ma come professionisti di una scienza o metodica come l'Urbanistica avevano lo sguardo che "andava oltre la punta del loro naso" e quindi sapevano anche prevedere gli assetti futuri di quella macchina in eterno fieri che può essere una città. Di quelle lezioni ho fatto tesoro nei giorni e mesi e anni dopo il mio arrivo al Gallaratese ricordandomi inoltre le discussioni molto approfondite in quella associazione o circolo ( Iniziativa di Collaborazione Culturale e Sociale) sullo stato della periferia di Milano che addirittura nel novembre del 1960 promosse un primo convegno - dal basso - sulla questione periferie al Quartiere Baggio II° piccolo ma abbastanza emblematico per l'assenza di servizi "sotto casa o di vicinato" ,costruito da INA CASA nei prati tra il deposito Baggio della ATM e il borgo del vecchio comune o mandamento di Baggio. Ricordo quest'ultimo particolare per riferirmi al "lascito" piccolo o grande che i costruttori, nel caso un ente statale devono lasciare là dove costruiscono abitazioni. Caso del Gallaratese come ho già scritto in calce alla proposta di Franca Caffa qui apparsa alcuni numeri scorsi Il caso Gallaratese anche su mia proposta alla unica associazione non parrocchiale presente (APICEP Ass. Provinciale di inquilini di Case di Edilizia Popolare) nacque e venne gestito fino alla realizzazione della linea M1 di una serie di servizi e soprattutto di forestazione urbana" che lo hanno reso un "habitat" civile. Con una riqualificazione del valore dei fabbricati ceduti dagli Enti costruttori agli inquilini dovuta alla presenza della metropolitana. Qui si potrebbe aprire un discorso non nuovo ma credo necessario sugli strumenti di urbanizzazione e loro veicolare la rivalutazione delle terre e delle residenze come servizi trasporti scuole centri sportivi … Ma quelle lotte/richieste che dal 1966 culminarono negli anni '80 non si dovevano fare visto l'indotto economico che hanno determinato ? Ragionamenti da farsi sempre comunque quando si pianifica un quartiere come Gallaratese o Gratosoglio (edilizia pubblica) o una linea di metropolitana nuova che attraversa la città costruita e storica. Se la pianificazione territoriale non è contenitore anche di quella della mobilità sarà sempre difficile avere un giusto equilibrio di sviluppo urbano o si pensa che così facendo si proponga la cosiddetta "città comunista" obsoleta? o la vita continua sempre sugli stessi parametri quindi sarà una "Blade Runner" e Milano la Manhattan della Lombardia? Pronto a discuterne.
    26 luglio 2019 • 19:04Rispondi
    • Luca Beltrami GadolaAnche noi siamo pronti a discuterne. Come si diceva una volta a Milano:"Sem lì per quell".
      27 luglio 2019 • 17:43
  6. Danilo PasquiniRingrazio Luca Beltrami Gadola convinto che ne potremo parlare quanto prima magari attorno a "un caminetto" dal quale però escono scintille proposte idee capaci di non fermarsi alla loro proclamazione - ce ne è sempre troppa intorno all' Uomo - ma essere base per capire come una società umana non debba accontentarsi di una panchina tipo Milano o di un isolato semaforo nel deserto urbano. Non basta chiedere un minimo; bisogna che il genere umano sappia immaginare il proprio futuro e chiederlo (aprendimos a quererte, diceva il Che) ed impegnarsi che venga realizzato soprattutto con l'impegno dei singoli coralmente uniti. Oggi ad esempio esiste il problema del clima (ghiacciai in fiamme!?) che è poi questione dell'habitat, della costruzione della città, del risparmio del territorio ancora non occupato, dalla ricerca di fonti energetiche sapendo che la tecnologia odierna ci può aiutare a realizzare quelle alternative , dal non continuare - come per lo stadio di san Siro - a coniugare la vita dell'Uomo alla speculazione finanziaria ma fare delle risorse naturali e di quelle prodotte dal lavoro ed intelligenza di tutti strumento di sopravvivenza dell'intero pianeta, magari partendo dal nostro piccolo o grande Milano.
    27 luglio 2019 • 19:00Rispondi
  7. Giuliana Filippazzinoi residenti siamo molto preoccupati per lo stravolgimento dell'intero quartiere: altro che riqualificazione! si demolisce un monumento storico come lo stadio, famoso anche all'estero come "la Scala del Calcio" , si riempie di edifici (grattacieli?) l'ex ippodromo del trotto, di cui si è proditoriamente cambiata la possibile destinazione su cui il consiglio comunale non ha battuto ciglio (era distratto o connivente?). Con tutta la disponibilità di aree (ad esempio via Novara vicino alla tangenziale, ex parcheggio mondiali '90) proprio davanti ad abitazioni e sull'area di un nuovo parchetto, vogliono farlo? chi sono i padroni di Milano: le squadre o i cittadini? e guarda caso, sull'area del vecchio stadio è prevista una grande area verde, che renderà più appetibile e costoso il complesso previsto nell'ex ippodromo del trotto! Non potrebbero fare lo stadio vicino a quello che vogliono abbattere? No, le squadre vogliono tutto e subito, trasformando il quartiere in un luna park , con manifestazioni 365 giorni all'anno: sono più che sufficienti i concerti estivi, del centro commerciale non abbiamo bisogno, vogliamo la tranquillità per la quale abbiamo scelto di abitare qui!
    4 settembre 2019 • 12:32Rispondi
  8. Giovanni PerosinSe c'e' un settore in crisi di credibilità oggi è proprio il calcio. La storia della nazionale è li davanti a tutti noi a farci da monito! Ora porci l'interrogativo se non sia tempo di produrre una regolamentazione che consenta di risanare l'intero settore e riportarlo in ambiti di condivisibilità mi pare ineludibile. Questo non toglie che a questo sport non si debba dare l'attenzione che merita una attività sportiva di massa e che deve mantenersi a dimensione primaria in ambito nazionale. Ciò non può però anteporre gli interessi particolari in preminenza rispetto alla salvaguardia degli interessi del territorio e della Città. Una Città che ha ambito ed aspirazioni di carattere Metropolitano. E se questa è l'ambizione mi pare che ancora una volta l'agire che registriamo sia però maledettamente caratterizzato da una visione "Milanocentrica" collocando una megastruttura che ha caratteristiche ed utenza indubbiamente metropolitana in una angusta collocazione "Cittadina Milanese". Un'altra occasione che ci accingiamo a sprecare!
    1 ottobre 2019 • 12:11Rispondi
  9. DanieleOttobre 2019, sullo stadio Meazza, non abbiamo scritto invano, ora faranno un referendum popolare, dal risultato che si spera venga rispettato, poi se le squadre vorranno costruirselo con denari propri che lo facciano, però con attesi ritorni urbanistici destinati a chi meno ha,
    4 ottobre 2019 • 21:11Rispondi
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