4 giugno 2019

ATM, TARIFFE, AL TAVOLO MANCA QUALCUNO

Scelte delicate e cariche di significati


È superficiale per non dire incauto parlare delle tariffe di ATM senza che ci si debba interrogare sul problema della mobilità a Milano e parlare degli strumenti per governarla: con quali obbiettivi? Avere una visione d’insieme è indispensabile per non commettere errori tecnici ma anche politici.

editoriale

Il sindaco Sala di recente ci ha aggiornati sul numero di vetture che entrano a Milano: 1 milione il giorno, io ero fermo a 650.000. L’ha detto in un incontro con i cittadini di Crescenzago, un quartiere di Milano dove c’è una stazione della MM e dunque ben messo dal punto di vista del trasporto pubblico.

In quell’occasione ha confermato l’impegno a potenziare i mezzi pubblici e per questo è indispensabile, disse, ritoccare in sù il prezzo del biglietto, certo con molte agevolazioni per le fasce protette come anziani, studenti e così via.

Dall’altra parte Granelli, l’assessore alla mobilità e ambiente ma anche Pierfrancesco Maran che l’ha preceduto in quell’assessorato, cercano di ridurre l’ingresso in città con tutti gli strumenti a disposizione: Area C, Area B, ma anche con un sottile lavorio di restringimenti di carreggiata, di riduzione delle aree di sosta permessa, di maggior severità nella punizione di soste irregolari e selvagge. Obiettivo condivisibile: ridurre l’inquinamento, la congestione, lo snaturamento del paesaggio urbano. I milanesi, soprattutto gli ambientalisti sono d’accordo.

Adesso mettiamoci dalla parte dei city users che vengono in auto a Milano non per divertirsi ma per lavorare. Sono una ricchezza per la città: lavorano e quindi consentono alla comunità economica di prosperare, di fare profitti, di guadagnare sui servizi di ristorazione, di incrementare i commerci ma soprattutto rendere Milano città attrattiva per le aziende e le società che qui si insediano e dove trovano un’offerta di lavoro e di competenze assolutamente eccezionale. penso persino in Europa.

Ve la immaginate Milano senza tutti i pendolari?

Proviamo a supporre che queste politiche di innalzamento delle barriere all’ingresso costringano la metà degli attuali pendolari in verso Milano a lasciare l’auto per i mezzi pubblici: 500.000 persone e 500.000 auto in meno.

Che ne sarà però del loro tempo di viaggio? Una un po’ vecchia ricerca del Censis ci diceva che il pendolarismo fà perdere 33 giornate lavorative l’anno, penso che non sia cambiato molto da allora e, in mancanza di dati aggiornati e mirati, faccio delle provocatorie ipotesi: mediamente il pendolare che lascia l’automobile per optare al trasporto pubblico raddoppierebbe il suo tempo di viaggio (raggiungere il mezzo pubblico più vicino, attesa dello stesso, orari sfavorevoli, almeno due cambi …). Se oggi ci vuole circa un’ora, ossia due al giorno, arriviamo, nell’ipotesi fatta sopra, a 1 milione di ore al giorno del loro tempo dedicate al viaggio.

Chi le paga? Che prezzo hanno? Sono un buon investimento del tempo personale? Milano può chiedere questo sacrificio ai city users per migliorare la qualità della sua vita urbana?

Certo è facile rispondere che se non ci fosse Milano tutti questi pendolari non avrebbero un lavoro.

Editoriale copertina

Siamo proprio sicuri che il bilancio tra Milano e i pendolari sia almeno in pareggio? Non è piuttosto a vantaggio di Milano che dunque assume il connotato di datore di lavoro unitario rispetto a un insieme sufficientemente omogeneo di pendolari tale da diventare “classe”? La vecchia lotta di classe rinasce: città versus contado?

Prima di andare avanti in una discussione che ci porterebbe troppo lontano tra principii di uguaglianza, capitalismo, globalizzazione e democrazia, fra tragedie, ideologismi e altre bazzecole, pensando a Milano Città Metropolitana e al trasporto pubblico, rivado a quel che ho letto nei libri di storia delle ferrovie: queste furono una delle molle principali al crearsi degli Stati nazionali. Rifletto sul ruolo che il trasporto pubblico potrebbe avere nel dare alla Città Metropolitana un’identità forte.

Il trasporto pubblico è forse la principale “infrastruttura abilitante” che, come tutte le altre strutture abilitanti rende possibile lo sviluppo di un Paese, di una comunità. Vanno a beneficio di tutti.

Tornando con un salto alle ultime elezioni europee e all’ovvia riflessione che la città è a sinistra e l’hinterland a destra, non è che un migliore servizio dei trasporti nella Città Metropolitana possa essere uno strumento politico?

La “classe” dei pendolari sembra mancare al tavolo delle decisioni su che fare di ATM. Forse è un errore per la sinistra.

Quanto alle tariffe c’è una sorta di contraddizione, non solo milanese: in genere si fa pagare meno a chi ha il servizio migliore – il centro – e faccio pagare di più chi ha il peggiore, la periferie e l’hinterland.

La strada vera sarebbe quella dei trasporti gratis, alcune città già lo fanno, poche. Qui lo propose Francesca Balzani in corsa per le primarie per la scelta del sindaco nel 2016 dove arrivò seconda dietro Beppe Sala. La sua proposta venne demolita dai suoi competitori. Rimane un sogno nel cassetto ma, a mio modo di vedere, un sogno di civiltà e democrazia che va ancora cullato.

Luca Beltrami Gadola



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  1. Paul RobsonBuon giorno, sono un city user e condivido perfettamente i contenuti dell'articolo. Nel corso degli anni abbiamo assistito e stiamo assistendo ad un peggioramento del trasporto pubblico ed un aumento delle tariffe complessive del medesimo. Usare i mezzi pubblici soprattutto dopo le 19 è un delirio con attese che superano anche i 20 minuti ed oltre. I continui cantieri sempre negli stessi posti con conseguenti deviazioni dei percorsi di tram ed autobus costituiscono un disagio continuo con perdite di tempo ulteriori. Ormai l'Italia è diventato un paese che chiede tanto per dare poco ed ho il fondato timore che siamo in una situazione irreversibile e l'ulteriore ritocco delle tariffe ne è una conferma.
    5 giugno 2019 • 08:57Rispondi
  2. STEFANO COZZAGLIOSono d'accordo con il commento di Paul Robson . A Milano si riesce solo a muoversi con i mezzi pubblici , il mezzo privato è ostacolato in tutti i modi ( aree riservate , aree a pagamento , diminuzione dei parcheggi , difficoltà nel reperire i mezzi pubblici sia i giorni festivi che nelle ore che non sono di punta . In questo modo la città è diventata un'area riservata solo a coloro che se lo possono permettere . Le frazioni di città le cui caratteristiche di accoglienza diminuiscono sempre di più sono destinate a spegnersi perchè le persone andranno altrove .
    5 giugno 2019 • 15:36Rispondi
  3. Franco PugliaLa MOBILITA' motorizzata, pubblica o privata, rappresenta la differenza che intercorre tra sviluppo e sottosviluppo. Il nostro mondo, con tutto il bene ed il male che comporta, è il prodotto della mobilità motorizzata, prima su rotaia e poi anche su gomma. La mobilità si può distinguere in due categorie principali : - quella rigida, su rotaia o su gomma, sempre a carattere pubblico - quella flessibile, sempre su gomma, sempre di tipo privato Chi pensa che la prima categoria sia sufficiente ci riporta all'epoca delle carrozze a cavalli, dove la mobilità era praticamente inesistente, perché pochi potevano permettersi un cavallo individuale. Il VERO problema della mobilità non consiste tanto nei mezzi adottati, quanto nella concentrazione urbana, nell'aver favorito la concentrazione territoriale dei mezzi di produzione urbani, creando attorno a questo centro produttivo dei ghetti urbani a carattere prevalentemente residenziale. Una tendenza che non pare volersi arrestare. Fatti i danni, cambiare paradigma è difficile e richiede tempo, ma si può e SI DEVE fare. Nel frattempo, però, l'assassinio della mobilità individuale è un DELITTO contro la civiltà. Le autovetture inquinano ? Si. Anche la defecazione inquina, e non poco, ma non per questo smettiamo di evacuare i nostri rifiuti organici. Per limitare i danni depuriamo le nostre acque nere. Meno facile con l'aria, ma neppure impossibile. Una certa cultura dominante si è concentrata sulla condanna senza appello degli idrocarburi, perché l'anidride carbonica prodotta dalla combustione sarebbe responsabile del surriscaldamento planetario. Stendo un velo pietoso su questa truffa planetaria ... Nelle città ci interessano gli inquinanti, non la CO2. E gli scarichi degli autoveicoli si possono FILTRARE, meglio di quanto non si faccia adesso. L'inceneritore di Figino brucia 600mila tonnellate annue di rifiuti e produce una quantità di inquinanti nei fumi sbalorditivamente bassa, sulla base di dati credibili, a meno che ARPA non sia una associazione a delinquere. Perciò inquinare di meno si può, anche senza assassinare la mobilità privata. Inoltre ciò che conta sono i km percorsi in città, e se limitazioni ci debbono essere, queste si possono fare più sui km percorribili da ciascun automezzo (facili da controllare, oggi, con i GPS) piuttosto che non sulla qualità del mezzo, visto che contano gli aspetti quantitativi dell'inquinamento, più di quelli qualitativi. Resta la congestione del traffico, che si combatte, all'opposto, non rendendo più difficoltosa la mobilità stradale, bensì fluidificandola, e togliendo le auto parcheggiate lungo le strade per collocarle in zone di sosta dedicate, all'aperto, sotterranee o sopraelevate, almeno dove esiste una tale possibilità. Ma nel PAESE DEI DIVIETI, dove la parola PROPOSITIVO non trova posto nel vocabolario, tutto questo è utopia.
    8 giugno 2019 • 09:01Rispondi
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