23 maggio 2019

COME SI PUÒ ROVINARE UN BEL CONCERTO

Una pessima organizzazione persino arrogante


Domenica pomeriggio alle 18, in quella deliziosa Palazzina Liberty di largo Marinai d’Italia che nella prima metà del novecento fu il punto di ristoro del Mercato Ortofrutticolo di Milano, nel clima inverosimile di queste giornate di cui non si capisce a quale stagione appartengano, una lunga coda si snodava nel giardino e si arrampicava sulle scale che accedono alla vetrata di ingresso. Una cosa mai vista in tutti questi anni in cui la Palazzina – ora intestata a Dario Fo e Franca Rame – è stata utilizzata come sala da concerto e dedicata a varie manifestazioni culturali, prima fra tutte la stagione dell’Orchestra “Milano Classica”; purtroppo la domenica mattina, quando di solito si svolgono i concerti, e nonostante siano quasi sempre di buona qualità, ci si ritrova con la sala semivuota.

Viola

Il perché di quella coda non saprei dirlo con certezza, non credo fosse il programma, ottimo ma non straordinario, che prevedeva il Concerto per pianoforte e orchestra in re maggiore di Haydn e la Quinta Sinfonia in si bemolle maggiore di Schubert. Il richiamo che ha fatto presa sui milanesi rimasti in città per votare, sarà stato forse la somma di due novità: da una parte il ritorno di un beniamino del mondo musicale milanese, il pianista Bruno Canino, napoletano puro sangue ma milanese da tempo immemorabile (lo ricordo negli anni Cinquanta giocare a pallone contro i muri di San Vittore con Antonio Ballista e Claudio Abbado…), dall’altra la sorpresa di un direttore d’orchestra donna, non del tutto nuova per la città e tuttavia ancora molto poco conosciuta, Beatrice Venezi, ventinovenne di Lucca, che si è diplomata a Milano ma da qualche tempo è radicata a Napoli come direttore principale dell’Orchestra Scarlatti. Elegantissima ed avvenente, con una lunga chioma bionda, dirige in abito lungo colorato, con tacco alto e una vistosa collana; molto diversa dunque dall’ex direttore stabile dell’Orchestra Verdi (ricordate la cinese Zhang Xian?), che vestiva in modo da assomigliare il più possibile a un direttore-uomo nel frac d’ordinanza.

Un concerto affidato al decano dei pianisti milanesi (ha qualche mese più di Ballista ma sei anni più di Pollini) e al più giovane direttore d’orchestra in carriera, per giunta donna, è sicuramente un evento ed infatti, come s’era intuito, la sala era gremita di pubblico. Somma è stata poi la sorpresa nell’apprezzare la maturità musicale di questa giovane donna e la perfetta intesa fra lei e il canuto pianista che poteva essere suo nonno; raramente abbiamo ascoltato un Haydn così nitido, smagliante, avvolgente, in una perfetta sintesi fra l’eleganza formale, il brio viennese e la passionalità ungherese. Bruno Canino è ancora un miracolo di precisione e pulizia di suono, suona a memoria un concerto che non è fra i più eseguiti e non sbaglia una nota, ma è anche capace di suonare in perfetta simbiosi con un direttore tanto alternativo rispetto alle sue consolidate abitudine. Una duttilità sorprendente, frutto di grande esperienza e ancor più grande sensibilità.

Ma è difficile farsi un’idea di quanto possa essere convincente e trascinante la grazia di una poco più che ragazza che dirige non solo con le mani e con le braccia ma con tutto il corpo, sciolto, flessuoso, agile, morbido, e insieme preciso, sicuro, determinato, autorevole. Da stentare a crederlo, abituati come siamo a direttori che fanno derivare la loro autorevolezza (quando c’è) da un comportamento austero ed impettito.

Tutto bene dunque? Musicalmente sì, ma molto male invece l’organizzazione del concerto che – come purtroppo accade sempre più spesso – è stato preceduto e funestato da ben tre interventi verbali e verbosi, di cui non si è compreso nulla a causa del pessimo impianto di amplificazione e della ancor peggiore acustica della sala. Forse presentavano i musicisti, forse illustravano il programma, forse ancora nulla di tutto questo ma spiegavano alcune opere artistiche realizzate con la garza e disposte intorno al pianoforte (cosa c’entravano con Haydn e Schubert? non vi era neppure un accenno nel programma stampato del concerto!).

Ma gli organizzatori di concerti vogliono finalmente capire che non si possono sequestrare per intere mezz’ore persone invitate, ed accorse per ascoltare la musica annunciata nel programma, e propinar loro saluti, ringraziamenti, presentazioni e concioni di ogni genere? A cosa servono i programmi di sala, offerti in vendita o gratuitamente prima del concerto, se non allo scopo preciso di evitare queste noiose esibizioni verbali?

E’ nei fatti una grave mancanza di rispetto nei confronti del pubblico che, quando non si annoia, si irrita e si predispone assai male all’ascolto del concerto. In questo caso, poi, si è anche fatto tardi, molta gente doveva appunto andare a votare (si sa quanto tempo prende il programma e quindi a che ora termina il concerto) ed ha dovuto rinunciare all’ascolto della Sinfonia di Schubert. Inutile dire che ero fra questi e – ovviamente – fra i più irritati.

Paolo Viola



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  1. ermanno ceruttiPaolo sei il Paolo che conosco? Se si fatti sentire ....ormai credo che siamo rimasti pochi pochi. Se invece è solo omonimia allora complimenti per questo articolo.
    29 maggio 2019 • 09:36Rispondi
    • Paolo ViolaCerto che sono il Paolo che conosci dall'epoca del liceo. Chiediamo alla redazione di darci reciprocamente i nostri indirizzi. Ciao!
      29 maggio 2019 • 21:05
  2. Vittoria MoloneAssolutamente d’accordo sulla qualità della musica e della esecuzione e sulla tediosa presentazione iniziale. Bravissimi Bruno Canino e Beatrice Venezi, che sarà molto lusingata dagli entusiastici complimenti del nostro recensore
    29 maggio 2019 • 12:17Rispondi
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