30 aprile 2019

1° MAGGIO FESTA DEL LAVORO. QUALE? PER CHI?

Cosa stiamo celebrando?


Abbiamo voluto raccogliere riflessioni, pensieri e ricordi legati alla festa del 1°Maggio perché il “lavoro” non è “un” problema del nostro Paese ma “il” problema del nostro Paese. Il lavoro, o meglio la sua mancanza o la mancanza della sua pienezza e dei suoi diritti, è la disuguaglianza in grado di generare un drammatico senso di insicurezza e dunque rendere donne e uomini fragili e vittime di chi agita il fantasma della paura.

Bisogna domandarsi allora con chi festeggiamo il lavoro. Con gli ultimi, con gli immigrati che raccolgono ortaggi e frutta in situazione di quasi schiavitù? Con i precari, gli esodati, le vittime della delocalizzazione, i laureati che lavorano nei call center, lavoratori a chiamata,i lavoratori in nero, e, se guardiamo all’oggi, gli addetti ai servizi di delivery con le loro biciclette? Quanto manca perché pure questi ultimi siano sostituiti dai droni di Amazon?

Continuiamo a sentir dire che se non c’è lavoro non ci sono né democrazia né libertà, né dignità ma il nostro Paese, non il solo, continua ad andare nella direzione della distruzione del lavoro, tutto intento a studiarne le cause ma poco i rimedi.

Maggi Giovanni---foto Quarto Stato dopo servizio da Milano

Pensiamo ad un mondo nel quale per definizione una parte della popolazione sia destinata sin dalla nascita a vivere di “redditi di cittadinanza”? Cittadine e cittadini ai quali sono negati per altrui scelta libertà e dignità, ammesso che questo sia economicamente possibile?

I robot hanno sollevato in parte dalla fatica fisica ma hanno tolto posti di lavoro; l’informatizzazione, le app e l’arrivo dell’intelligenza artificiale e delle sue applicazioni hanno distrutto posti di lavoro anche intellettuale, lavori di front office, lavoro burocratico di routine. Chissà quanto altro lavoro di oggi sarà destinato a scomparire. La forbice tra lavoro superqualificato e dequalificato si allarga e l’ascensore sociale si è bloccato.

Gli economisti ci forniscono due ricette per affrontare questa situazione: la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario – più occupati – o il ricupero di risorse da ridistribuire, tassando i superprofitti delle grandi aziende, multinazionali e non, e tassando le rendite finanziarie.

La prima soluzione ridurrebbe la competitività rispetto ai Paesi emergenti e la seconda servirebbe ad imboccare la via dei sussidi che ipocritamente chiamiamo “redditi” di cittadinanza quando “reddito” vuol dire risultato di una attività.

Da dove cominciare una riflessione? Forse da una rilettura della Costituzione e dalla sua mancata applicazione. Come sempre.

Nella Costituzione la parola “lavoro” e “lavoratori” è una delle più ricorrenti eppure tutti gli articoli che riguardano il lavoro e i lavoratori o sono del tutto disattesi nella pratica o solo parzialmente attuati e dunque non andremo lontani se non partiamo dalla loro attuazione, senza ambiguità, sofismi o interpretazioni di comodo. In nota* ho riportato gli articoli della Costituzione che riguardano il lavoro e i lavoratori: un utile “memento”.

Saltando l’Articolo 1, del quale si è detto e scritto tutto il possibile, declinando in ogni modo il valore del lavoro nella società e per le persone, mi soffermerei sull’ultima parte dell’Articolo 3 che chiude così:” [impediscono]… l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”.

Quando, quanto e in che modo i lavoratori sono stati chiamati a decidere dell’organizzazione economica del Paese? Il che vuol dire partecipare alle decisioni generali in materia economica, ovviamente anche a tutela del loro futuro oltre che nell’interesse collettivo.

La Costituzione ha indicato una strada all’Articolo 99 dove si parla del CNEL:” Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.”.

Il Cnel sarebbe stato il luogo deputato della riflessione e delle indicazioni e della elaborazione delle strategie per fronteggiare la drammatica situazione del lavoro oggi. Non è andata così.

Ma cosa è in realtà ll Cnel? È un organo consultivo del Governo previsto dalla Costituzione ed è stato istituito con una legge nel 1957 ma la sua composizione e i compiti sono disciplinati da una legge del 1986. Non la notte dei tempi.

Il Consiglio del Cnel è composto da 64 consiglieri, con mandato di 5 anni che può essere riconfermato. I consiglieri si suddividono in: 10 esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica, dei quali 8 nominati dal Presidente della Repubblica e 2 proposti dal Presidente del Consiglio dei Ministri; 48 rappresentanti delle categorie produttive, dei quali 22 in rappresentanza del lavoro dipendente, di cui 3 in rappresentanza dei dirigenti e quadri pubblici e privati, 9 in rappresentanza del lavoro autonomo e 17 in rappresentanza delle imprese; 6 in rappresentanza delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del volontariato, dei quali, rispettivamente, tre designati dall’Osservatorio nazionale dell’associazionismo e tre designati dall’Osservatorio nazionale per il volontariato. Il presidente del Cnel viene nominato con decreto del Presidente della Repubblica, al di fuori degli altri componenti.

Oggi il bilancio è di 8,7 milioni di euro. E di questo denaro, 4,5 milioni servono per i costi del personale, i dipendenti e circa 3 milioni di euro sono necessari per mantenere l’enorme struttura, “Villa Lubin”, ai quali vanno aggiunti1 milione e 920 mila euro per le “competenze fisse e continuative” del presidente, dei 2 vice e dei 64 consiglieri.

Nei 50 anni di attività del Cnel sono stati pubblicati 970 documenti gran parte dei quali consiste però in pareri, osservazioni, rapporti, dossier, relazioni. Le proposte di legge avanzate dal Cnel nei primi 50 anni di attività ammontano a 14, ma nessuna di queste è stata approvata dal Parlamento.

Oggi un inutile costoso carrozzone.

Se il referendum del il 4 dicembre 2016 fosse passato il Cnel sarebbe scomparso senza prevedere alcun organo con funzioni adeguate all’ultima parte dell’Art. 3 della Costituzione lasciando un buco che comunque si sarebbe dovuto riempire.

Oggi però il Cnel esiste e dunque facciamolo funzionare in modo che non sia solo una sorta di buen retiro per gli esodati della politica, del sindacato e dell’alta burocrazia.

Abbiamo bisogno di un luogo dove si rifletta sulle condizioni del lavoro, sulla sorte di chi viene espulso dai processi produttivi, sul destino di chi non riesce ad entrarci ma deve e vuole farlo, sull’arcipelago dei “lavoretti” e che elabori un piano strategico guardando a quello che succede nel resto del mondo e che condizionerà fortemente l’organizzazione e le prospettive della nostra economia. Con dottrina e freschezza di idee. Ma anche ben sapendo che siamo un Paese a demografia ferma, se non calante e che non possiamo fare a meno degli immigrati.

La priorità per il nostro Paese è un lavoro vero per tutti, ossia il primo obbiettivo di una sinistra che voglia avere dei valori. Per sopravvivere.

Luca Beltrami Gadola

* Principali articoli della Costituzione concernenti il lavoro e i lavoratori

Art. 1

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 35

La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. 

Art. 36

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilito dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi. 

Art. 37

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. 

Art. 38

Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. I lavoratori il diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso d’infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedano organi ed istituti predisposti o integrati allo Stato. L’assistenza privata libera.

Art. 99.

Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. È organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.



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  1. Miro CapitaneoLo stato attuale del mondo impone, per sopravvivere e per ritagliarsi un pur minimo spazio lavorativo, un livello di struzione almeno di scuola media superiore. In caso contrario non sapresti come leggere la realta' politica ed economica. Solo una scuola dell'obbligo a tale livello, con i necessari sostegni alla famiglia di origine, permette di essere cittadino potenzialmente a pieni diritti. Ho avuto modo di rendermi conto che un analfabeta e' in difficolta' anche nelle attivita' piu' semplici. Non puoi lasciargli un incarico scritto da eseguire... Quindi, stante la lotta per sopravvivere nel grande oceano della competizione globale capitalista, il primo salvagente e' l'istruzione. Prima del lavoro viene la scuola che non puo' ne' deve lasciare indietro alcuno.
    1 maggio 2019 • 07:32Rispondi
  2. Vittoria MoloneBravissimo Gadola, ho apprezzato molto il suo articolo sia per il suo accorato appello che per il prezioso elenco degli articoli sul lavoro. La leggo sempre con molto interesse.
    1 maggio 2019 • 08:14Rispondi
  3. Ferdinando MandaraNel suo interessante articolo si dice che la seconda ricetta degli economisti alla mancanza di lavoro (tassazione dei superprofitti e delle rendite finanziarie) avrebbe l'inconveniente di far imboccare la strada dei sussidi. Mi sembra evidente che quelle risorse (alle quali si dovrebbero aggiungere il recupero almeno parziale dell'evasione fiscale) potrebbero essere utilizzate per retribuire quei lavori che sarebbero necessari in grande quantità e che il "mercato" non retribuisce, in quanto non c'è una domanda privata: dalla salvaguardia dal dissesto idrogeologico, alla messa in sicurezza antisismica delle abitazioni, alla assistenza alle persone, al recupero del patrimonio artistico abbandonato... Tutte attività ad alto contenuto di lavoro umano, non sostituibili interamente da sistemi automatici e non delocalzzabili. Come mai nessuno ne parla? Forse perché non si ritiene possibile - o non si vuole veramente - recuperare quelle risorse.
    1 maggio 2019 • 19:06Rispondi
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