8 gennaio 2019
MILANO E IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO
L’ombra lunga gialloverde
Viste le ultime nuove dal Governo gialloverde, Milano potrebbe dire come Woody Allen: “Dio è morto, Marx pure, e anch’io non mi sento molto bene”. Che cosa dobbiamo aspettarci è una delle domande legittime per questo inizio d’anno. Il “Governo del cambiamento” che meglio sarebbe chiamare “Governo dirompente” (Disrupting governement), un governo che distrugge senza saper come ricostruire, forse continuerà a colpire anche Milano, che certo non ama, ma che gli si para davanti come un modello vincente: la città che è prima in classifica per qualità della vita e contemporaneamente la più attiva nell’accoglienza e integrazione degli immigrati, la smentita della politica della paura.
La paura si sconfigge con la crescita, il benessere, con l’attenzione al sociale, con la lotta alle differenze. Salvini, l’uomo della paura, non ha però inventato nulla: la sua maschera è quella che nel 2008 aveva già messo in scena Albanese in una puntata di Che tempo che fa dell’8 ottobre di quell’anno: Il Ministro della Paura, da rivedere. Quando la realtà supera la fantasia!
Come molti dei politici di oggi ha anche distrutto una parola: cambiamento. Oggi la si pronuncia con esitazione, come democrazia, Costituzione, popolo, italiani, sinistra e molte altre. Gattopardescamente?
Eppure dobbiamo usarla anche per Milano.
L’anno appena trascorso ci ha lasciato in eredità molti problemi ed è iniziato mostrando alla ribalta una vicenda: Il Teatro Lirico, una vicenda emblematica che dimostra come la gestione dei lavori pubblici sia una trappola infernale, un appalto vinto con lo sconto del 40%, arenato su un progetto mal fatto, con un’impresa in difficoltà che probabilmente tenta di recuperare quello che si è giocata in sede di gara d’appalto, con un bando per la gestione contestato: la tragedia frutto di una legge folle, Il Codice dei contratti pubblici. Con queste norme vogliamo affrontare le prossime Olimpiadi? Bisogna cambiare.
Sul tavolo sempre e ancora Navigli, scali ferroviari e periferie.
La vicenda Navigli si è fermata di fronte alla mancanza di risorse economiche. Una vittoria per gli oppositori? No. Quando un progetto si ferma per fattori esterni e non per la sua inconsistenza, per la sua inutilità, per i suoi errori storici, per errate valutazioni economiche, per la sua impraticabilità, non è una vittoria per chi si oppone, è solo una sorta di tregua armata. L’approccio al problema, se si ripresentasse, dovrebbe cambiare.
Il problema degli Scali ferroviari e del connesso rinnovo del PGT è l’altra grossa questione per il futuro di Milano. Abbiamo pubblicato molti articoli dedicati a questo tema, articoli puntuali di critiche e osservazioni a cominciare dalla questione della proprietà delle aree.
Dobbiamo ricondurre tutto alla questione “urbanistica” e anche qui al significato della parola e alla disciplina – l’insieme dei saperi e della didattica – cui si fa riferimento. Ugo Targetti affronta ampiamente il tema in quest’attuale aggiornamento del nostro blog: le sue riflessioni sono essenziali per aprire un dibattito. Bisogna cambiare.
Vorrei aggiungere solo una cosa: non andremo comunque lontano se non siamo capaci di pensare e valutare scenari che tengano conto della probabile realtà politica, economica, tecnologica, del lavoro e sociale tra trent’anni. Scenari tra i quali decidere quale scegliere e quali siano i rischi di errore. Ma scegliere: la politica.
Contro la delibera comunale sugli scali sono in campo ricorsi e probabilmente un esposto alla Procura della Repubblica. La strategia del ricorso alla Procura o al Tribunale amministrativo è l’ultima spiaggia di chi si oppone a un intervento sul territorio non per capriccio o per mera scelta di opportunismo politico. Vincere un ricorso non è una vittoria ma anche qui solo una tregua. La politica territoriale si fa nei luoghi deputati ma se non c’è ascolto o vero dibattito l’ultima spiaggia è quella dei ricorsi. Bisogna cambiare.
Le periferie sono diventate il primo impegno del Sindaco. Quello che sarebbe utile è avere un primo bilancio dell’operazione in atto per le periferie e capire in cosa consista quest’ulteriore impegno di Beppe Sala. Le ultime notizie confortanti sono quelle di nuove risorse economiche disponibili a cominciare dall’entrata in vigore col primo gennaio di una legge che consente maggior libertà nell’uso del gettito da oneri di urbanizzazione. Siamo però sempre nell’ambito dell’attività edilizia, con i guai cui accennavo più sopra, ma credo che il problema vada di là dal mattone e dintorni e del problema casa. È una questione che richiede interventi complessi e di lunga lena. Forse anche qui c’è qualcosa da cambiare.
Milano “città del cambiamento”? Sì ma oggi suona male, un’assonanza fastidiosa almeno fin che il governo gialloverde resterà in piedi. Dipende anche da noi.
Luca Beltrami Gadola
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