19 giugno 2018

MÉTROPOLE DU GRAND PARIS: UN PROGETTO IN MARCIA

Tutto l’opposto della città metropolitana milanese.


Da qualche tempo Arcipelago si interroga sul perché le nostre Città Metropolitane, e in particolare quella di Milano, raccolgano così poco interesse da parte delle amministrazioni coinvolte e dei Sindaci – tutti! – là dove ci si aspetterebbe, a fronte di una importante innovazione istituzionale, se non qualche entusiasmo almeno qualche segno di ‘messaggio ricevuto’. Abbiamo avuto un Piano Strategico puramente retorico, quasi senza cifre, che non coglie i veri problemi, le vere sfide e le vere priorità del nostro territorio; vediamo decisioni urbanistiche anche rilevantissime (come ad esempio quelle in merito al futuro degli scali ferroviari milanesi e al trasferimento delle facoltà scientifiche dell’Università Statale nelle aree exEXPO) in cui la Città metropolitana non è né coinvolta, né considerata, né menzionata; una quota irrisoria del tempo politico-istituzionale degli amministratori locali viene dedicata agli affari metropolitani; un senso di inutilità dell’istituzione pervade ormai non solo la politica ma anche il comune sentire dei cittadini.

05gibelli23FBPerché?

La risposta sta in alcuni limiti – se non errori – vistosissimi della legge Del Rio, ampiamente identificati fin dall’inizio. Una controprova? Il cammino spedito, veramente innovativo, con normale confronto di interessi diversi ma ampiamente e consensualmente superati, dell’iter di costruzione e messa a regime delle Métropole francesi, avviate in perfetta contemporaneità con le nostre. Presento qui un sintetico bilancio di questa esperienza fino ad oggi nel caso della Métropole du Grand Paris.

L’esperienza del Grand Paris.

Sotto la presidenza di Hollande, sono state approvate in Francia alcune leggi importanti per il governo e la gestione del territorio: la legge MATPAM (Loi de Modernisation de l’Action Publique Territoriale et d’Affirmation des Métropoles) del 2014 che ha individuato e prescritto un percorso innovativo per l’istituzione di governi metropolitani con estese competenze (1) e, sempre nel 2014, la legge ALUR (Loi pour l’Accès au Logement et un Urbanisme Rénové) che, al Titolo Quarto (Moderniser les documents de planification et d’urbanisme), attribuisce alle associazioni intercomunali, anziché ai singoli comuni, la competenza in materia di elaborazione dei piani urbanistici: il Plan Local d’Urbanisme/PLU comunale dovrà dunque trasformarsi, nei tempi prescritti, in Plan Local d’Urbanisme Intercommunal PLUi) (2).

L’1 gennaio 2016 si è ufficialmente costituita la Métropole du Grand Paris (Décret n. 2015-2012 del 30 settembre 2015) che raggruppa 123 comuni appartenenti a 3 dipartimenti (Hauts-de-Seine, Seine-Saint-Denis e Val-de-Marne) e altri 7 comuni di dipartimenti limitrofi: per un totale di 7 milioni e mezzo di abitanti.

Parigi ha da sempre costituito un grande attrattore di funzioni pregiate concentrate nel comune centrale e, malgrado lo storico impegno riequilibratore dello Stato (3), ha continuato a costituire un formidabile magnete: perché nella capitale si sono accumulati i grandi progetti dei Presidenti della Repubblica di turno e perché anche a Parigi si è registrata una ri-centralizzazione delle funzioni terziarie nel cuore dell’area metropolitana negli anni ’80, gli anni della fortuna della deregolazione urbanistica. Il risultato è stata una crescente disparità e dicotomia cento-periferia, una crescita abnorme dei valori fondiari e della congestione nella città centrale, una evidente sottoutilizzazione delle potenzialità di sviluppo e di modernizzazione della corona metropolitana.

La risposta coerente è stata l’innovativo modello di governo (e non solo di governance) avviato con l’istituzione della Métropole du Grand Paris. Oggi essa è impegnata su due fronti principali: la istituzionalizzazione di un livello strategico di pianificazione a scala metropolitana e l’attribuzione di competenze in materia di pianificazione urbanistica non più alla scala dei singoli comuni, ma di associazioni intercomunali di notevole estensione e dimensione demografica.

Si tratta in questo secondo caso di 12 Territoire – che hanno acquisito lo statuto di Établissements publics territoriaux (EPT) – relativamente omogenei e individuati come la “scala pertinente” (più di 300.000 abitanti per ogni EPT) per svolgere compiti di attuazione e gestione degli indirizzi e delle scelte del governo metropolitano, e per elaborare i piani di destinazione d’uso dei suoli.

Questo progetto di vera e istituzionalizzata cooperazione intercomunale è affidato dunque alla regia, al coordinamento e alla valutazione di compatibilità da parte del neonato governo metropolitano. La Métropole du Grand Paris è infatti un Établissement public de coopèration intercommunale (EPC) “à fiscalitè propre” (vale a dire dotato di autonomia fiscale) e costituisce l’attore strategico per l’elaborazione delle politiche di pianificazione, strategiche o di settore, di area vasta.

La prima differenza, dunque, rispetto allo sciagurato modello proposto nella legge Del Rio e inverato nelle ectoplasmatiche Città Metropolitane italiane, è immediatamente evidente. Nel caso della regione urbana della capitale francese, così come per tutte le nuove Métropole (alcune, come Lione, ancora più avanzate nel loro statuto costitutivo data la lunga e positiva esperienza di pianificazione di area vasta) (4), consiste nel fatto che i comuni sono stati ‘obbligati’ a rinunciare a molte competenze in considerazione dell’efficacia maggiore di politiche e piani di scala intercomunale.

Quali compiti spettano alla Métropole du Grand Paris? Sono molto ampi, per garantire una gestione lungimirante e integrata del territorio. Si tratta di tutti i piani di settore per le questioni di rilevanza metropolitana (economia, ambiente, società, cultura, grandi servizi) e, naturalmente, di tutte le competenze in materia di pianificazione territoriale e urbanistica di inquadramento strategico (Schéma de Cohérence Territoriale/SCOT), grandi progetti di rilevanza metropolitana, costituzione di riserve fondiarie attraverso l’esercizio del droit de preémption e la creazione di ZAD (Zones d’Aménagement Differé), politica della casa e in particolare dell’edilizia residenziale pubblica, gestione di tutti i dispositivi contrattuali Stato/comuni relativi ai finanziamenti per le politiche sociali urbane, regia e controllo dei grandi progetti di rigenerazione e trasformazione urbana attuati in partenariato pubblico/privato (ZAC) (5) – sottoposti oggi a una procedura di approvazione congiunta Metropoli/Comuni -, gestione di tutte le risorse finanziarie allocate dal centro per la realizzazione di edilizia sociale. Solo per le strategie e le grandi decisioni in merito ai trasporti la competenza rimane saldamente attribuita alla regione Île-de-France.

Il percorso di istituzione dei governi metropolitani è stato complesso, e non privo di resistenze e aggiustamenti, ma va nella direzione giusta: quella di un modello istituzionalista/cooperativo nel quale – sia nelle grandi opzioni strategiche di riduzione della ‘doppia velocità’ territoriale che nelle scelte locali di destinazione d’uso dei suoli e nei grandi progetti di trasformazione urbana – non è più il comune l’attore della trasformazione, ma la Métropole con compiti di regia e controllo di compatibilità dei piani e progetti urbanistici intercomunali affidati ai Territoire (6).

Vediamo qualcosa in comune con il modello italiano di Città Metropolitana? Qualcosa in comune con l’ectoplasma metropolitano milanese?

Nulla!

Qui in Italia i governi metropolitani non hanno reali poteri né di regia, né di controllo, essendo entrambi nelle mani dei comuni e non avendo risorse finanziarie proprie: limiti macroscopici facilmente prevedibili e previsti fin dall’inizio (7). Qui nella ‘Grande Milano’, malgrado la sbandierata e continua evocazione della sua collocazione ai vertici del sistema urbano europeo (o addirittura globale!), il municipalismo ottuso e la crescente doppia velocità cuore/hinterland rappresentano l’effetto perverso di una totale assenza di progettualità alla scala territoriale pertinente.

Vediamo qualcosa in comune fra i nostri sedicenti progetti di rigenerazione/trasformazione urbana e le ZAC?

Nulla!

In Francia, anche soltanto l’idea che un modello ‘autoritativo’ possa essere sostituito da un modello ‘negoziale’ – come autorizzato nella legislazione urbanistica lombarda e divenuto ormai prassi normale nel nostro paese (8) – sarebbe impensabile. Certamente i progetti negoziati hanno in quel paese una lunga tradizione, ma la regia e la decisione è spettata, e continua a spettare, sempre e comunque all’attore pubblico; oggi spetta ai governi metropolitani… con buona pace dei nostri amministratori comunali, in particolare in area milanese, succubi agli obiettivi di rendita e capital gain dei grandi proprietari fondiari (9) e pervicacemente ignari dei vantaggi offerti dalla integrazione territoriale.

Maria Cristina Gibelli

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  1. Per una comparazione critica più dettagliata della legge Del Rio in rapporto alla legge MATPAM, si veda Gibelli M. C. (2014), “Milano città metropolitana fra deregolazione e nuova progettualità” in Meridiana, n. 80.
  2. Una competenza esclusiva, quella sul piano urbanistico, faticosamente conquistata dai comuni francesi soltanto da ‘pochi anni’: dagli inizi degli anni ’80 dello scorso secolo e già in parte ridimensionata con la riforma urbanistica del 2000 e la conseguente trasformazione del POS (Plan d’Occupation des Sols) in PLU (Plan Local d’Urbanisme) sottoposto, dal 2000 in poi, a verifica di compatibilità con il piano di inquadramento sopracomunale (SCOT). Si veda al proposito: Gibelli M. C. (2018), “In Italia, ci pensa il mercato; invece, in Francia i piani urbanistici diventeranno intercomunali!”, eddyburg.it, 10 febbraio.
  3. Sono ben note le politiche molto interventiste sperimentate già negli anni ‘60 per attenuarne la primazialità: a livello dell’intero territorio nazionale con le Métropoles d’équilibre promosse dalla DATAR e, a scala metropolitana, a partire dallo SDAU di Delouvrier e la conseguente politica delle Villes Nouvelles interconnesse con il polo centrale dalla rete di treni regionali (RER).
  4. Gibelli M. C. (2015), “Grand Lyon Métropole e Città Metropolitana Milanese: un confronto impari”, eddyburg.it, 25 ottobre.
  5. La consolidata procedura di ZAC (Zone d’Aménagement Concerté), normata da leggi nazionali già negli anni ’60 e successivamente sempre migliorata, consente il ricorso a procedure in deroga al piano urbanistico nel tessuto consolidato, in aree degradate o sottoutilizzate della città, per realizzare progetti di rigenerazione/trasformazione urbana; ma a condizione che siano garantite trasparenza, equilibrio finanziario ed equa ripartizione dei benefici fra pubblico e privato. Naturalmente, è all’attore pubblico che spettano regia e controllo.
  6. La Métropole du Grand Paris sta attualmente sovrintendendo alla elaborazione in corso dei nuovi PLUi dei 12 Territoire.
  7. Camagni R. (2014), “Gli statuti metropolitani e l’esempio delle métropoles francesi”, arcipelagomilano.org, 14 ottobre.
  8. Altre legislazioni regionali si sono purtroppo allineate a questo nuovo ‘stile’: buona ultima, ma forse la peggiore, la legge urbanistica dell’Emilia Romagna, approvata nel dicembre scorso.
  9. Con qualche felice eccezione…ad esempio la variante al Piano di Governo del Territorio approvata dal Comune di Gorgonzola nell’aprile 2018 che ha tagliato le previsioni edificatorie contenute nel previgente PGT del 2011 di ben 1.500.000 mq, e introdotto il contributo straordinario per i piani attuativi in variante.


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