8 maggio 2018

NAVIGLI E PARTECIPAZIONE: RITO O SOSTANZA?

Bisogna decidere regole per la trasparenza e non per l'ingegneria del consenso.


Alla fine Beppe Sala ha deciso: niente referendum, strumento forse inappropriato e certamente politicamente rischioso, meglio un bel processo partecipativo. Il Sindaco ha avvertito il pericolo di una consultazione pubblica simile a quella che ha affossato Renzi: il centrodestra, ben fiancheggiato dai Municipi già nelle sue mani, avrebbe potuto piegare ai suoi interessi il quesito referendario, cavalcando il tema delle periferie e trasformandolo in un’ordalia pro o contro la Giunta di centro sinistra.

02ucciero17FBChe poi si tratti delle stesse periferie che proprio il centro destra ha trascurato e vilipeso per oltre vent’anni nulla importa, che tanto la gente ha la memoria corta. Dunque, Sala dixit, si porga l’orecchio al popolo, ma nelle forme meno rischiose di un bel dibattito partecipativo, ispirato si vorrebbe al modello francese del “débat public”. In attesa di conoscerne in dettaglio forme, ruoli e criteri, ci poniamo alcune domande e riflessioni.

La prima riguarda la natura stessa della questione attorno a cui si intende coinvolgere i milanesi.

In breve, ci chiediamo se sia corretto sollecitare il dibattito attorno al merito di un progetto di “scopertura dei navigli”, o se piuttosto questa opzione non debba essere collocata nel quadro di più alternative possibili nel governo della città. È opportuno discutere del quantum mentre ancora non si è condiviso, nella città e non nel consiglio comunale, il se?

Certamente una Milano verde – blu, dove memoria e bellezza si intrecciano e generano luoghi che ne rafforzerebbero vivibilità e forza attrattiva, motiva fortemente un orientamento positivo, ma aldilà della fondatezza di un sogno che rischia di diventare incubo (di cui diciamo più avanti), la questione vera è se in un mondo di risorse finite sia preferibile spendere 500 milioni di euro per i Navigli o per le Periferie, o altro ancora.

Chiamare la cittadinanza ad esprimersi sul merito del progetto equivale ad un tagliar corto sulle altre e, crediamo noi, più rilevanti priorità: limitare la questione e quindi il dibattito alla domanda sul merito del progetto Navigli senza contestualizzarlo, appare un’operazione astratta, fuorviante ed inadatta a rendere utile un effettivo dibattito pubblico, risolvendosi, questo è il rischio, in una scorciatoia dialettica che peraltro neppure elimina del tutto i rischi insiti nel referendum.

Così facendo, Sindaco, Giunta, e forze politiche di maggioranza, si sono prese una forte responsabilità in proprio, un onere politico che, mentre inquina la legittimità del dibattito pubblico che si intende aprire, non esclude il rischio di un contenzioso polemico con un centrodestra che comunque cavalcherà il tema.

La seconda questione consiste nel governo trasparente del dibattito pubblico: l’Assessore alla Partecipazione Lipparini da un lato rassicura, ma “apertis verbis” fa il tifo per il progetto, usando parole quanto meno incaute ed incoerenti con il suo specifico ruolo. Si dice che la gestione della consultazione sarà affidata ad un coordinatore, scelto con avviso pubblico, e tanto basti.

Ci chiediamo se questo davvero sia sufficiente: se il processo partecipativo è già stato definito nella sua struttura dal Comune di Milano (quattro fasi), se il soggetto gestore dell’avviso pubblico sarà lo stesso Comune di Milano, e se il “facilitatore” opererà affiancato (in realtà “marcato”) da MM, quale ente tecnico incaricato nella progettazione dell’opera, ci chiediamo dove risiedano trasparenza e terzietà e, con queste, la garanzia concreta del rispetto delle forme e dei contenuti di un autentico processo deliberativo.

Se, come si legge sugli organi di stampa, agli incontri preparatori del cosiddetto “debat public” partecipano i soli componenti del Comitato Scientifico del progetto e non i pur autorevoli esponenti dei diversi punti di vista, se la sua regia è affidata a 3 assessori competenti e già schierati, se il gabinetto del Sindaco curerà la comunicazione, viene più che una preoccupazione sulla qualità e la trasparenza del processo deliberativo.

Non si vuole dire che tutto appaia già deciso e scritto, ma certamente si poteva fare molto di più e meglio in questa direzione, ad esempio affidando il processo partecipativo ad un soggetto politicamente neutro, costituendo un Comitato Scientifico davvero plurale, al quale i progettisti dei Navigli rispondessero, attivando non una procedura che presenta il progetto e rassicura ma, piuttosto, un processo democratico che riconosce, legittima ed attiva la pluralità delle posizioni.

In caso contrario, appare alto il rischio che il Comune di Milano, come si dice, se la canti e se la suoni: il Sovrano porge l’orecchio ma non condivide il suo potere, né mette effettivamente in discussione la sua decisione, lasciando risicati margini di mediazione ed incassando, o illudendosi di incassare, il pieno dividendo del consenso.

Non che l’esercizio di una funzione di ascolto, specie se effettivamente attento e consapevole del contributo che può venire dai cittadini, sia cosa di poco conto, ma appare pur sempre collocato nel quadro di un esercizio paternalistico e condiscendente del potere.

Forse Milano merita di più e di meglio, forse merita una governance dei processi di innovazione del territorio più ampia, completa a trasparente, forse le sue articolazioni culturali, imprenditoriali, sociali, politico istituzionali, possono offrire un contributo maggiore a patto che non ci si limiti a porgere l’orecchio, ma si definisca un quadro di effettiva compartecipazione.

Del resto, e qui si viene alla questione di merito, appare chiaro che il progetto per la “scopertura dei Navigli” è un’operazione di grande portata, economica ed urbanistica, sociale e culturale, che deve iscriversi, “nel futuro strategico di Milano come città della sostenibilità e dell’innovazione”.

Senza riprendere quanto già scritto a più riprese, ci si deve chiedere se questo progetto sia quanto di meglio si possa immaginare per una Milano sostenibile ed innovativa, o se altro possa ambire a questo titolo. Se una Milano dei Navigli scoperti sia effettivamente in grado di migliorare la qualità della vita (e di chi poi) ed il suo profilo (e per chi poi), come potrebbe per esempio essere un grande progetto di riconversione ecologica, o se piuttosto non possa risolversi in una fasulla cartolina del passato idonea ad alimentare il caleidoscopio fluorescente di una Milano ridotta a scenario di eventi e meta di turismo cheap.

Ci si deve chiedere se questo progetto Navigli possa essere risorsa di efficientamento energetico e addirittura di “valorizzazione delle aree agricole alle porte di Milano”, o se queste medagliette non siano incongrue ed immotivate. Ci si deve chiedere se le pur rilevanti ragioni di natura idraulica legittimino surrettiziamente un intervento di impatto assai più rilevante. Ci si deve chiedere se la rendita immobiliare dei residenti del centro possa formare il principale esito dell’investimento pubblico. Nel merito del progetto, ne siamo consapevoli ed è un aspetto non secondario, potrebbero darsi mille e una varianti, a partire dall’opportuno discernimento dei luoghi che più di altri, ed a costi molto più limitati di altri, possono prestarsi ad operazioni di recupero e valorizzazione urbana: pensiamo al tratto di Via Melchiorre Gioia, e meglio ancora alla valorizzazione e riqualificazione urbanistica dei Navigli già oggi esistenti, il “Grande” ed il “Pavese”, aste già oggi “scoperte” ma largamente neglette, connessioni preziose tra centro, periferia e territorio metropolitano, luoghi dove turismo sostenibile, stili di vita ecologici, design e servizi innovativi, produzione agricola di qualità, e sistema dei borghi possono alimentare una nuova visione di città e di metropoli.

Dubitiamo che a Milano, ai Navigli, e neppure allo stesso Beppe Sala, servano operazioni di ingegneria del consenso condotte verso un esito predeterminato, ma un autentico, vero e trasparente, gioco democratico attorno a cui costruire processi corretti di rappresentanza degli interessi e di deliberazione allargata.

Giuseppe Ucciero

02ucciero17-02



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