17 marzo 2019
NAVIGLI IN TEORIA, NAVIGLI IN PRATICA
Spazi pubblici in vendita. Per far cassa?
17 marzo 2019
Spazi pubblici in vendita. Per far cassa?
La movida è un affare per Milano: la sua provincia si colloca al primo posto in Italia con 274.000 lavoratori e un fatturato di 31 miliardi di euro. L’altra faccia della medaglia è il crescente disagio di molti milanesi verso gli effetti provocati da questo fenomeno, che, spinto dall’incremento del turismo, alimenta, anche perché non ben governato, una diffusa sciatteria nella gestione dello spazio pubblico e una crescente invivibilità di interi quartieri; risultato: attorno alle “location” care a giovani e turisti (Isola, Sempione, Porta Venezia, Ticinese) sorgono comitati spontanei di cittadini che vorrebbero poter condurre una vita normale.
Emblematico è il caso della Darsena dove emerge una certa schizofrenia amministrativa, complice l’attualità del dibattito sui navigli. Per giustificarne la parziale riapertura si sono dispiegate intere (ri)produzioni di foto storiche con richiami al loro idilliaco passato mentre al contempo si sono varati atti amministrativi per la loro gestione che appaiono in contrasto proprio con quelle suggestioni che si vogliono far passare.
La teoria della propaganda evoca con foto in bianco e nero le scomparse sponde di navigli tranquilli, a misura d’uomo che non ci sono più (e mai torneranno), mentre la pratica dell’azione amministrativa produce delibere, bandi e regolamenti che incrementano lo sfruttamento puramente commerciale delle sponde che già ci sono.
Da tempo i cittadini della Darsena rivendicano un più corretto rapporto tra iniziative economiche e il diritto alla salute e al riposo notturno senza tuttavia ricevere adeguate risposte da parte del Comune di Milano. Fatto eclatante, la concessione per una piattaforma galleggiante di 168 mq che, con la sua attività, andrà ad aggiungersi agli innumerevoli bar e ristoranti già presenti nel quartiere.
Insieme alla contestata piattaforma 24×7 metri, il Bando del Comune prevede infatti “manifestazioni/eventi rivolti gratuitamente alla cittadinanza, […] la promozione degli eventi anche attraverso un numero limitato di strutture pubblicitarie di tipologia totem e desk promozionali, […] un servizio anche non continuativo di degustazione/ristorazione a bordo di unità di navigazione itinerante in Darsena e lungo le vie navigabili del Naviglio Grande e/o Pavese.”
Risultato: tutti gli atti amministrativi (Regolamenti, Delibere, Bandi) sono stati impugnati e il 21 marzo è stata fissata l’udienza davanti al Tar Lombardia. Degrado, sporcizia e caos lamentati dai cittadini sono forse riconducibili a un’idea distorta di governo, uso e gestione dello spazio pubblico che favorisce tutto ciò? Vediamolo.
La delibera del 2012 nella quale si approvava il progetto definitivo individuava infatti fra gli obiettivi della riqualificazione la necessità di riportare la stessa a essere un “grande luogo collettivo” ove troveranno spazio – oltre quelle tipiche della navigazione (ormeggio, approdo ecc.) – attività proprie della vita cittadina: “Svago e il passeggio, le attività commerciali e il ristoro, gli eventi organizzati e spontanei, gli spettacoli, le fiere, le manifestazioni culturali e sportive”.
E tutte queste attività nel frattempo ci sono state, basti ricordare la folla per i Campionati Europei nel 2016 “metteremo i limiti alle manifestazioni rispetto alle disponibilità degli spazi” (assessore Rozza), o il minicircuito di Formula 1 dalla darsena a piazza Cantore nel 2018.
La Darsena quindi è vista sin dall’origine del suo progetto di riqualificazione come un’ulteriore opportunità di incrementare attività commerciali già ben presenti nell’intorno e non come spazio filtro, di decompressione, da fruirsi in tranquillità perché deliberatamente lasciato libero dai richiami e delle sollecitazioni delle vie a esso limitrofe.
Anche qui come altrove in città si materializza l’idea di uso dello spazio pubblico come una banale superficie orizzontale indifferenziata sulla quale si debba per forza fare qualcosa, commerciare qualcosa, guadagnare qualcosa.
Stefania Recchi
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