15 novembre 2017

SCALI FERROVIARI BARRIERE DI UNA CITTÀ CHIUSA

Il problema irrisolto della permeabilità urbana


Abbiamo letto tutto il leggibile che tecnici, politici, professionisti, Enti, Municipi, Comune, Città Metropolitana, ex Provincie e Regione hanno prodotto su questa operazione Urbanistica, (peraltro già prevista dal PGT per evitare il consumo di suolo). Noi di archxmi abbiamo anche assistito allo Show urbanistico di Porta Genova con progetti che per il loro contenuto assomigliavano ai famosi Ex Tempore dei bei tempi della Facoltà di Architettura e dove nei pannelli che li illustravano erano previste destinazioni da sogno non rendendosi conto delle difficoltà strutturali di collegare zone da sempre divise dalla presenza del nodo ferroviario.

06zenoni38FBTutto ciò in un momento così complesso per gli strumenti urbanistici di Milano dove sono contemporaneamente in corso di elaborazione: revisione PGT, nuovo Poums, nuovo Regolamento del Verde, aggiornamento del PGT e del Regolamento Edilizio alla produzione legislativa Regionale e Statale in piena confusione urbanistica.

Parlando linguaggi diversi, ci presentano l’Accordo tra Regione, Comune, Ferrovie dello Stato, RFI e Sistemi Urbani per ridefinire la presenza delle Infrastrutture Ferroviarie sul Territorio Milanese.

Quest’Accordo deve essere una grande occasione da utilizzare al meglio proprio a Milano dove queste Infrastrutture Ferroviarie hanno pesantemente influito sul disegno della città per la rigidezza del sistema costruttivo (prevalentemente su terrapieni) che ha avviluppato la città impedendo che questa nello sviluppo dei suoi tracciati urbani abbia potuto avere una ragionevole continuità tra tessuto edilizio interno ed esterno alla rete ferroviaria.

Le Zone Intercluse che si sono venute a creare hanno sempre avuto difficoltà di raccordo con la città interna anche quando, in seguito all’espansione della città, sono diventate sedi di attrazione e fruizione pubblica con l’inserimento di servizi primari come Ospedali e Università.

Dove il Comune nei suoi PRG o PGT aveva previsto, per estendere il facile accesso a questi servizi primari, infrastrutture di superamento delle barriere ferroviarie che a espansione edilizia completata non sono state più realizzate. In alcuni casi sono state sostituite da alcuni interventi del tutto insufficienti alle effettive necessità creando così altre situazioni di conflitto. Come ad esempio il ponte Don Milani che oltre alle qualità scadenti del manufatto si presenta come il punto di crisi del collegamento della Zona Interclusa Barona-Ronchetto con Milano.

Resta oggi quindi una grave carenza di continuità nella rete viaria sui lati nord, est e sud dove è complesso raggiungere le Zone Intercluse oltre i terrapieni ferroviari, mentre questa continuità è ben percepita e apprezzata sul lato ovest dove questi ostacoli non esistono e la rete viaria si presenta scorrevole fino ai primi Comuni della Città Metropolitana.

Riteniamo però che questo Accordo sugli Scali, le aree dei quali è auspicabile possano essere utilizzate soprattutto per raccordare il disegno viario circostante e assicurare la continuità urbana, non bastano.

Per cambiare veramente il disegno urbano occorrerebbe intervenire anche per aprire o riattivare nuovi varchi nella barriera ferroviaria esclusa dalle aree delimitate dagli Scali. Come ad esempio quella più importante e facile da capire per legare i quartieri di via Rubattino, fuori dalla barriera ferroviaria, con la circonvallazione dei viali delle Regioni interna alla barriera.

Questo concetto urbanistico di rendere facilmente accessibile la rete viaria cittadina da ogni direzione può essere ispirato dal desiderio dell’uomo di collegare e unire tutto ciò che appare ai suoi occhi perché non ci siano divisioni, contrasti e separazioni, anche perché ogni collegamento tra due abitati che si vedevano ma non potevano essere accessibili, la storia ci insegna, diventerà fatalmente e con grande soddisfazione per i cittadini, il centro di attrazione per nuove destinazioni pubbliche e private della città del futuro.

Alla firma dell’Accordo non erano ovviamente presenti le Ferrovie Nord Milano ma anch’esse hanno formato zone intercluse, come ad esempio la Bovisa, e pertanto sarebbe stato utile coinvolgerle almeno sulla presa d’atto che su questo tema vadano trovate soluzioni.

Noi pensiamo che le destinazioni delle aree costruibili o a servizi potranno essere definite solo dopo che il Comune abbia predisposto il piano dei collegamenti stradali per la ricucitura della città, anche perché la presenza della rete ferroviaria, che inevitabilmente dovrà restare, renderà molto difficile, per questioni altimetriche, la creazione di questi percorsi.

Questo crediamo debba essere il vero obbiettivo dell’Accordo: la eliminazione delle Zone Intercluse dove i cittadini si vedono ma non possono parlarsi.

Anche il punto dolente del Recupero delle Periferie spesso isolate dalla città attiva grazie alle barriere ferroviarie ne viene così interessato, perché le periferie farebbero parte di unico disegno urbano sentendosi più facilmente integrate alla città.

Senza contare l’aspetto sociale dove le barriere ferroviarie hanno aiutato a formare quartieri visibili ma non integrati tra loro, aumentando il divario di classe sociale ed anche economico di molte parti della città dove la differenza di valore degli immobili, così vicini ma non collegati, è molto forte e ingiustificato.

Ma garantire ai cittadini la facile comunicazione tra le zone della città è sempre stata una esigenza primaria nella storia della formazione delle città dai primi disegni dell’urbanistica Romana fino all’ottocento e solo dopo la costruzione delle inevitabili reti ferroviarie si è evidenziato il problema delle aree intercluse, spesso risolto nelle città dotate di una cultura urbanistica avanzata imponendo alle stesse di attraversare la città in sopraelevata utilizzando strutture portanti in ferro o mattoni per poter mantenere sotto ad esse lo scorrere della vita urbana. Che in parte estremamente limitata è presente anche a Milano ma dove questa libertà non è stata sfruttata chiudendo i varchi con altre destinazioni o destinandoli al degrado.

Questo per ribadire che il concetto proveniente dalla Storia Urbanistica della città diffusa e accessibile non è stato per nulla considerato in questi ultimi anni a Milano, creando mega Isolati Interclusi come City-Life dove l’importante percorso viario Domenichino-Domodossola essenziale per ridare una integrazione urbana allo spazio occupato dalla ex Fiera con i quartieri adiacenti è addirittura interrotto. Si sono favoriti collegamenti con linee metropolitane interrate utili agli spostamenti di massa delle persone ma che hanno di fatto cancellato l’utilizzo delle attività civili a quota zero che hanno bisogno di tracciati stradali agibili non solo al servizio di Trasporto Pubblico in superficie, ma alle forniture, alle imprese della manutenzione, ai taxi, alle classi professionali, all’accesso agli Ospedali e al Soccorso Medico e alle Forze dell’ordine. La strada tradizionale è da sempre spazio di socializzazione per la sua pluralità e varietà di incontri.

È viva la nostra preoccupazione che gli scali perimetrati nell’Accordo diventino a loro volta mini o mega isolati interclusi invece di occasioni di ricucitura della città

Ecco, questo concetto della città diffusa e accessibile espresso in questi ultimi paragrafi non appare mai, sia nei programmi dell’Accordo che nella abbondante letteratura che ne è seguita.

Eppure seguendolo sarebbe l’unico obbiettivo di intervento su una città troppo penalizzata da Comune e Ferrovie durante la formazione della rete ferroviaria, per dotarla di una rete stradale omogenea, diffusa e collegata per recuperare le Zone Intercluse e le Periferie rese troppo “periferiche” dai terrapieni ferroviari.

Laura Pertusi Gianni Zenoni



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