26 settembre 2017

PONTI IN FERRO RETICOLARE SUI NAVIGLI

Dove “tutto è possibile e niente è permesso”: perché non ci sono i vincoli?


Sono ormai passati sette anni da quando ArcipelagoMilano pubblicò un mio articolo sull’argomento del degrado dei monumenti che costituscono il disegno urbano e che ripubblicai anche sul mio libro Un bicchiere mezzo vuoto. Urbanistica a Milano 2001-2014.

08zenoni31FBIn questa nostra lunga battaglia mi aspettavo solidarietà dai molti istituti milanesi dove dovrebbe essere diffusa la cultura dell’architettura. Invano.

Alla fine si trattava di rendere la città più attrattiva, attraverso una valorizzazione di infrastrutture pubbliche sottovalutate dal punto di vista architettonico e del design. Ma un risultato teorico è stato raggiunto, l’unico ma importante, infatti attraverso una nostra osservazione al PGT questi ponti, e anche quelli più notevoli sulle radiali in coincidenza della cintura ferroviaria, sono dal PGT (settembre 2013) indicati come soggetti a Valore Ambientale come edifici e ambiti di rilevanza civile, storica, religiosa e culturale.

Certo, sarebbe stato bello che quando fossero scaduti i contratti con i pubblicitari prima di rinnovarli dovessero passare per la Commissione del Paesaggio onde valutarli secondo le nuove norme inserite nel PGT, e invece non è così, vengono rinnovati ma non passano alla Commissione del Paesaggio così ci ritroviamo i nuovi mega cartelloni al loro posto.

Perché ci sono voluti tanti anni per arrivare a questo risultato? Innanzitutto, credo sia stato un problema di Cultura, i ponti sono infrastrutture architettoniche di valore come gli acquedotti e i ponti sui fiumi progettati da Romani e Arabi che assieme alle case e palazzi costruiti in quei tempi e che oggi sono oggetti di Vincolo Monumentale. Certo, i primi ponti in ferro sono di appena due secoli fa, e quelli a struttura reticolare, i più diffusi, sono sparsi in tutto il mondo, ma che io sappia probabilmente solo a Milano sono utilizzati come supporto alla pubblicità. Se possibile leggere l’articolo della giornalista Alessandra Corica de La Repubblica Milano del 14 dicembre 2015.

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 ponte in ferro a struttura reticolare a Trieste (pulito)

 ponte in ferro a struttura reticolare a Milano (deturpato)

ponte in ferro a struttura reticolare a Milano (deturpato)

Sembra un problema di poca importanza ma la loro posizione è in piena visibilità se no non avrebbe interessato la pubblicità. E se sono in piena visibilità perché mai le Soprintendenze, le Regioni e i Comuni non si sono opposti al loro uso come meri supporti della pubblicità anche quando sono in zone dove l’ambiente tutt’attorno è vincolato?

Eppure i ponti in ferro e anche quelli in mattoni e cemento decorativo in un paesaggio urbano reso uniforme dalle cortine residenziali, possono appartenere a quella categoria di manufatti che mi piace chiamare “punti cospicui”, cioè organismi differenti dalle residenze, come chiese, musei, edifici dalla destinazione particolare, monumenti complessi, fontane ma anche infrastrutture per la mobilità che diversificano e rendono più piacevole con la loro presenza il paesaggio urbano.

Si tratta di capire anche che questi ponti reticolari in ferro e quelli in cemento e mattoni sono architettura ormai storica e degni di protezione. Perché fan parte dell’architettura, con il loro disegno nitido, i particolari delle imbullonature giustamente ripetitivi, ma anche decorativi, gli attacchi ai basamenti in pietra o cemento decorativo oggetto di attento design.

Questi ponti sono oggi, esempi di rigoroso disegno, rispettoso della loro funzione e del materiale utilizzato e la ripetitività, nei ponti in ferro, della campata base proviene dalla storia delle infrastrutture.

Come si sia potuto tollerare che per aprire una piccola finestra di un metro quadro sulle semplici case che si affacciano sul Naviglio Grande di via Lodovico il Moro all’altezza del ponte reticolare che sbarra la vista della chiesa di San Cristoforo occorrono pareri della Commissione Comunale per il Paesaggio e della Soprintendenza ai Monumenti e un iter molto lungo perché la zona è interessata dal vincolo ex lege 1497/39 sul tratto del Naviglio Grande e Pavese in Comune di Milano.

Per mettere invece sul ponte, sempre con gli stessi vincoli urbanistici, un cartello pubblicitario di almeno 15 mq nascondendo alla vista il disegno del ponte e in questo caso addirittura anche della chiesa di San Cristoforo (monumento nazionale) si può fare con un semplice nulla osta di un reparto degli uffici Comunali. La Soprintendenza ai Monumenti poi vede la finestrella di un metro quadro e le rende vita dura, ma tollera il cartellone di 15 mq, una di fronte all’altro.

E questi cartelloni sono anche dotati di impianti di illuminazione notturna con apposita grossolana struttura di sostegno naturalmente fissata al ponte deturpandone il disegno.

Ho fatto questo esempio perché facilmente comprensibile e dove si sommano la vicinanza di un edificio vincolato (San Cristoforo), in una zona vincolata (vincolo ex lege 1497/39) e dove dall’approvazione del PGT 2013 esiste un ulteriore vincolo ambientale che riguarda il ponte. Si direbbe una super protezione per i ponti reticolari, eppure nonostante la normativa appena approvata dal PGT nel 2015 hanno appena posato nuova pubblicità.

Questi comportamenti mi hanno ricordato quello che scrisse Enzo Bettiza nel suo libro Esilio (Milano, Mondadori, 1996) dove racconta del lungo periodo vissuto a Mosca come inviato speciale per La Stampa di Torino e del suo tentativo di ambientarsi in quella Russia sovietica e dove a pagina 382 termina il periodo con: “I rigori comunisti, falsi e retorici, venivano temperati dall’ironica slavità del detto popolare: da noi tutto è possibile e niente è permesso”. Probabilmente, penso di aver trovato un sorprendente collegamento tra burocrati slavi e lombardi.

Gianni Zenoni

*(Roma, Aracne Editrice, 2014)


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