8 febbraio 2017

ALER IN DISSESTO: LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA

Tutti sapevano ma la strumentalizzazione prevale su tutto


Il problema di Aler rispunta periodicamente, in particolare quando ci si avvicini a una scadenza elettorale e questa coincidenza non è casuale: per ogni forza politica sono due le ragioni per considerare la “casa” un terreno fertile: è una questione che tocca tutti i cittadini, è il modo più semplice per catturare consenso.

Voglio affrontare con più respiro la questione casa/ edilizia sociale e mondo della politica andando oltre i limiti di un solo editoriale.

Partiamo dal dopoguerra. Il problema come lo intendiamo noi oggi è vecchio almeno quanto l’Unità d’Italia. Il Governo con la legge 28 febbraio 1949, n.43 prese un provvedimento chiamato Piano Fanfani dal nome del suo più acceso sostenitore e la Democrazia Cristina di allora sposò un’equazione: proprietario di casa uguale cittadino moderato. Da allora tutti i partiti si diedero a una politica della casa attenta al proprio elettorato anche se non tutti in versione moderatista. Non la farò lunga ma per capirne meglio l’importanza, anche ideologica, ricorderò ai più giovani, che non ne videro i fasti, le “cooperative rosse”, le “cooperative bianche” e persino le “cooperative verdi” con riferimento al Partito Repubblicano: tutte cooperative edilizie. Di queste vicende parleremo ancora.

01editoriale05FBIn questo scenario un ruolo di spicco lo ebbero gli IACP (Istituti Autonomi Case Popolari). Per lungo tempo furono il braccio secolare dell’intervento pubblico: Stato, INA Casa, Gescal. A partire dal 1977 con l’entrata in vigore del DPR 616 gli IACP furono soppressi e trasformati in Ater (Aziende territoriali per l’edilizia residenziale) e fu trasferito loro ovviamente anche il patrimonio edilizio relativo: nasce nel 1996 dunque anche Aler Milano (Azienda Lombarda per l’Edilizia Residenziale).

Se l’edilizia sociale era comunque stata sino ad allora terreno di raccolta del consenso elettorale e di lotta politica a livello nazionale, la sua gestione regionale e dunque locale accentuò questo carattere e ne ho una concreta testimonianza.

Ma veniamo ad Aler Milano. Ne sono stato consigliere di amministrazione su designazione del Comune di Milano per 21 mesi, dall’ottobre del 2011 al giugno del 20013: per mia fortuna troppo poco per portare la responsabilità degli addebiti che da sempre e anche ora si fanno alla gestione ma anche troppo poco per rimediare, come avrei voluto se fosse stato possibile, ai guasti. Non sono l’avvocato d’ufficio ma nemmeno un ingenuo detrattore.

Prima di passare alla cronaca va fatta una premessa. Chiunque parli di Aler deve sapere che Aler è una società immobiliare a capitale interamente pubblico (Regione Lombardia), con intento sociale, dedicata alla gestione e amministrazione del proprio patrimonio ma che ha svolto, attività di property menagement: lo ha fatto per conto del Comune di Milano fino a quando questo ruolo è stato affidato a MM nel dicembre 2014. La transizione della gestione del patrimonio di edilizia sociale dal Comune ad Aler, dopo la catastrofica parentesi della Romeo Gestioni S.p.A. (sindaco Moratti), e poi da Aler a MM, l’ho in parte vissuta e va raccontata. Lo farò.

Ancora una considerazione fondamentale. Aler gestisce un patrimonio immobiliare che nel territorio dell’ex provincia di Milano, ora Città Metropolitana, accoglie una popolazione di circa 350.000 persone, più di Bergamo e Brescia messe insieme. Nella sola Milano sono circa 120.000 e che sommati agli inquilini del Comune fanno circa 200.000. Dunque non bazzecole. Vale la pena parlarne con rispetto e serietà.

Questo è l’interrogativo al quale si deve rispondere: il dissesto di Aler è sostanzialmente attribuibile a un’incapacità gestionale o a condizioni oggettive di impossibilità a far quadrare i conti?

Ovviamente la gestione – da riorganizzare almeno in parte – ha il suo peso ma basta guardare il documento cui fanno riferimento oggi tutte le critiche – la due diligence affidata alla società BDO da Regione Lombardia – , per capire che col livello di morosità passato – e presente (vedi articolo Corriere della sera ediz. Milanese di domenica 5/2/2017)- nemmeno un asso della finanza creativa e della gestione oculata sarebbe riuscito a tenere in piedi la baracca. Chiunque avrebbe capito che anche solo la manutenzione ordinaria, quella straordinaria e l’ammortamento non sarebbero stati coperti dal gettito dei canoni di locazione fissati per legge, pur tenendo magari conto di un tasso di morosità ragionevole: comunque anche solo per sentito dire tutti da anni lo sapevano.

Ma la politica era interessata ad altro. La cronaca milanese parla da sola.

Il basso livello dei canoni, non sufficienti a una gestione normale era cosa dunque nota, eppure senza che nessuno obbiettasse il Presidente Comitato di Quartiere 22 Marzo chiede all’assessore Regionale Domenico Zambetti di abbattere i canoni locativi del 20%, i canoni per spese del 15%, il 10% sulle spese di riscaldamento e ridurre del 50% gli arretrati del conguaglio spese.

Di questa stessa attività “calmieratrice” si vantò la capogruppo del Pd Carmela Rozza nel maggio 2012 quando l’assessore regionale Zambetti sollecitò  Lucia Castellano, assessore alla casa del Comune di Milano, a disapplicare una norma che imponeva il ricalcolo dei canoni ancora in vigore a seguito delle norme sull’equo canone, ricalcolo sfavorevole per gli inquilini in questo caso non riconducibili alla categoria dei meno abbienti. L’applicazione della legge fu sospesa e Carmela Rozza ebbe modo di comunicarla personalmente per conto del Pd agli inquilini.

Di questo fatto, che aggravava la situazione debitoria, mi lamentai per iscritto anche col sindaco senza particolare riscontro, sollecitando contemporaneamente un incontro tra lui e i vertici di Aler, richiesta fatta per mio tramite in quanto consigliere da lui designato, per poter illustrare l’insostenibile situazione del patrimonio di edilizia residenziale. L’incontro non vi fu ma la gestione  delle case popolari del Comune alla fine passò ad MM senza che la crisi di Aler vedesse una soluzione.

Nel frattempo maturava sempre di più la convinzione che Aler dovesse vendere parti consistenti del patrimonio per far fronte ai suoi debiti ma soprattutto per mantenere a un ragionevole livello l’abitabilità dei suoi quartieri.

Che questa fosse una missione impossibile me ne resi conto subito e all’uscita di un’audizione pubblica, il cui argomento era la vicenda dell’assessore Zambetti accusato e poi condannato per voto di scambio in collusione con la mafia per aver favorito un’assunzione in Aler, dichiarai ai giornalisti che nel breve volgere di qualche anno Aler avrebbe venduto il penultimo appartamento per mantenere l’ultimo e che questo era il vero problema. Fui accusato di seminare il panico. Il dissesto di Aler era noto a tutti ma prevalevano nell’affrontarlo interessi elettorali. Ancora oggi?

Fin qui è solo cronaca e mi fermo ma molto altro va detto sul problema di Aler e in generale sul destino dell’edilizia sociale perché tanti sono gli errori commessi in passato da non ripetere in futuro. Alla prossima. (continua)

Luca Beltrami Gadola

 

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


21 dicembre 2021

DICEMBRE 2021. UN MESE DI SFRATTI

Franca Caffa



7 dicembre 2021

LE “BUONE INTENZIONI” DI MARAN SULLA CASA

Sergio D Agostini



7 dicembre 2021

MARAN, UN NUOVO ASSESSORE AL DEGRADO URBANO

Roberto Schena






11 maggio 2021

GLI INVISIBILI DELLE CASE POPOLARI

Luca Beltrami Gadola



30 ottobre 2020

CHI HA PAURA DEL “CANONE SOCIALE”?

Sergio D Agostini


Ultimi commenti