16 novembre 2016

musica – VERDI E MOZART


Giorni felici, quelli dell’inizio di novembre, con tanta musica un po’ dappertutto e di ogni genere; tutte le istituzioni musicali milanesi sono in piena attività e i loro cartelloni offrono bocconi prelibati come per non sfigurare in occasione dell’inaugurazione ormai imminente della stagione lirica della Scala. Mi soffermerò su due prelibatezze e cioè sulla Messa da Requiem di Verdi, all’Auditorium, e sul penultimo concerto del ciclo integrale dei Quartetti di Mozart al Conservatorio.

musica37fbLa Messa verdiana era diretta da Jader Bignamini che l’aveva già eseguita nel novembre del 2014 e nel novembre del 2015; è la terza volta dunque che ne scrivo in questa rubrica dicendone sempre più che bene. Addirittura l’anno scorso scrissi che l’allievo aveva superato il maestro, nel senso che l’esecuzione della Verdi mi era sembrata più smagliante e approfondita di quella che Chailly aveva diretto pochi giorni prima (come peraltro ha fatto anche quest’anno) alla Scala. Questa volta non ho sentito la versione scaligera ma posso dire che la prova dell’orchestra Verdi è stata portentosa. E magistrale la prestazione del coro della Verdi (il Dies irae e il Sanctus, che meraviglia!), istruito come sempre dalla mai abbastanza elogiata Erica Gambarini. Orchestra e coro portati alla perfezione da un Bignamini con idee molto chiare, gesto misurato e preciso, tempi ineccepibili.

Non al medesimo livello il cast dei solisti che però, a fronte di un tenore in serio affanno (ma per fortuna Verdi ha privilegiato, nell’articolazione della Messa, le parti femminili), annoverava una magnifica Stefanie Irányi, mezzosoprano tedesca la quale – da sola (il Liber scriptus), e in duo con la soprano albanese Inva Mula (il magico Recordare) – ha portato a livelli sorprendenti i numeri che la vedevano coinvolta.

In quest’opera giocano come è noto due caratteri il cui continuo confronto dà un senso al tutto: la religiosità, che chiamerei laica in quanto orientata più ai sentimenti di umana pietà che alle relazioni con il divino, e la teatralità che è ovviamente la cifra personale dell’Autore. Mentre osservavo l’altra sera la maestosa teatralità della versione di Bignamini, ricordavo la religiosità dell’interpretazione che tanti anni fa ne diede Roberto Abbado in un memorabile concerto nella abbazia svizzera di Einsiedeln. Entrambe lecite, entrambe vere, entrambe scavate in profondità nell’intricato e complesso specchiarsi dell’ateo Verdi con il mistero della fine della vita. L’altra sera, in più, si poteva toccare con mano il grande lavoro fatto da Bignamini che gli ha permesso, anno dopo anno andando sempre più a fondo, di rivelare i recessi più intimi di un’opera che non finirà mai di essere indagata.

***

L’altro strepitoso concerto è stato proposto dalla Società del Quartetto che – come più volte ho detto in questa rubrica – sta realizzando la cosiddetta “integrale” dei ventitré Quartetti di Mozart affidati a quello che in pochissimi anni (ha iniziato nel 2000) è diventato un riferimento della musica da camera a livello mondiale: il Quartetto di Cremona.

L’altra sera era il turno dei secondi tre Quartetti che Mozart ha dedicato ad Haydn (i primi tre furono eseguiti in fine stagione nel maggio scorso). Nell’anno della dedica, Haydn e Mozart avevano rispettivamente 53 e 29 anni e – grazie anche alla frequentazione della stessa loggia massonica – erano buoni amici da ormai quattro anni. Ma mentre Mozart, nonostante fosse all’apice del suo successo come compositore faticava a dar da mangiare alla famiglia (fu l’anno successivo, dopo le Nozze di Figaro e a causa di esse, che iniziarono le sventure economiche), Haydn era l’affermato compositore di Corte di uno dei più illuminati e potenti signori di allora, il principe Esterházy. Ebbene, credo che il miglior commento che si possa fare a queste partiture sia riprodurre una parte della lunga ed elegante dedica che, in perfetto italiano, scrive Mozart il primo settembre del 1785:

Al mio Amico Haydn.
Un Padre, avendo risolto di mandare i suoi figli nel gran Mondo, stimò doverli affidare alla protezione e condotta d’un Uomo molto celebre in allora il quale per buona sorte era di più il suo migliore Amico. Eccoti dunque del pari, Uom celebre e Amico mio carissimo, i sei miei figli. Egli sono, è vero, il frutto di una lunga e laboriosa fatica, pur la speranza fattami da più Amici di vederla almeno in parte compensata m’incoraggisce (sic) e mi lusinga che queste parti siano per essermi un giorno di una qualche consolazione … . Piacciati dunque accoglierli benignamente ed esser loro Padre, Guida ed Amico … .ti supplico di guardare con indulgenza i difetti che l’occhio parziale di un Padre mi può aver celati e di continuar loro malgrado la generosa tua Amicizia a chi tanto l’apprezza mentre sono di tutto Cuore il tuo sincerissimo Amico
W.A.Mozart
(1)

In questa dedica si nasconde infatti una delle chiavi di lettura dei sei Quartetti, un misto curioso di umiltà e di sicurezza: l’umiltà dovuta all’età ancor giovane dell’Autore e la sicurezza conquistata grazie alle importanti e nuove frequentazioni viennesi, fra le quali Haydn sicuramente primeggiava. Il risultato è nelle pagine solari, serene, positive che compongono questi capolavori. E fra essi, risplendente come un gioiello, l’ultimo diventato famoso con il titolo “Le dissonanze” e con il numero di catalogo K. 465; un’opera di tale modernità che sembra anticipare di un secolo i primi segni di cedimento della atonalità.

***

Prima di licenziare questa nota desidero esprimere un commosso addio a una persona che molti milanesi frequentatori della musica classica, soprattutto del Conservatorio ma non solo, conoscevano ed apprezzavano. Per la sua gentilezza, signorilità, amabilità, era diventato un vero amico per tanti di noi. Durante e alla fine dei concerti fotografava i musicisti con raro garbo e discrezione e negli anni era riuscito a costruire con il suo archivio la storia per immagini della musica a Milano. Vico Chamla se ne è andato silenziosamente, domenica scorsa, sorridendo agli amici fino all’ultimo minuto.
Ci mancherà.

Paolo Viola

(1) da I Quartetti per archi di Mozart di Sandro Cappelletto, edizione Il Saggiatore

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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