22 ottobre 2014

CASE POPOLARI: RIANNODARE UN GLORIOSO PASSATO


Il Comune si riprende le sue case. L’interruzione del rapporto con Aler e la decisione di gestire direttamente il proprio patrimonio immobiliare da parte della Giunta comunale di Milano non è stata una decisione tecnica.

03dalfonso36FBSi è dato finalmente seguito a una delle promesse elettorali del “progetto Pisapia” del 2011, quella di recuperare un ruolo di regia pubblica nella politica della casa. Questo ruolo a Milano vanta origini antiche e risultati straordinari, a partire dalla vera e propria “invenzione” delle case per il popolo che si deve alla società Umanitaria che, nei primi anni del Novecento , partendo dal lascito di Moisè Loria si diede il compito di dare abitazioni con caratteristiche innovative per l’epoca con la presenza dentro ogni appartamento di un piccolo vano di servizi provvisto di WC, lavandino e colonna diretta alle cantine per l’espulsione dei rifiuti.

Le case di via Solari e viale Lombardia , ancora oggi in uso , furono realizzate nel più completo disinteresse per le leggi del mercato immobiliare e per gli interessi privati che in quegli anni cominciavano a costituirsi come “potere forte” di alcune famiglie giunto fino ai giorni nostri. E non rispettava le leggi di mercato ma se ne inventava di nuove anche il movimento cooperativo con le edificazioni di Niguarda, Lampugnano, Rogoredo, Trenno, solo per citarne alcune, che hanno ancora un grande patrimonio indiviso destinato all’affitto e che, di fatto, costituiscono nella nostra città l’unico tenue elemento di regolazione di questo mercato, di fatto annientato da anni di dissennate politiche di “privatizzazione”.

Lo smantellamento del sistema-case dei fondi di garanzia delle Assicurazioni, lo scioglimento degli Iacp e il loro accorpamento nelle Aler gestite con criteri “privatistici”, l’alimentazione sconsiderata di un sistema per il quale quasi l’80 % delle famiglie milanesi vive in casa di proprietà più di un terzo delle quali gravato da mutuo , insomma quaranta anni di inno acritico alle bolle edilizie ha portato a una situazione nella quale perfino i rappresentanti della proprietà immobiliare da anni ormai invocano la presenza di un soggetto in grado di immettere un numero di case in affitto in grado di far esistere, più che ripartire, il mercato dell’affitto.

Nella onirica visione nella quale i vantaggi di una gestione privatistica degli alloggi pubblici avrebbe portato vantaggi per tutti si è dato vita ai mostri Aler, agglomerati societari senza coerenza (i quattro quinti delle case popolari sono nel territorio della città metropolitana di Milano e la “governance” della società era per il novanta per cento divisa fra enti e persone del resto della Regione, solo per fare un esempio), si sono affidate a terzi gestione e manutenzioni, con il risultato scontato di aver lasciato nel degrado gli immobili, si è perso del tutto il governo di interi fabbricati e quartieri, in mano di fatto ad abusivi e racket che “affittano” con ben altra capacità di riscossione del canone le case occupate a regolari e clandestini in maniera estremamente democratica.

Il patrimonio immobiliare del Comune di Milano comprende una quota relativamente ridotta delle case popolari che insistono sul nostro territorio e non costituisce massa critica sufficiente a incidere come attore forte sul mercato degli affitti. Ma il fatto che queste case frutto di lasciti dei cittadini milanesi nei secoli nonché degli investimenti fatti con i soldi del bilancio comunale milanese ritornino a essere gestite direttamente dal nostro Comune è un segnale politico forte che può fare, al contrario, “massa critica politica” magari per convincere anche gli esitanti esponenti di sindacati e anche di partito che hanno criticato la decisione della Giunta e del sindaco.

Ma con questa decisione sono d’accordo centinaia di cittadini che stanno affollando le assemblee organizzate dal Movimento Milano Civica nei quartieri di proprietà civica storica come San Leonardo, Solari, Quarto Oggiaro, che chiedono informazioni e danno consigli, così come è sempre successo nella nostra città.

E sono sicuro che sarebbe d’accordo con noi anche il banchiere Commendator Giuseppe Levi che nel 1904 “Fortemente impressionato dalle pietosissime condizioni in cui trovansi i senza tetto e per assecondare un sentimento del mio animo di fare in vita un’opera pubblica di beneficenza, ho acquistato la casa di via Cicco Simonetta 15 coll’intenzione di offrirla in dono, come offro colla presente, a codesto onor. Municipio, a pro dei senza tetto senza distinzione di religione“. Ma sarebbe ancor più contento, di questo ne sono ancor più sicuro, di sapere che a Milano oggi è sindaco Giuliano Pisapia che riporta a casa i beni cittadini e non Gabriele Albertini che per pura ideologia ignorò la volontà del donatore e quella casa se l’è venduta.

 

Franco D’Alfonso



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