18 marzo 2019

CEMENTO-DESTRA E CEMENTO-SINISTRA

Accordo trasversale per una blanda politica impositiva e territoriale


Investitori istituzionali, fondi sovrani e (in misura molto minore) operatori nazionali hanno investito nel mercato immobiliare milanese, fra il 2007 ed il 2018, circa 25 miliardi di euro. Fra il 2007 ed il 2013 gli investimenti sono stati circa 10 miliardi (1) e fra il 2014 ed il 2018 circa 15 miliardi (2); queste somme costituiscono almeno il 40% di tutti i capitali investiti in Italia in questo mercato in questo arco di anni.

Porta Nuova e City Life hanno rappresentato solo l’inizio, altre 14 grandi aree si predispongono ad una analoga trasformazione: sono le otto aree già oggetto di Accordo di programma (gli scali ferroviari ed Expo-Mind) e le sei Grandi Funzioni Urbane definite dal nuovo Piano di Governo del Territorio recentemente adottato (si aggiungerà poi Città Studi, oggetto del contestatissimo trasferimento delle facoltà scientifiche della Statale a Expo e degli ospedali Besta e INT a Sesto San Giovanni).

Tutte queste trasformazioni sono possibili, è bene sottolinearlo con chiarezza, grazie a precise mutazioni del riferimento normativo deliberate da Comune di Milano e Regione Lombardia. Su questo aspetto fondamentale ci torneremo più avanti. Come tutte le industrie, anche l’industria immobiliare investe per estrarre plusvalenza. Grandi aree, anche di proprietà pubblica, saranno dunque le nuove piattaforme dalle quali investitori istituzionali e fondi sovrani estrarranno il petrolio dei milanesi: la plusvalenza appunto, derivante dalle trasformazioni.

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Ma quante sono le royalties che la città di Milano ha incassato ed incasserà dall’estrazione di tutto questo petrolio? Le royalties di una amministrazione pubblica sono l’insieme delle tasse (contributo di costruzione ed eventuali monetizzazioni) che l’imprenditore paga al Comune per avere diritto di edificare/ristrutturare determinate quantità di volumi in determinati modi insediandovi libere funzioni.

Negli undici anni compresi fra il 2007 ed il 2018 il Comune di Milano ha incassato circa 1.100 milioni di euro, pari al 4,5 % del capitale privato investito in nuove costruzioni e significative ristrutturazioni(3).

A Monaco di Baviera, prima città in Europa per indice di competitività, questa percentuale si aggira intorno al 30%, nell’Ile de France la tassazione è circa il triplo di quella milanese, un po’ meno nel resto della Francia(4). Mentre dunque in Francia e Germania la tassazione è un elemento importante da calcolare nel bilancio finanziario di una operazione immobiliare, in Italia l’operatore privato spende in tasse tanto quanto spende per commercializzare il suo prodotto o per pagare gli interessi sul capitale preso in prestito per finanziarne la costruzione mentre l’acquisto del terreno e la costruzione degli edifici costituiscono da soli l’80% di tutti i costi. (5)

Posto che la plusvalenza attesa dall’operatore immobiliare ed il costo di costruzione sono due elementi ad un certo punto incomprimibili (nessuno rischia capitali se non ha utile) ed il prezzo di vendita segue le sue proprie leggi di mercato, la conseguenza di una tassazione maggiore inciderebbe solo sulla restante componente di costo: il costo del terreno, ovvero quella componente più meramente speculativa perché di pura posizione. Questo è quello che pare avvenire oltralpe.

Ma torniamo adesso sull’aspetto più importante che ci aiuta a valutare l’efficacia della politica impositiva di Comune e Regione: quasi tutte le grandi trasformazioni qui citate sono possibili a seguito del combinato disposto di norme e di varianti urbanistiche deliberate in autonomia da queste due istituzioni.

La norma nazionale (6) precederebbe infatti che il “maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica […] è suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata […] fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali comunali”. Regione Lombardia (7) ha però stabilito che “A seguito dell’entrata in vigore della presente legge cessa di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista […] “

Risultato: Palazzo Lombardia ha annullato gli effetti positivi della norma nazionale e Palazzo Marino nulla ha eccepito. Di più, per tutte le aree afferenti le Grandi Trasformazioni Urbane (GFU) il Comune di Milano, con il nuovo PGT, ha introdotto forti riduzioni nel calcolo della “monetizzazione” (la parte più cospicua che compone la tassazione, da sola può arrivare a coprire dal 60% al 80% del totale delle tasse). Queste forti riduzioni si sommano poi a quelle per le costruzioni energeticamente efficienti (fatto che non dovrebbe più essere fonte di premialità ma prassi consolidata avendo nel frattempo il mercato acquisito una certa sensibilità sul tema, un po’ come se lo Stato riducesse l’Iva per i frigoriferi in classe A).

E’ dunque grazie a chi governa nelle istituzioni milanese e lombarda che il petrolio (le plusvalenze) venga proprio qui estratto in maniera tanto remunerativa e copiosa pagando così poche royalties (la tassazione).

Gli effetti di una tassazione piuttosto irrilevante rispetto ai capitali complessivi in gioco (ed agli utili generati) ha effetti reali sulla vita quotidiana di milanesi e lombardi: si può spiegare anche così come la realizzazione di M5 ed M4 stia mettendo a rischio l’equilibrio di bilancio del Comune di Milano tanto da dover aumentare il biglietto ATM del 100% in pochi anni o come migliaia di case popolari di Comune e Regione restino vuote perché si fatica a trovare risorse per la loro ristrutturazione.

Nel caso specifico milanese, la carenza di risorse per opere pubbliche parrebbe dunque non solo imputabile alla diminuzione dei trasferimenti dallo Stato verso gli Enti locali ma anche alla deliberata scelta di questi ultimi di abdicare all’applicazione di un serio ed efficace apparato normativo (già disponibile) per una più equa captazione delle plusvalenze.

Politica impositiva e politica territoriale di Cemento-destra in Regione e di Cemento-sinistra a Milano risultano, purtroppo ed in negativo, decisamente sovrapponibili.

Gabriele Mariani

1. La ‘schizofrenia’ di Milano: città inclusiva o mecca del real estate? Maria Cristina Gibelli, Eddyburg, 5 marzo 2019
2. Rapporto 2017 “Milano challenger – sul podio d’Europa” di Scenari Immobiliari con Vittoria Assicurazioni.
3. Elaborazione sulla base di dati del Comune di Milano
4. Fonte: Inu , Istituto Nazionale di Urbanistica
5. Oneri di urbanizzazione, finanza dei Comuni e governo del territorio atti del Convegno, Milano, 13 luglio 2011 – Università di Milano-Bicocca
6. art.16 comma 4, DPR n.380/2001, aggiornato 2014
7. LR 12/2005 aggiornata 2017



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  1. Sergio BrennaNelle più o meno grandi trasformazioni urbane attuatesi a Milano dal quindicennio scorso (ex Fiera/Citylife, Porta Nuova District) o in corso di definizione (ex scali ferroviari FS/Sistemi Urbani, ex Piazza d’Armi, ex caserme, ecc.) le quantità edificatorie consentite dal Comune sono state “consensualmente contrattate” in base ad accordi con le proprietà fondiarie determinandole non su preventivi criteri di congruità urbanistica, ma solo sulle aspettative di rendita delle proprietà in base alla necessità di risanare situazioni debitorie pregresse (Fondazione Fiera, con 250 Milioni di € di debito imprevisto per la costruzione del nuovo polo di Rho-Pero) o alle disponibilità economiche degli investitori finanziari (Intesa San Paolo e Generali a Citylife; Hines-Catella prima e Fondo Sovrano Qatar poi a Porta Nuova) che hanno consentito loro di pagare alle proprietà delle aree una rendita fondiaria doppia di quella corrente per le operazioni immobiliari più usuali (1.800 € per metro quadro di superficie commerciale vendibile contro i 900 €/mq correnti nel 2005 per operazioni immobiliari di media dimensione), con una scommessa speculativa sull’effetto monopolistico atteso nell’orizzonte dei successivi 15-20 anni e che solo operatori finanziari di quella dimensione potevano permettersi di affrontare e anche di rischiare di perdere – come in parte sta accadendo – senza con ciò andare in fallimento. Oltre tutto, ciò è avvenuto senza nemmeno che il Comune riuscisse ad ottenere una consistente quota di compartecipazione economica agli utili che vi si sarebbero potuti stimare attesi, come alcuni propongono debba essere il criterio di valutazione dell’utilità pubblica di tali scelte . Quanto a quello di ottenere adeguate risorse nella dotazione di spazi pubblici corrispondenti ad una concezione di moderna città europea la partita si è rivelata altrettanto perdente: solo un terzo delle dotazioni di verde e servizi pubblici promessi nelle previsioni iniziali è stato effettivamente realizzato, perché altrimenti non vi sarebbe stato spazio sufficiente dove collocare gli edifici privati o avrebbero dovuto essere alti il triplo delle già incombenti torri da 200 metri di altezza. La mancata cessione di spazio pubblico dovuto, che era stato pagato alla proprietà fondiaria originaria 2.000 €/mq, è stato invece indennizzato al Comune a 300 €/mq, cifra con la quale non si può espropriare una stessa quantità di aree da destinare ad uso pubblico se non in estrema periferia. Quel criterio di falsa equipartizione mezzadrile (metà al pubblico, metà al privato) - che viene surrettiziamente spacciato come equa divisione delle aree, ma non nella definizione dei pesi insediativi – in questo caso non è nemmeno stato ritenuto un criterio valido affinché il Comune venisse remunerato dall’investitore alla pari della rendita fondiaria: Anche a non volerne aggravare l’onere per l’investitore, diciamo che si sarebbe potuto almeno fare 1.000 € per ciascuno. La Giunta di cemento-sinistra Pisapia/De Cesaris che aveva ereditato tali scelte da quelle di cemento-destra di Albertini/Lupi e Moratti/Maseroli era obbligata a subirle da una convenzione che per Citylife/ex Fiera scadeva nel 2015: ciò che non si era attuato entro allora poteva essere totalmente ridiscusso e rideterminato dal Comune sia nelle quantità (illegittime, ma indiscutibili invece nei ricorsi a TAR e Consiglio di Stato perchè negato loro in sentenza "l'interesse legittimo a farlo") sia nelle contropartite economiche. Ma la Giunta Pisapia/De Cesaris ha prorogato la convenzione "coeteris paribus" dal 2015 al 2023 !
    20 marzo 2019 • 14:45Rispondi
  2. XavierGrazie Gabriele Mariani di aver chiarito così precisamente il peccato originale dell'andazzo immobiliare. Abbiamo bisogno di chi parla chiaro e con i dati alla mano. Non molli, cerchi intese e vada avanti. Grazie ancora.
    26 maggio 2021 • 21:42Rispondi
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