17 maggio 2016

NUOVE RETI PER LA METROPOLI

Ridisegnare completamente le reti di trasporto e mobilità per la Città Metropolitana


La Metropoli di Milano, composta da tanti quartieri tra cui Monza, Melegnano, Rho e Gorgonzola (chi non dovesse gradire questa definizione, dovrà farsene una ragione!) è già, e lo sarà sempre di più, composta dalla sovrapposizione di molteplici reti di collegamento, trasporto, comunicazione, verde. Le reti non possono più essere considerate fatalità tecniche decise e progettate “in sede separata”: esse sono la materia fondamentale di cui è fatta la metropoli stessa. Uso volutamente la parola “materia”. Siamo nella fase – direi “delicata”, se non fosse un aggettivo inflazionato – in cui la metropoli di Milano dall’essere un’idea amministrativa, mentale e vaga, sta diventando una cosa fisica, oggettiva e sicura.

05brandolini12FBLe reti stradali dei diversi quartieri devono incontrarsi e stringersi la mano, e devono gradualmente scomparire le migliaia di cul-de-sacs che appartengono alla geografia pre-metropolitana; le strade richiedono di essere coordinate per quanto riguarda le loro sezioni, direzioni e prestazioni.

Nella parte nord del quartiere di Milano la rete ferroviaria suburbana converge – con le sue diverse direttrici verso Varese, Saronno, Chiasso, Seregno, Lecco– negli hub di Bovisa e Garibaldi; essendo assenti stazioni di interscambio fuori da Centro, chiunque voglia spostarsi da un punto all’altro del quadrante nord, deve per forza passare da Centro. Essendo di tipo deduttivo, le ricerche origine-destinazione del traffico continuano – probabilmente erroneamente – a rilevare scarso traffico in direzione est-ovest.

Penso che vi siano almeno tre macro-progetti trasportistici su ferro (MM e Linee S insieme) su cui Milano Metropoli dovrebbe immaginare il proprio futuro: nuove linee tangenziali con stazioni di interscambio, collegamenti con la rete ferroviaria nazionale, e una mentalità sociale meno legata all’auto. Sono tre progetti che rappresentano facce di una sola prospettiva a medio-lungo termine, impossibili da attuare separatamente. A questo riguardo, basta guardare come e quanto è cambiata – praticamente raddoppiando a est negli ultimi trent’anni – la mappa del trasporto su ferro a Londra, inglobando l’East End e i Docklands, fino a quel momento considerati quartieri extra moenia, cioè neppure mappati.

Nettamente diversa la situazione nel sud della metropoli, dominato dal Parco Agricolo e da nuclei abitati cresciuti non tanto a macchia di leopardo, quanto secondo il modello della linearità. Comunque, che cosa ci impedisce di supporre che tra vent’anni vi possa essere una nuova linea ferroviaria tangenziale da Magenta/Abbiategrasso verso Rozzano/Melegnano, in grado di collegare le tre linee ferroviarie radiali esistenti?

Anche se stiamo parlando di visioni e scenari, verso la cui fattibilità in molti siamo scettici, sorprende costatare quanto rapidamente e radicalmente possano cambiare la realtà metropolitana e la sua percezione, e quanto la sua mappatura sia critica e importante. Nella metropoli oltre che in auto e nei vagoni, deve essere anche possibile spostarsi ovunque in bicicletta e a piedi, nel rispetto di una logica dei luoghi che ci consenta di capire dove ci troviamo e dove andiamo; una metropoli come quella odierna dedicata principalmente all’auto e scoraggiata a altri mezzi di locomozione, è fallimentare.

Oggi gran parte delle distanze nella Metropoli sono deformate e complicate dal fatto che luoghi vicini appaiono lontani per colpa dell’assenza di collegamenti diretti, mentre luoghi lontani ci appaiono vicini per via delle autostrade e superstrade – esistenti e in cantiere. Se vi è un disegno per la rete autostradale, devono allora essere possibili disegni anche per altre reti trasportistiche. La Metropoli è composta da circa dieci quartieri con 100.000 abitanti o più, qualche decina di quartieri con all’incirca 20.000 abitanti ciascuno, e un’apparente infinità di piccoli nuclei con poche migliaia di residenti ciascuno; all’interno della Metropoli a tutti i quartieri va riconosciuto un ruolo.

Alcuni anni fa ho intrapreso un progetto di ricognizione sul terreno metropolitano, coprendo lunghe distanze a piedi. Ne è nato un piccolo volume: Milano. A piedi nella metropoli, (Editrice Compositori, 2013). Mi sono accorto delle effettive distanze tra i quartieri e le cose, dell’assenza di permeabilità e di coordinamento tra ciò che avviene nei diversi luoghi, e della quantità di nodi e ostacoli fisici e mentali che si sono sviluppati e continuano a spuntare, ma che invece andrebbero sciolti e diluiti.

Anche se nessuno può davvero pensare che Milano possa diventare una metropoli fondata sul ferro, la recente mappa trasportistica milanese in cui le linee MM e le linee S vengono rappresentate insieme come formassero un unico amalgama, ci fa ben sperare, permettendoci di immaginare la scala e le potenzialità future. In vari punti di questa mappa, l’occhio può già riconoscere la germinazione di diverse nuove agglomerazioni in fieri, in grado di generare opportunità. Un primo esempio: la “conurbazione nella conurbazione” corrispondente al triangolo Monza-Desio-Seregno, potrebbe svilupparsi in una centralità dove portare avanti e collaudare un sistema innovativo di reti – strade, ferrovie, percorsi pedonali e ciclabili – meglio articolate e oleate di quanto lo siano oggi.

Un secondo esempio: la Nuova Vigevanese, direttrice in direzione nord-est sud-ovest, potrebbe nel suo disastrato e disastroso tratto che collega Centro a Gaggiano, diventare fonte di idee, anche in riferimento ad altre strade-mercato che servono la metropoli, come la Comasina e la Statale del Sempione. Un ultimo esempio: nel ripensare positivamente alla metropoli, non dovremmo neppure escludere aprioristicamente la possibilità che certe strade o linee ferroviarie siano ridisegnate o declassate, oppure che lungo i loro bordi aumentino gli attuali indici urbanistici.

 

Sebastiano Brandolini

 



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