17 novembre 2015

PARLAMENTO: DARE UNA GUIDA E UN FUTURO ALLE CITTÀ METROPOLITANE


La riforma Delrio dell’aprile 2014 ha il merito di aver generato velocemente le Città metropolitane, e per questo è sembrata a molti una legge coraggiosa, un po’ ardita in alcuni aspetti, specie sull’elezione di secondo grado, ma molto decisa nel mettere mano alle autonomie locali. Dopo di che le province hanno cercato di far finta di nulla, producendo una passività colposa. Il Governo si è accorto di alcuni problemi e ha iniziato a ritoccare il testo qua e là con decreti legge. Infine, per far quadrare i suoi conti, arriva la famigerata legge di stabilità 2015 che di fatto ha mandato in tilt tutto il sistema delle autonomie locali. Gli amministratori metropolitani appena eletti vengono presi in contropiede dal repentino cambio di prospettiva. Dal 1° gennaio 2015 la situazione è caotica: tagli da fare in fretta e furia, interi pezzi di amministrazione da spostare, risorse economiche proprie da trasferire a Roma, vendita di patrimoni immobiliari e altro ancora.

11comero40FBQuasi fosse un gigantesco Lego con tanti mattoncini da rimettere a posto, dove più li si gira e rigira, meno si trova il posto giusto. Se non fosse che dentro quei cubetti che vengono fatti girare all’impazzata ci sono delle persone in carne e ossa, donne e uomini, che lavorano in enti dalle prospettive sempre più incerte, ci sarebbe da scrivere un libro su come non devono essere condotte le riforme istituzionali. Questo è solo l’antipasto, rispetto a ciò che si prospetta con la riforma costituzionale che tra pochi mesi verrà approvata dalla Camera. Non bisogna dimenticare che la prima grande riforma di questo Governo, l’Italicum, la legge elettorale che entrerà in vigore il 1° luglio 2016 è molto contestata.

Un composito gruppo di giuristi, tra i quali Felice Besostri, hanno rilevato una serie impressionante di problemi, mancanze e errori. Anch’io ho contribuito ad allungare la lista su un aspetto particolare, quello dei collegi elettorali. Il decreto legislativo sui collegi è passato quasi sotto silenzio stampa, come anche la strana forma di alcuni collegi, ma su questo si ritornerà in un prossimo intervento. I fatti sono questi: la legge 52/15, l’Italicum, al primo articolo definisce che il territorio nazionale – il resto del mondo rimane inalterato con le vecchie circoscrizioni – è suddiviso in venti circoscrizioni e cento collegi plurinominali. Con “plurinominali” s’intende un collegio che elegge più deputati, da tre a nove, per cui ci sono più candidati per ogni lista. Nello stesso articolo è prevista una restrizione alla regola generale: in Trentino Alto Adige e Valle d’Aosta i collegi hanno un solo candidato per lista, cioè sono uninominali.

Sembra una questione squisitamente tecnica, un dettaglio da specialisti. Invece no, perché contrasta con l’ultimo articolo dell’Italicum, il quarto, dove il Governo è delegato a disegnare i collegi elettorali, con un’indicazione molto precisa: cento collegi plurinominali più otto in Trentino e uno in Valle d’Aosta, per un totale di 109 collegi. Insomma, c’è qualche collegio in più del necessario, 109 al posto di 100. Un pasticcio dovuto all’emendamento Esposito, diventato articolo uno, che era stato usato come “canguro” per incamerare tutti gli emendamenti presentati dalle opposizioni. Situazione imbarazzante, si vedrà come andrà a finire.

Ritornando ai mattoncini scomponibili salta all’occhio la vicenda delle Città metropolitane che sono coinvolte nel voto della prossima primavera: Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna. La Delrio prevede che gli elettori dei capoluoghi eleggano i loro sindaci che diventeranno un minuto dopo automaticamente anche sindaci metropolitani. Milano città con meno di un milione di elettori determinerà il sindaco metropolitano di altri 133 comuni. Quasi un milione e mezzo di elettori subiranno una scelta politica esterna che conta molto nella gestione della cosa pubblica.

Questo pezzo della riforma Delrio, purtroppo, si è rivelato alla prova dei fatti un buco nell’acqua, per una serie di motivi tecnici e politici che ora sono molto evidenti a tutte le forze politiche. Infatti, il 5 novembre scorso il Consiglio metropolitano di Milano all’unanimità ha approvato il seguente ordine del giorno presentato da Marco Cappato e Roberto Biscardini: “considerato che la legittimazione democratica di qualsiasi istituzione influisce sulla rappresentatività delle scelte, a partire da quelle di bilancio – CHIEDE – al Parlamento Italiano di avviare la discussione di una legge che stabilisca il sistema elettorale per l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio Metropolitano.”

Un passo importante sostenuto dal Partito Democratico, Lega, NCD, Forza Italia, FdI e SEL coinvolti direttamente nella complicata gestione dell’istituzione metropolitana. Esiste già un Comitato che sta attivamente lavorando su questo punto a livello nazionale, formato da vari esponenti politici (Cappato, Biscardini, Civati, Cortiana, Passera ecc …) che ha depositato a luglio in Cassazione un testo di legge elettorale di iniziativa popolare per ripristinare l’elezione diretta, scritto a più mani da me e Besostri, con il contributo di tanti altri volontari.

Il sottosegretario Gianclaudio Bressa (PD) ai primi di novembre ha relazionato sullo stato di attuazione della Delrio alla Commissione Affari costituzionali della Camera. Ha risposto ai preoccupatissimi commissari, tra i quali Daniela Gasparini e altri del PD, mentre della minoranza è intervenuto solo Cecconi del M5S, sulla sorte dei ventimila lavoratori in esubero a livello nazionale. Ha detto che in un qualche modo verranno tutti sistemati in altre amministrazioni con delle riassegnazioni.

Alle domande sulle aree omogenee, le fusioni dei comuni, le aree vaste e le prospettive per il 2016, con le incerte risorse contenute nella legge di stabilità 2016, anche lui è parso un po’ sfuggente. Di mezza bocca, rispondendo alla Gasparini che ne chiedeva conto, si lascia sfuggire che il ripristino degli stanziamenti non sembra sufficiente. Passano pochi giorni e il sottosegretario Bressa rilascia un’importante intervista a Il Fatto Quotidiano, del 10 novembre, in cui afferma che l’elezione diretta del sindaco metropolitano “porta con sé una serie di problemi” per cui “la legge elettorale è una questione delicata: serve più tempo” conclude dicendo che “anche varare una norma transitoria non risolverebbe il problema. Ma il Parlamento è sovrano e può decidere in modo diverso.”

Come a dire che l’elezione diretta si potrebbe anche fare, ma che lui ha le mani legate da un nodo gordiano, che andrebbe tagliato per completare la riforma Delrio in modo soddisfacente, senza far conto sulle Regioni, che hanno dimostrato di essere miopi. Le città metropolitane hanno bisogno di una guida forte e responsabile per essere portate fuori dall’attuale palude, altrimenti il rischio è quello di frenare lo sviluppo delle aree più dinamiche del Paese.

 

Daniele Vittorio Comero

 

 

 

 



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