25 febbraio 2015

PREZZI DEI TERRENI, PREZZI DELLE CASE


L’argomento sviluppato da Marco Ponti nell’ultimo numero di ArcipelagoMilano non è nuovo, e potrebbe essere riassunto così: gli alti prezzi delle case, che impediscono il facile accesso a un bene di prima necessità, sono originati dalla scarsità dei terreni disponibili allo sviluppo edificabile; aumentiamo quindi le possibilità di intervento, i prezzi scenderanno e sarà più facile trovare casa. Bene. È il ragionamento (a mio parere abbastanza astratto e accademico) in base al quale ad esempio nel PGT di Milano sono stati incrementati in modo considerevole le possibilità di intervento: tutte le aree produttive (circa 8 milioni di mq) possono diventare residenziali / terziarie / commerciali; tutte le aree inedificate già destinate a servizi sono diventate grosso edificabili con un indice 0,7 mq/mq (0,35 libero e il resto con incentivi), vale a dire un indice superiore a quello delle vecchie zone C di espansione (parlo ovviamente del PGT della Giunta Pisapia, quello della Giunta Moratti prevedeva indici ancora maggiori). In tutti i casi, si tratta di una gran quantità di volumetria, molto superiore alla domanda effettiva.

05prederio08FBOra, forse ciò ha portato a una riduzione dei prezzi dei terreni maggiore che in altre realtà? Non mi sembra (i prezzi sono in parte in diminuzione in tutta Italia in ragione della crisi finanziaria – immobiliare). È forse aumentato il numero di compravendite? No. È forse più facile accedere al bene-casa? Non mi risulta neanche questo. In realtà quello che avviene è che i proprietari dei terreni incamerano il valore del terreno generato dalle scelte urbanistiche, e si guardano bene (se non i più sprovveduti) dal sviluppare senza avere già un utilizzatore.

I più spregiudicati attendono successivi incrementi di valore teorico (come è avvenuto negli ultimi vent’anni), i più sprovveduti vengono aiutati dallo Stato (che ad esempio elimina l’Imu sull’invenduto – mentre l’aumenta ai cittadini per lo sfitto, dov’è la coerenza, mi chiedo; oppure dilaziona i termini di vendita per i Fondi, provvedimenti insomma chiaramente volti a mantenere alti i prezzi); tutti hanno usato i valori generati come garanzia per ottenere finanziamenti mentre – ma forse anche in conseguenza di questo – il credito si è ristretto per chi cerca casa.

Considerando infine il differenziale dei costi di intervento fra aree già compromesse e quelle inedificate, a parità di altre condizioni la poca domanda solvibile si rivolgerà a quest’ultime: e quindi ci terremo le aree dismesse o degradate e costruiremo sulle aree verdi. In questa situazione cosa fa il nostro? Propone di incrementare ulteriormente le possibilità di intervento sulle aree inedificate. Per carità, gli spregiudicati di cui sopra ne saranno contenti. Ma se tanto mi dà tanto, questo non aiuterà ad accedere più facilmente al bene-casa.

In buona sostanza, credo quindi che il tema vada visto nella sua specificità. Giusto quindi ampliare il mercato per non favorire i pochi fortunati (l’edificabilità rilasciata “goccia a goccia” degli anni passati, dove il mattone, bello o brutto che fosse, si tramutava sempre in danaro sicuro in assenza di alternative); giusta la concorrenza; ma rendiamoci conto che attualmente non c’è carenza di offerta, ma anzi il contrario.

Cos’è che non funziona, allora? Limitandoci ai soli aspetti urbanistici (e a rischio di ripetere cose già note) credo che occorrerebbe innanzitutto distinguere chiaramente l’intervento in aree già edificate e compromesse (dove i costi di intervento sono maggiori e allo stesso modo è maggiore l’utilità del loro recupero) da quello in aree inedificate, favorendo i primi e rendendo più onerosi i secondi (in termini di benefici pubblici richiesti, anche case a prezzo ridotto, se servono). Da questo punto di vista qualche segnale incoraggiante c’è, per fortuna.

Poi bisognerebbe intervenire maggiormente, in modo più stabile e con maggiore chiarezza, sul differenziale fra il prezzo del prodotto finito e i costi dei fattori produttivi, terreni compresi (tema alquanto scivoloso, mi rendo conto). Questo si può fare in vari modi (con i plafond minimi edificatori o, all’opposto, con le previsioni non conformative a validità temporale limitata; lavorando con gli incentivi o anticipando in modo chiaro a livello di pianificazione generale – e non di contrattazione attuativa – i benefici pubblici, e altro ancora); ma temo non con i pasticci che purtroppo si continuano a vedere in tanti PGT.

 

Gregorio Praderio



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