10 dicembre 2014

I TEMPI METROPOLITANI E L’ALBERO DI BERTOLDO


Palazzo Isimbardi e Palazzo Marino pur condividendo da alcuni mesi uno stesso Sindaco ubìquo si parlano e si intendono? Non sembrerebbe, posto che il primo si affatica tra le spoglie dell’ex provincia e una bozza di statuto farraginosa e fuorviante, mentre il secondo prosegue nelle proprie scelte separate con apparente indifferenza per le incerte sorti metropolitane. Prova ne siano le recenti decisioni tutte comunali circa il completamento di M4 per 2 miliardi di euro e l’affido della propria quota di case popolari alla gestione MM. Ma le possibili alternative strategiche (prolungamento in superficie delle linee verso i comuni esterni e un complessivo decentramento e risanamento di ALER) non meriterebbero una discussione e valutazione nella istituenda Città metropolitana? Ma vediamo gli sviluppi del combinato disposto tra arruffata legge istitutiva e difetto di fabbricazione nel testo statutario all’esame del Consiglio metropolitano.

07ballabio43FBIn base alla legge è “condizione necessaria” per far luogo all’elezione diretta degli organi metropolitani che lo statuto “preveda (…) che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa” (art. 22) mentre ai sensi dello Statuto in discussione è il consiglio metropolitano che “accerta (…) la piena sussistenza delle condizioni” di tale autonomia, per altro ben specificate: elezione diretta degli organi delle zone, quota significativa delle decisioni inerenti territorio e popolazione, attribuzione di autonomia di spesa e di risorse strumentali e di personale (art. 62). Senonché “l’accertamento che il comune capoluogo abbia realizzato” può avvenire evidentemente solo a posteriori, pertanto l’iniziativa spetta in esclusiva al comune di Milano. Ma lasciare a Palazzo Marino di decidere modi e tempi del proprio effettivo decentramento, ovvero della propria potenziale estinzione, sarebbe come aver affidato a Bertoldo la scelta dell’albero al quale doveva essere appeso. Com’è noto la vicenda finì con una fragorosa risata!

Il tutto poi subordinato a che l’elezione diretta avvenga “con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale” (ancora L.56 art. 22). Già, perché avendo abolito le province elettive hanno abolito anche la relativa legge elettorale, l’unica per altro fondata sui collegi uninominali: desfà e rifà l’è tut laurà! Pertanto l’annuncio solennemente proclamato da tutti i partiti e liste “costituenti” di voler una Città Metropolitana democraticamente eletta e funzionalmente autorevole rischia di rimanere tale, come molti altri buoni propositi offerti dalla politica del giorno d’oggi. Intanto l’insediamento avviene “in via transitoria“(!) come ente di livello secondario, con organi nominati con vizi di illegittimità e presieduto da un sindaco di diritto dal ruolo sdoppiato, brutta copia della ex provincia da cui eredita funzioni virtuali e debiti sostanziali. La “politica dei due tempi” ha vinto ancora, come da tradizionale “riformismo” all’italiana!

A confermare la natura centralistica di tale disposto statutario interviene inoltre l’art. 66 che subordina la durata in carica dello stesso Consiglio Metropolitano alla permanenza in forza di Sindaco e Consiglio del Capoluogo, che dunque assume un rango anche formalmente distinto e superiore rispetto agli altri comuni (verrebbe da dire gli altri “comuni mortali”!). Peggio che nella vecchia provincia laddove Milano era, almeno nella forma, primus inter pares.

Dunque la tentazione di dilazionare nel tempo e diluire nei contenuti la portata del cambiamento appare appena mascherata in questo testo, effetto di un capitale vizio di origine: aver scartato di soppiatto – nelle bozze “tecniche” preparatorie – l’opzione di scioglimento del capoluogo in più Comuni, posta dalla legge “in alternativa” (sempre art. 22) anche per le metropoli sopra i tre milioni di abitanti. Alternativa politica preliminare e fondamentale che avrebbe meritato un’ampia discussione pubblica, invece del tutto negata anche all’interno di Consiglio e Conferenza metropolitani.

Ora però spetta proprio alla Conferenza, ovvero l’assemblea di tutti i Sindaci (e Sindache! grande novità), l’approvazione definitiva dello Statuto. Si pone loro una domanda: se la sentono di avvallare, dal punto di vista dei Comuni interessati che rappresentano la maggioranza della popolazione e anche indirettamente i Comuni esterni potenzialmente aggregabili nell’area metropolitana, un atto così concepito? È questa la svolta, dopo tanti anni di ritardi e incomprensioni, necessaria e improrogabile in favore del territorio dell’ambiente e della cittadinanza metropolitana, tanto nei piccoli e medi comuni esterni quanto negli stessi quartieri periferici del capoluogo?

 

Valentino Ballabio

 



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