15 ottobre 2014

COPERNICO, MILANO E LA CITTÀ METROPOLITANA


Senza un mutamento consapevole di prospettiva, uno spostamento netto del punto di osservazione le parole riforma o revisione o anche rivoluzione perdono significato. O ne assumono uno finto: simulazione apparente del cambiamento per coprire la conservazione “gattopardesca” del modo di vedere, e di agire, preesistente. Così la discussione apertasi sulla questione metropolitana, spesso assai improvvisata dopo decenni di rinvio e rimozione, necessita di un minimo dialogo sui massimi sistemi, preliminare all’interpretazione delle virgole dei commi degli articoli di una legge piuttosto sconclusionata, opera del sindaco di una media città emiliana mentre il più importante sindaco metropolitano predestinato dormiva.

02ballabio35FBSi tratta allora di verificare, con metodo verosimilmente sperimentale, dove risieda il centro reale del sistema e di conseguenza come girino le orbite dei soggetti istituzionali vaganti nell’universo (si fa per dire) sub-regionale. Vale la pena di abbozzare una piccola “rivoluzione copernicana”, un passaggio possibile nella cultura politico-amministrativa ben più rilevante e sostanziale della versione cartacea della “grida manzoniana” di turno. A partire dall’osservazione oggettiva della realtà territoriale per pervenire a una rappresentazione istituzionale il più possibile coerente e confacente, mettendo nel dovuto conto resistenze e reazioni di dottori aristotelici restii a porre l’occhio nel telescopio e inquisitori esperti in torture e abjure.

Allora se la visione tradizionale concepisce il sistema con il Comune di Milano stabile al centro, la ex Provincia ruotante nel primo cerchio, i Comuni dell’hinterland e della cintura nelle orbite successive e le zone di decentramento (come “i cani e i mendicanti” della rappresentazione brechtiana) all’estrema periferia, si tratta di immaginare invece un diverso movimento astrale che veda al centro la nuova Città Metropolitana. Soluzioni “politiche” pasticciate e di compromesso non sono possibili: il sistema o è geocentrico o è eliocentrico. Un sistema bi-solare non è sostenibile! La gravitazione non è attribuibile “a pioggia”, con buona pace dei pur volonterosi “distributori” di competenze e poteri tra soggetti istituzionali vecchi e nuovi!

Proviamo a immaginare la convivenza “strategica” di un Sindaco di Milano e di un Sindaco Metropolitano (pure lui direttamente eletto, secondo le intenzioni dichiarate da tutti gli indirettamente neo-eletti consiglieri metropolitani) allorché si debba decidere se dare la priorità a nuove linee MM nel centro urbano oppure prolungare le esistenti verso i comuni esterni dell’area? Oppure ricollocare la “città della salute” dentro o fuori la cinta daziaria? (Va bé, li decide e appalta la Regione). Il conflitto di interessi (elettorali pertanto legittimi!) è evidente, come è assicurato l’interesse (personale e di carriera, pertanto meno legittimo) dello establishment politico-burocratico arroccato nel Palazzo Marino di ritardare – come avvenuto negli ultimi tre decenni – ovvero svuotare in partenza la nuova istituzione.

Sarebbe invece vantaggioso per i Sindaci dei circa duecento Comuni dell’area metropolitana (quella vera, ricomprendente anche tutta la Brianza e il Seprio) – qualora staccassero per un attimo lo sguardo al di sopra dei pressanti ma limitati problemi locali – allargare la visuale sulle problematiche comuni, non risolvibili se non nella dimensione “sussidiaria” più ampia, anche qualora si richieda un’efficace “cessione di sovranità” verso un vero governo di vasta area. Altrimenti inquinamento atmosferico, dissesto idrogeologico, compromissione del verde, crisi della mobilità, sovradimensionamento e caoticità degli insediamenti resteranno problemi irrisolti o ancora aggravai dalla concorrenza campanilistica e dalla frammentazione localistica.

Invece purtroppo l’azione dei Sindaci dell’area non risulta coordinata da alcun indirizzo politico coerente, stante lo stato debole e informe dei partiti di riferimento. I più importanti di loro, per storia e consistenza, quali Sesto e Monza anziché guidare l’accerchiamento del capoluogo (una “lunga marcia” dalle campagne alla città!) per riequilibrare i rapporti con il centro si sono invece separati in distinte province, favorendo in modo autolesionistico il “divide et impera” milanese. Pur ritrovandosi esponenti dello stesso partito e pur essendo stati preavvertiti al riguardo ben prima che la punitiva legge Delrio confermasse l’assurda proliferazione delle province per quanto decapitate degli organi elettivi (*).

Pertanto l’iniziativa torna al capoluogo, laddove il Sindaco si consola poiché il collega di Barcellona gli ha confessato che ci sono voluti vent’anni per farne una città metropolitana. Già, ma loro hanno il vantaggio di aver cominciato quasi quaranta anni prima!

 

Valentino Ballabio

 

(*) Vedi ArcipelagoMilano del 8/2/2012: “Sesto e Monza: estendere a nord la svolta milanese



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