19 luglio 2011

PROVINCE, FEDERALISMO E CITTÀ METROPOLITANA


Consiglierei coloro che hanno in uggia il ragionamento, che si innervosiscono di fronte alle “distinzioni” (…iniziamo con le distinzioni!), che mal sopportano precisazioni, puntualizzazioni, implicazioni e, soprattutto, deduzioni, di non darsi la briga di proseguire nella lettura di questa breve nota a margine della fin troppo chiassosa discussione sulle… “Province” (senza una i di troppo, come pure capita di leggere tra alcuni dei più fervorosi propugnatori della loro abolizione). Il processo alle streghe divampa: bruciamoli tutti questi untorelli, sanguisughe e mangiapane a tradimento! Un consigliere provinciale guadagna dieci volte meno di un consigliere regionale: non importa, visto che non serve a niente. Aboliamo le Province! E le Regioni servono? No che non servono, non servono a niente. Aboliamo allora anche queste? Aboliamo! E il Parlamento serve? Ridotto a strame com’è? No, aboliamolo! Oddio, forse non abbiamo imboccato la strada giusta! Forse è meglio ricominciare daccapo e a ragionare con calma.

Allora, nel nostro paese ci sono le istituzioni centrali, quelle che in genere chiamiamo lo Stato, e ci sono quelle locali. Fino all’altro giorno sembrava che bisognasse rinforzare queste, le locali, e indebolire quelle, le centrali, cioè lo Stato. Questa cosa alcuni la chiamano autonomia locale e altri federalismo: ora quasi tutti siamo disposti a chiamarla federalismo, salvo poi andare a vedere cosa metterci dentro, ma questo è un altro problema. Prima domanda: l’abolizione delle Province indebolisce le istituzioni locali o quelle centrali? Occhio e croce, se l’idea è di rinforzare le istituzioni locali, mi pare che con l’abolizione andiamo nella direzione sbagliata. Forse la convinzione che bisogna andare verso il federalismo non è così granitica come vorremmo far credere oppure semplicemente non ce ne frega niente della “contraddizione”.

Sul territorio locale, oltre alle Regioni, ci sono anche i Comuni e le Province: il titolo V della Costituzione ha introdotto sulla carta anche le Città Metropolitane, che però non hanno ancora visto la luce. In Lombardia, che non so con precisione per quanti kmq si estenda, so che ci vivono quasi dieci milioni di abitanti, poco meno di un sesto della popolazione italiana, ci sono mille e cinquecento comuni e dodici, mi pare, province: mediamente più di cento comuni per provincia.

Abolire, certo: ma cosa? Tutti i comuni, una parte di essi, tutte le province, una parte di esse? E’ evidente che nessuno può neppure immaginare l’eliminazione di tutti i comuni, eppure che 1.500 siano troppi, che essi esprimano più una realtà storica vecchia che non quella attuale, per come si è venuta negli anni trasformando, è incontestabile. Per alcuni aspetti, potremmo dire provocatoriamente, ma non troppo, che, almeno nella realtà lombarda e in specie “milanese”, sono proprio i comuni la cosa più vecchia e superata che bisognerebbe tagliare. A Milano, l’ultima sforbiciata di comuni è avvenuta nel 1923, quando una decina di quelli che oggi sono quartieri (Baggio, Niguarda, Affori, ecc.) erano comuni autonomi, ma che lo sviluppo della grande città ha finito inevitabilmente con l’inglobare.

Da allora, niente: Milano è cresciuta, e quanto!, ma è rimasta entro i suoi confini daziari; i comuni della cintura si sono gonfiati, come la famosa rana, fino a scoppiare; tra un comune e l’altro è totalmente scomparso ogni spazio libero; gli abitati si confondono, le funzioni si intrecciano inestricabilmente, i problemi (traffico, ma non solo) esplodono, ma nessuno si muove: ciascuno pensa di essere “padrone a casa sua”, anche se di fatto dipende da tutti gli altri! Insomma, occorrerebbe, lo sappiamo da decenni, ne siamo tutti convinti, la Città Metropolitana. Ma non si fa. Ed ecco, allora, che sfoghiamo la nostra ribellione a uno stato di cose che non funziona, gridando di volere, ora e subito, l’abolizione delle Province. Cioè di quel unico soggetto che si occupa (bene, male, poco, tanto) del tessuto connettivo, infiammato e lacerato, di questa metropoli che non c’è.

Prima conclusione: se aboliamo la Provincia, per esempio di Milano, facciamo un errore grave; se la trasformiamo in Città Metropolitana, facciamo la cosa giusta. Da tempo il PD o le altre formazioni politiche che l’hanno preceduto, chiedono che sia attuato il titolo V della Costituzione. Sbaglia? Possiamo dire che dovrebbe impegnarsi di più, che dovrebbe farlo con maggiore vigore, e ne convengo. Possiamo dire che nel frattempo, mentre solo si blatera di città metropolitana, intanto sono state create nuove province, alcune decisamente ridicole, e tutte per ragioni clientelari e che per opportunismo neppure il PD, o le formazioni politiche…., ne hanno contrastato l’istituzione, certo, dobbiamo dirlo. Ma ciò è diverso che innalzare gridi di guerra.

Dappertutto non si possono inventare città metropolitane, eppure il territorio vasto va in qualche modo governato. In Italia da oltre centocinquanta anni lo fanno (bene, male…) le Province. Vi immaginate, per fare un altro esempio (sempre interessato), la Calabria, grande e spopolata, senza le Province? E strade, scuole (superiori, ma talvolta anche medie), ospedali, territorio, ambiente, chi le decide? I piccoli comuni, abbarbicati alla loro stenta sopravvivenza? O la Regione? Questo della Regione che fa i compiti delle Province è un altro argomento che viene come uno straccetto agitato dai sostenitori precoci (cioè prima di ragionare) dell’abolizione subito e sommaria. Ma, domanda: siete davvero convinti che se la Regione dovesse accollarsi compiti e funzioni delle Province, sarebbe meglio? Da quale punto di vista, dal punto di vista della divisione dei poteri (la Regione fa le leggi ed esegue le opere?), della trasparenza, dell’efficienza, dei costi? Ho molti dubbi! Pensate che carrozzoni, più di quanto non siano già ora, verrebbero fuori!

Infine, per concludere, che questa nota altrimenti si trasforma in pseudo-trattato e me ne stanco già io per primo. Giusto è abolire e accorpare alcuni comuni; giusto è abolire alcune province, soprattutto quelle di recente costituite; giusto è abolire alcune province e trasformarle in città metropolitane, senza esagerarne il numero; giustissimo è precisare per tutti (comuni, province, città metropolitane, regioni) compiti e mezzi di cui disporre, senza doppioni e sovrapposizioni; giustissimo definire con sobrietà, equità ed efficienza gli organismi di governo di ogni istituzione, riducendo il costo della politica ma non la democrazia; giustissimo, sacrosanto sarebbe che finalmente delle cose si discutesse con serietà, con responsabilità e con coraggio, ma questo è un bene troppo raro e caro, e non possiamo pretenderlo. Però, ragionare senza inseguire facili mitologie e neo-conformismi, almeno questo lusso ce lo vogliamo permettere?

Arturo Calaminici




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