4 aprile 2023
MILANO E IL “BRAND NEGATIVO”
Il vento cambia
Sulla stampa e sui social il “Modello Milano” non ha più il vento in poppa: gli articoli su Giunta e sindaco non sono più semplici cronache dell’attività amministrativa, spesso elogiativi che avevano come fonte principale i comunicarti stampa del Comune stesso ma critiche sempre meno velate sull’attività della amministrazione comunale. L’ultima intervista all’architetto Mario Botta sul Corriere della Sera ha inferto un colpo duro all’amministrazione comunale.
Cosa è successo?
Semplicemente i riflettori si sono accesi sull’aumento degli affitti delle case, sulla difficoltà di chi cerca appartamenti in acquisto, soprattutto di piccola taglia, sull’abbandono della città da parte di molti residenti, sul continuo consumo di suolo, sulle condizioni dell’aria sempre peggiori, sulla sporcizia delle strade, sul traffico e le autovetture in sosta in doppia fila, sulla ormai grottesca vicenda degli stadi e su altre vicende di minor conto, ma non tanto, come la gestione milanese dei fondi del PNRR.
Una sorta di “brand Milano” al negativo.
In tutto questo la questione “casa” tiene vistosamente banco, non da oggi e non da ieri ma prima, prima.
Un problema storico per l’Italia. Ne parlò Luigi Einaudi nelle Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), in un capitolo dal titolo Gli organizzatori della fame di case:”… Il problema è per se stesso abbastanza serio per inquilini e costruttori. I soliti disturbatori stanno rendendolo imbrogliatissimo e quasi insolubile. Trattasi dei fabbricanti di decreti, gente in apparenza di animo gentile e fervido di sviscerato amore per le masse. In realtà gente nimicissima del genere umano….”.
Il CORRIERE DELLA SERA riprende i dati di una ricerca sul mercato immobiliare milanese, dati interessanti, e ci dice che tre milanesi su quattro desiderano abbandonare il centro storico ormai invaso da uffici e grande distribuzione per andare in periferia, soprattutto in quartieri ben serviti dai mezzi pubblici, magari quartieri “in” come Nolo e con una discreta dotazione di aree verdi.
Siamo di fronte però ad un effetto della cosiddetta gentrification, una sorta di migrazione dei residenti verso aree urbane dove le case costano meno ma con due effetti negativi: l’innalzamento dei prezzi di mercato di tutta la città e l’espulsione delle fasce più deboli da questi quartieri semiperiferici verso la estrema periferia: una sorta di migrazione che penalizza le fasce più deboli costrette a spostarsi in quartieri meno dotati di servizi e nei quali il mix di nazionalità straniere non ancora integrate crea un problema per chi ci arriva..
La gentrification è un fenomeno comune a tutte le grandi città nel mondo in maniera proporzionale rispetto alle loro dimensioni.
Un’amministrazione pubblica attenta al benessere sociale complessivo e attenta alle trasformazioni socioeconomiche che penalizzano i più deboli dovrebbe cercare di guidare queste trasformazioni per non lasciare indietro nessuno.
Milano non lo sta facendo o lo fa con strumenti assolutamente inadeguati, vedi la questione delle case cosiddette sociali, quelle che o sono realizzate interamente con denaro pubblico, quelle che una volta si chiamavano case popolari, o con la cosiddetta collaborazione pubblico/privato: per le prime i soldi sono pochi e assolutamente inadeguati ai fabbisogni, le altre, quelle con l’intervento dei privati non solo non bastano ma si mettono in campo strumenti molto problematici e per certi versi contradditori.
Lo strumento che l’amministrazione mette in campo è una convenzione per la quale a fronte dell’edificabilità di un suolo il proprietario si impegna, al di là dei consueti oneri, a cedere al Comune una parte dell’edificato o più spesso a cedere a privati – questi ultimi scelti in base al loro reddito – parte del costruito ad un prezzo prestabilito o darne in locazione una parte sempre ad un prezzo concordato.
Questa procedura ha un difetto essenziale: si dà per scontato che i privarti abbiano inesauribile e impellente interesse ad edificare, abbiano questo interesse in tempi compatibili alla necessità di case sociali, le tipologie di appartamenti siano le più adatte alle necessità dei futuri utenti che abbiano le caratteristiche di reddito previste.
Un processo complicato, irto di questioni variabili per tempi e luoghi ma soprattutto che indebolisce politicamente il Comune che pur di conseguire i suoi obbiettivi di realizzare “case sociali” viene indotto ad una sorta di lassismo nel concedere edificabilità anche andando incontro ad eccessi di offerta sul mercato immobiliare libero.
Questa ultima considerazione fa a pugni con quel che si legge nei rapporti redatti dagli specialisti sulla domanda di mercato: il mercato tira, soprattutto per gli appartamenti di lusso.
Ma chi compra? Chi sostiene questa domanda? Chi di conseguenza tiene alti i prezzi?
Un quota molto rilevante di questi acquisti è costituita da pure operazioni di investimento da parte dei risparmiatori da tutta Italia e anche dall’estero, fedeli al vecchio adagio: “il mattone non tradisce mai”.
Fino a ieri in Italia hanno avuto ragione. Malgrado brevi soste i prezzi degli immobili, anzi meglio il loro valore, è sempre cresciuto più dell’inflazione e più del corso medio delle Borse con un solo rischio nel caso in cui si affittino gli immobili: l’insolvenza del conduttore e l’estrema difficoltà di fronte allo sfratto dei morosi. Pare però che questi rischi vengano comunque corsi, sono modesti rispetto all’aumento di valore.
Quest’ultima considerazione la tengono sempre presente i proprietari che vorrebbero garanzie sulla solvibilità dell’affittuario, garanzie che le fasce deboli non danno per definizione. che inducono a privilegiare affitti brevi, i B&B e simili anche qui con l’aumento dei canoni di affitto per le fasce più deboli.
In alcuni Paesi a noi vicini si è messo mano a norme che riguardano la “calmierazione” degli affitti, ne trovate esempi nel documento Una strategia per la casa a pagina 5, ma per l’Italia sembra una strada impercorribile: vi ricordate tutta la vicenda del blocco degli affitti e delle relative polemiche?
Non possiamo dimenticare l’intervento sulla casa di benemeriti cittadini che si danno da fare con iniziative e mezzi propri: fanno parte del grande spirito di solidarietà che fortunatamente è nel DNA dei milanesi.
Vorrei però ricordare quello che dissi anni fa quando un Sindaco propose per Milano la sede di una organizzazione italiana o persino europea del Volontariato: il volontariato per una città è un vanto per i cittadini ma contemporaneamente la denuncia per una amministrazione a non saper provvedere direttamente ai bisogni della cittadinanza.
Comunque tutto bene, si fa per dire, purché in Italia non scoppi la bolla immobiliare tipo la crisi dei subprime negli USA anni or sono.
Ne siamo sicuri? Chi tiene d’occhio i crediti concessi dalle banche ai piccoli ma soprattutto ai grandi investitori immobiliari?
Una cosa ci dice l’esperienza: quando arriva una crisi che fa rischiare il default a qualche settore o a qualche grande operatore lo Stato interviene, purtroppo con i soldi di tutti, spalmando sulla collettività gli errori di pochi che da par loro se la cavano a buon mercato.
“Bella Italia, amate sponde / pur vi torno a riveder! / Trema in petto e si confonde / l’alma oppressa dal piacer”(V. Monti – Per la liberazione d’Italia).
“Trema in petto” sempre, ancora, oggi più che mai vedendo chi ci governa.
Luca Beltrami Gadola
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