21 febbraio 2023
TRA LEGALITÀ E LEGITTIMITÀ
Le elezioni in una città "gentrificata"
Comprese le schede bianche e nulle alle elezioni regionali oltre il 60% dei cittadini lombardi non si è riconosciuto nell’offerta elettorale. Sia in quella bipolare con l’antinomia dx/sx buona per le elezioni, poi torna il consociativismo dell’Accordo di Programma sugli ex scali FS e su San Siro e i circostanti 29 ettari pubblici, business as usual.
Sia nella proposta civica di Letizia Moratti, più Terzo Polo. Le urne a Milano hanno dato un esito rovesciato rispetto a quello regionale ma la stessa disaffezione al voto. Eppure viviamo un tempo caratterizzato da più crisi combinate: Pandemia, Guerra, Energia, Clima. Consideriamo ciò come un carattere endemico dell’Istituto della Democrazia? E’ possibile che Milano-Cinta Daziaria non si ritenga interessata? Carl Schmitt ne “Le categorie del politico” proponeva, nella crisi della Repubblica di Weimar, la relazione tra la ‘legalità’, come diritto e decisione in un ordine costituito, e ’legittimità’, come legame esistenziale o ideale preesistente e inerente il piano della legalità.
Un legame che traduce efficacemente l’idea del diritto in un ordine costituito. La legittimità, evoca il «potere costituente» del popolo, che eccede la sua formalizzazione nel principio della maggioranza rappresentativa. Ma qui, ora, non siamo di fronte né alla inimicizia irriducibile di uno scontro politico e sociale, né a una espressione plebiscitaria che discute l’ordinamento legale. Qui la crisi di legittimità ha la forma dell’assenza, della evanescenza, della crescente omologazione all’analfabetismo politico, accompagnato da quello funzionale.
Un mancato esercizio di Cittadinanza Attiva come espressione di soggettività che accompagna la gentrificazione e il valore nominale del mercato immobiliare come riduzione dell’abitare la città.
Nella città gentrificata la legalità è diventata la sicurezza come ordine pubblico e preoccupazione individuale, non un prodotto sociale. Perché la democrazia ha smesso di essere l’istituto in grado di comporre l’astrazione formale, i luoghi della rappresentanza e le tensioni della trasformazione sociale? Cosa è accaduto lungo la Seconda Repubblica? E’ avvenuto un cambio di luoghi, procedure, modalità, oggetti della produzione di valore, con una deriva finanziaria dell’economia globalizzata e un’estensione mediatica e digitale dello Spazio Pubblico. Abbiamo assistito all’uso della legittimazione popolare da share televisivo come viatico eversivo, come scudo o elusione per non applicare i pronunciamenti della Corte Costituzionale.
Dalle reti in chiaro alle leggi ad personam, dalle leggi elettorali alla personalizzazione della politica, dallo svuotamento sostanziale di organi istituzionali, come le Città Metropolitane e le Province, alla inertizzazione dei pronunciamenti referendari. Fino ad arrivare ad abdicare l’esercizio della responsabilità politica a favore del commissariamento nel nome dell’unità nazionale, con Monti e poi Draghi e con le baruffe mediatiche tra leader come tra i polli di Renzo. Una personalizzazione che ha interessato anche i livelli locali con l’elezione diretta dei sindaci che ritengono così di poter prescindere o svuotare regole e statuti, vedi Referendum e Dibattito Pubblico a Milano.
Altroché impersonalità, razionalità e generalità della politica pubblica e delle sue istituzioni. Alla atomizzazione sociale legata al cambio dei modelli di produzione non sono stati offerti procedure e luoghi per una partecipazione informata al processo deliberativo. Senza partecipazione effettiva non ci sono conflitto e competizione, c’è il sottrarsi di due terzi dei cittadini dallo spazio pubblico. Considerarsi spettatori di Sanremo come della definizione di una proposta elettorale è il prodotto di una eutanasia legale della politica, dove la consuetudine del succedersi di pratiche extracostituzionali diventa convenzione di fatto. Il politologo irlandese Peter Mair pubblicò nel 2013 “Governare il Vuoto. La fine della democrazia dei partiti.”.
Il titolo originale è più esplicativo: “Governare il vuoto: lo svuotamento della democrazia occidentale”. Mair coglie nell’unione di due fattori: il crescente astensionismo, la volatilità elettorale, i sintomi della crisi della “democrazia dei partiti”. “I partiti stanno crollando in due modalità differenti”. Da un lato, non sono più in grado di coinvolgere i cittadini, la cui partecipazione elettorale è al livello più basso mai registrato e con un senso di appartenenza politica in declino. In modo simile, i cittadini sono sempre meno predisposti a impegnarsi con i partiti, sia in termini di identificazione che di appartenenza, rinunciando a un coinvolgimento politico di tipo convenzionale.
Dall’altra parte, i partiti non svolgono più adeguatamente il loro ruolo di base per le attività dei loro leader, che guardano con sempre maggiore attenzione alle istituzioni pubbliche esterne (…); i cittadini si ritirano verso una vita più privata o si rivolgono a forme di rappresentanza più specializzate e specifiche, mentre i leader dei partiti si ritirano nelle istituzioni”. Manca la politica pubblica e l’omologazione è legata alla dimensione simbolica delle identità. Così al genere biologico si sostituisce quello on demand all’ufficio anagrafe, la genitorialità assistita sfrutta doppiamente la donna: sul piano sessuale come fattrice e sul piano sociale come disagiata. Così a un vero confronto e conflitto politico normativo sui diritti si sostituiscono le rappresentazioni extra canore di Sanremo.
Così si deridono Greta e i suoi coetanei e, nel nome dell’uso razionale delle risorse, si lasciano Elon Musk e il suo circuito di Longtermisti, ipotizzare l’eugenetica. Così a una ricerca e a un confronto sui processi cognitivi e didattici, per ricomporre sfera biologica e sfera antropologico digitale nella definizione dell’identità dei giovani, si sostituiscono le boutade dell’umiliazione come modalità educativa e l’insegnamento dell’uso delle armi. Il simbolico come politico. L’abitudine e l’attitudine alla partecipazione sono crollate, ma la nomenclatura, con la sua assertività arrogante al ‘voto utile’ e con l’esercizio pratico del voto di scambio, è indifferente. Il ‘pochi ma buoni’ basta per sedersi al tavolo consociativo.
Tutto ciò riguarda Milano, disposta a regalare ai fondi lo stadio e i 29 ettari pubblici circostanti in cambio di una ventilata Champions, pronta ai concerti dei trapper capobranco che nei quartieri di San Siro affermano con la violenza spazi extra legge. Ci raccontiamo che la periferia non è andata a votare perché stanca del succedersi di elezioni? O pensiamo di occuparci di Milano come città metropolitana, da abitare e da rendere sostenibile socialmente e ambientalmente con una politica pubblica partecipata? O ci occupiamo della politica o questa politica continuerà a occuparsi di noi.
Fiorello Cortiana
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