10 gennaio 2023

MAJORINO PRESIDENTE: MISSIONE (IM)POSSIBILE?

Una vittoria che spariglierebbe le politiche incerte della sinistra


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Ad un mese dalla scadenza elettorale, alcuni sondaggi sembrano dare conto di una evoluzione inattesa. La vittima sacrificale di un rito scontato si ribella al destino già scritto che lo vorrebbe accomunare alle tante altre che lo hanno preceduto. Parliamo di Pierfrancesco Majorino, naturalmente.

Se nell’Anno del Signore 2018, Attilio Fontana raccolse il 49,75% dei voti, oggi scenderebbe al 45% dei voti, mentre Pierfrancesco Majorino, sembra issarsi al 40%. La Moratti pare non superare il 15%, che non è poco, ma non basta ad accreditarsi come possibile vincente: cavallo perdente già ad un mese dal voto, potrebbe registrare emorragie prossime, o alimentare il voto disgiunto, a destra o a sinistra.  Condizionale e prudenza sono d’obbligo, anche considerando che altri sondaggi (IPSOS…) registrano forchette più ampie a favore del candidato leghista. Aggiungiamo infine che, sempre nel 2018, Giorgio Gori, candidato del PD, non andò oltre il 29,09%, mentre, cosa che pochi ricordano, il 5 Stelle Dario Violi raccolse un importante 17,36% dei voti. Già allora, PD e 5 Stelle assieme avrebbero sfiorato numericamente il 47%, ma parliamo di una passata epoca geologica, quando il Conte 2 era ben nascosto nel pur vicino orizzonte.

Uno scenario insolito, questo del 2023, che autorizza speranze e stimola riflessioni: cosa succede? Quali forze si muovono?  Quali le mosse per accrescere le chances? In breve e per quel che più interessa, possiamo immaginare Majorino Presidente o anche questa volta il centrodestra incasserà senza fatica il consenso ormai trentennale?  E’ inutile ribadire l’ovvio e cioè che la partita lombarda assume rilevanza strategica nella vicenda politica nazionale. Per questo, lo scenario che alcuni sondaggi lasciano intravedere potrebbe incidere su diversi piani politici di grande momento, a partire dalle cosiddette “primarie” del PD. Diciamo “cosiddette” perché chiamansi in questo caso “primarie” quelle che sono in realtà elezioni dirette del segretario nazionale del partito (ergo, “secondarie”). La confusione è completa nei nomi e quindi nella sostanza dei processi politici del partito e delle sue architetture istituzionali.. .. sed transeat.

Il punto essenziale in Lombardia è un altro e cioè che un candidato con un netto profilo di sinistra sta raccogliendo attorno a sé un arco di consensi ampio come non si vedeva da molte legislature regionali. Bella forza, si dirà, gode della convergenza anche degli elettori 5 stelle, popolo oggi quotato attorno al 10 %, Ma proprio questo è il punto, la convergenza non cade dal cielo ma nasce per effetto di una prospettiva politica tenacemente ricercata ed alla fine concretizzata da Majorino in prima persona. Se nel 2018, il candidato del PD non seppe, non volle o non potè (copyright PIO VII), creare le condizioni politiche per una convergenza unitaria, oggi la figura di Majorino riesce, nonostante un contesto di estrema difficoltà nei rapporti tra le due realtà politiche, a dare prospettiva ad  un flusso di consenso unitario ed innovativo la sua parte.

Qualcuno potrebbe anche dire che analogo risultato si raggiungerebbe sommando i voti del PD a quelli del cosiddetto Terzo polo, ma è legittimo dubitare. Non essendo la politica somma aritmetica di consensi, pare difficile credere che un ticket nel segno della Moratti potrebbe effettivamente registrare la convergenza degli elettori del Terzo Polo (oggi  quotato da IZI attorno al 10% %) e del PD (sempre per IZI, attorno al 17%) e se anche fosse, al momento, si toccherebbe quota 27 e non 40%.

Ma la questione di fondo, infine, non è di aritmetica elettorale ma politica, profondamente politica, di prospettive e di identità.

Sappiamo, la scelta di Majorino non è stata né automatica né indolore, per alcuni del PD almeno. Il suo profilo politico, la sua storia, dicono di una figura nata e cresciuta per intero nella particolare vicenda dei DS, PDS e poi coprotagonista di una stagione segnata dalla rinascita della sinistra come forza di governo cittadino. Assessore alle Politiche Sociali  con Pisapia e con Beppe Sala, la sua azione è stata caratterizzata da una forte attenzione alle politiche di sostegno alle fasce più deboli della popolazione, in questo maturando una vicinanza al terzo settore e dei diritti civili più che al mondo dell’impresa e del lavoro. Per certi aspetti e per molti, appariva come un candidato di bandiera, utile a riprendere in mano l’identità profonda del PD come partito attento alla questione sociale, ma forse non altrettanto efficace nel dialogo con la provincia profonda dei “produttori”, quel composito ma omogeneo blocco sociale che finora, dalle valli fino alla cintura metropolitana, si è stretto attorno al centro destra, un tempo Berlusconi, poi Salvini ed ora Meloni.

La sua candidatura alla fine sembrava necessaria per sopravvivere dignitosamente, cosa non da poco comunque, ma non sufficiente per competere per la vittoria. Così pareva, ma non si raccoglie il 40% dei voti solo con l’empatia sociale verso gli ultimi. Qualcuno sogna il ripetersi della vicenda di Giuliano Pisapia: esponente, ma garbato però, di Rifondazione Comunista, il candidato più a sinistra della storia recente milanese seppe tenere assieme le energie di una sinistra fortemente partecipativa con il desiderio, nutrito da ampi strati della borghesia cittadina e dal popolo largo, di ritrovare dopo vent’anni, in una nuova stagione di rinascita civile, le ragioni di  un riformismo dialogante certo ma anche ben caratterizzato.  Un sogno rivederlo nel 2023? Può essere, ma qualche segno pare manifestarsi, qualche energia e qualche crepa nello schieramento avverso finora granitico, difficoltà accresciuta dal terzo polo, inventando una proposta politica che, almeno per ora, sembra più togliere alla destra che alla sinistra. Sempre per IZI, La somma dei partiti di centrodestra si attesterebbe oltre il 51%, ma Fontana ne trova solo il 45% sul suo nome: è legittimo credere che la differenza premi la Moratti.

Manca un mese e gli scenari sono ancora tutti aperti: a ben vedere questa è la novità. Se al termine della campagna, Majorino avrà anche “soltanto” portato a casa un buon risultato avrà comunque colto due piccioni con una fava: ridare anima al minoritario PD lombardo, rafforzare Schlein nelle primarie, ma soprattutto, ritagliarsi il ruolo di leader della sinistra in regione e forse non solo.  Neppure sappiamo cosa potrà avvenire se, vincente Fontana, il terzo polo resterà ben sopra il 10%: il risultato rafforzerà la sua vocazione al dialogo verso destra, ed a quali condizioni, oppure sarà disponibile a riconsiderare la chiusura ai pentastellati? Ed infine, quanto incideranno le percentuali dei singoli partiti, scenario dove una Lega “doppiata” da FDI vedrà messa in discussione la leadership di Salvini. Queste note descrivono possibili scenari politico elettorali, lasciando in seconda battuta i contenuti, ma non si deve dimenticare come questa o quella evoluzione potranno aprire o meno cambiamenti ed innovazioni per la vita quotidiana dei cittadini, dei territori e delle imprese, in particolare nel mondo della sanità, tema su cui batte senza sosta Pierfrancesco Majorino, consapevole che di qui passano voti possibili più che su altri terreni.

La sua missione pareva proibitiva ma ora qualcuno spera: Majorino Presidente, mission (im)possible?

Giuseppe Ucciero



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