22 marzo 2022

SOL SOL SOL MIBEMOLLE

Radio Londra


Il colonnello (1)

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Chi ha passato gli ottant’anni da un pezzo, ricorda ancora queste quattro note dell’inizio della quinta sinfonia di  Beethoven che annunciavano l’inizio delle trasmissioni di Radio Londra (BBC) con la voce del Colonnello Harold Stevens. Le trasmissioni iniziavano con una serie di messaggi in codice destinati agli uomini della Resistenza, poi le notizie, essenziali.

Con la secchezza tipica delle sue notizie Radio Londra informava gli italiani sull’andamento della guerra e veniva ascoltata con ansia ed apprensione dalle famiglie  antifasciste  e da quelle che avevano un congiunto al fronte o internato nei lager.

La si ascoltava a volume basso per evitare che qualche delatore ti accusasse, erano in molti i delatori, visto che costituiva reato e lo si faceva con le finestre oscurate con la carta blu per evitare che i bombardieri nemici individuassero le città con le sue luci.

Questo ricordo mi è riemerso dalla memoria quando ho letto delle sanzioni che Putin ha comminato – 15 anni di carcere – per chi diffonda in Russia fake news ma anche solo la parola “guerra”. Mussolini era stato più moderato: a chi veniva sorpreso ad ascoltare Radio Londra veniva sequestrato l’apparecchio radio e comminata la pena di tre mesi di arresto e 1.000 lire di multa, oggi circa 900 euro.

Il bavaglio dei dittatori è sempre lo stesso ma oggi è più difficile  metterlo perché bisogna mettere il bavaglio a internet e ai social, alla televisione che arriva anche via satellite e che non ci risparmia nulla della guerra in diretta, una mangiatoia dalla quale si nutrono telegiornali e trasmissioni per riempire i palinsesti con la logica di non farci mancare nulla di terribile ma anche di pietoso. Fatto così non è giornalismo.

I telegiornali si guardano con ansia, la stessa con la quale si ascoltava Radio Londra, sperando in qualche vera buona notizia: “le armi tacciono”.

Oggi la TV ci mostra la guerra in diretta con tutto il suo orrore, per certi versi la radio era meglio perché oggi riempire il piccolo schermo  con certe immagini ha un doppio effetto: l’orrore per i morti e le scene di disperazione, le facce degli esuli, di chi scappa ma anche un gran senso di impotenza. 

Anche il Covid è stata una guerra che non è ancora finita ma in questo caso non eravamo impotenti, ognuno sapeva cosa avrebbe dovuto fare: lavarsi le mani, portare la mascherina, vaccinarsi, non assembrarsi. Eravamo solo un po’ storditi dalle direttive spesso contraddittorie o confuse da parte delle autorità sanitarie, travolte dalle comparsate di virologi di secondo piano.

Con la guerra dell’Ucraina l’unica cosa che possiamo fare è accogliere i profughi e armare la Resistenza ma il nostro contributo finisce lì: non siamo in grado di condizionare personalmente in alcun modo la scelte che i Governi fanno: il distacco tra Paese e istituzioni non è mai stato così grande. I signori della guerra sono sempre al lavoro. I signori della guerra sono tutti uomini:in, in mezzo a loro avete mai visto una donna?

Eppure sono la metà del mondo, relegate come sempre al ruolo di madri coi bambini in braccio o per mano e a piangere i mariti o già moti o a combattere. Avrebbero diritto a partecipare alle scelte visto che in caso di guerra ne sopportano storiche conseguenze.

Nelle cronache e nei commenti della guerra ucraina non si parla dell’enorme distruzioni di ricchezza di un Paese e nemmeno del costo delle armi quasi fossero insignificanti effetti collaterali.

È il vero successo del globalismo senza regole e dell’economia che  insegue il modello del consumismo e della crescita a tutti i costi: a questo modello di sviluppo si immola tutto. Molti lo avevano previsto, profeti inascoltati.

E Milano?

Milano tace e la sua classe politica osserva solo l’immancabile generosità dei milanesi, come se avesse riavvolto la pellicola a prima del  24 febbraio 2022.

Lo si è capito ieri pomeriggio (22.03) nella sala Buzzati del Corriere della Sera nel convegno Milano al futuro a cominciare dal breve video di introduzione del sindaco Sala che ha ripetuto il suo piccolo fervorino tra “città inclusiva”, “transizione verde”,  “digitalizzazione”, “periferie”, “edilizia sociale”, “collaborazione tra pubblico e privato”, …….

Subito dopo ecco un breve spot pubblicitario di Benedetta Tagliabue fondatrice e Head Architect  di studio EMBT che sembrava parlasse a nome di tutte le archistar, anche loro forse sono fermi a prima del 23 febbraio come tutti gli altri partecipanti alla tavola rotonda.

Solo due volte durante la serata è sbucato il nome Ucraina.

Chi sperava se ne parlasse proprio pensando al dopo Ucraina, magari discutendo del Modello Milano, è rimasto deluso.

Troppo presto per parlarne seriamente?

Aspettiamo, impazienti.

Luca Beltrami Gadola

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  1. Sergio D'AgostiniCaro Luca, da ultraottantenne vivo gli stessi ricordi e sensazioni, che hai saputo esprimere cosi bene. E soprattutto quel paralizzante senso di impotenza. Tuttavia, bisogna andare avanti: per parte mia cercando di contribuire a dare gambe almeno a una parte degli slogan del "fervorino" evitando che restino "buone intenzioni"
    23 marzo 2022 • 09:44Rispondi
    • ENNIO GALANTEAnche io ultraottantenne, però non ho votato Beppe Sala perchè avevo già capito che è un maneggione buono per tutte le stagioni. Fondamentalmente un allievo di Donna Letizia, adoratore del dio Dané (e del cemento).
      6 aprile 2022 • 19:27
  2. fiorello cortianaUn esempio indegno di Milano ma, come si dice in questi casi, 'un segno dei tempi'. Per fortuna, per contrapposizione dialettica, l'incontro promosso qualche domenica fa dal Parenti, da Repubblica e Linkiesta, ha visto Milano ospitare belle persone, belle memorie, drammatiche e dignitose testimonianze , che hanno condiviso con la sala piena una consapevolezza ed una lucidità importanti. Non smettiamo di provarci.
    23 marzo 2022 • 17:37Rispondi
  3. DanieleNon ho superato gli ottanta, ho ancora qualche anno anche se non troppi, per sperare di veder finito questo periodo, però Radio Londra l'ho ben presente, mia nonna era custode di un palazzo di Piazza Castello, a Milano, i suoi racconti, le fiabe, le erano sconosciute, erano racconti di guerra da poco finita, mi ha raccontato questo, molte volte nel nostro vivere in comune; nel palazzo c'era Il Colonnello Stevens nostrano, ovvero un attore che aveva la stessa voce e la cadenza dell'originale, e tutte le sere si collegava con questo impianto radio, dall'ufficio occupato presumibilmente dai servizi segreti, anch'essi nostrani, questo diffondeva notizie e parole d'ordine false, per generare confusione negli ascoltatori della Resistenti, che dovevano predisporre per i lanci notturni di armi e vettovaglie, ed ogni tanto mia nonna lo andava ripetendo, con un fare di segreto, e mi generava anche una certa paura, per l'enfasi che metteva nel racconto, compreso quel ta ta ta pun... ed ancora oggi mi si è inchiodato in mente, però ho notato, che nessuno negli anni ne abbia parlato, ma mio padre mi disse che era vero, aveva visto quell'appartamento dopo quando ci fù il fuggi fuggi generale, aveva anche conosciuto questo falso colonnello, tra l'altro spesso ubriaco, per rendere più credibile e veritiera la sua cantilena di falso inglese.
    27 marzo 2022 • 22:00Rispondi
  4. DanielePost S. Ho postato questo scritto precedente, anche se un poco fuori tema, perchè mi sono ben reso conto che il nostro Signor Sindaco ed accoliti, anche giustamente magari, perchè io signornessuno, è tempo che con i miei limiti dico e critico, ma non conta , anzi conta zero, quindi il mio dissenso me lo racconto allo specchio, tanto ottiene lo stesso risultato. Mi auguro di cuore una cosa sola, che questi inpolitici, non diano del pistola a Putin, visto che sono tentati d'imitare l'Americanizzazione, perché poi potrebbero coinvolgerci in ritorsioni.
    27 marzo 2022 • 22:14Rispondi
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