12 ottobre 2021
IL MILANESE IMPIGRITO
Chi ha votato Sala e chi no
“Sentirò tutti poi deciderò io”. Queste sono parole pronunciate da Sala nelle prima conferenza stampa dopo le elezioni. Bonapartismo puro. Il 30 maggio del 2011 durante il comizio in Piazza del Duomo, Giuliano Pisapia disse: «Non lasciatemi solo perché abbiamo scoperto che insieme siamo fortissimi. Sarò il vostro sindaco, sarò il nostro sindaco».
Altro stile, quello della “forza gentile” di Pisapia che durante la sua sindacatura criticai spesso per le sue scelte urbanistiche: oggi lo rimpiango. Ridateci Pisapia.
Nessun sindaco socialista (ma anche di centro-destra) in passato avrebbe mai detto una cosa simile, tanto antidemocratica: il bonapartismo porta sempre ad involuzioni antidemocratiche.
Nella stessa conferenza stampa Sala in due parole ha fatto l’identikit di chi ha votato per lui; io, pur non essendo un sociologo sondaggista, aggiungo qualcosa.
Il voto per Sala è stato assolutamente trasversale, da destra a sinistra.
Lo hanno votato quelli che amano il suo “modello Milano”: per chi può permetterselo, la città che offre una qualità della vita ottima e lo testimoniano le classifiche internazionali fatte a prescindere da quanti ne godano.
Lo ha votato chi ama uno skyline che dia l’illusione di essere come New York (o Dubai), chi propende per la città divertimentificio, una città ” à la page”, “prêt-à-porter“, chi culla l’ambizione di essere in una città europea, chi non può fare a meno del ristorante, dell’apericena, chi ama i “vernissage” e piange se non viene invitato, chi si fa i selfie appena accosta qualcuno noto al grande pubblico, i giovanotti che lavorano nella finanza e si strizzano la pancia in giacche che sembrano corsetti, chi sa che a Milano si può fare carriera a prescindere, chi vuole che non si sollevino i tappeti per vedere cosa c’è sotto, magari di imbarazzante. E molti altri ancora.
Sbagliano? Secondo me sì: è una scelta di comodo, di pigrizia venata da quel tanto di egoismo sociale che ti fa voltare la testa dall’altra parte per non vedere.
Una volta, qualche decennio fa, Milano era nota per due sue virtù: la laboriosità e la parsimonia. Poi lentamente le cose sono cambiate soprattutto con l’arrivo dell’onda craxiana, della politica spettacolo, con le piramidi di Panseca nel 1989 all’Ansaldo per il congresso del PSI: la Milano da bere.
Il modello Milano di Sala è il punto di arrivo di una trasformazione antropologica di una parte della città, 1/4, non tutta: oggi superficiale, pigra, app dipendente, il cui emblema è la pubblicità di Glovo: due ragazzi che si fanno arrivare a casa due coppe di gelato indifferenti al fatto che facciano pedalare per quattro soldi un povero Cristo.
E degli altri 3/4 che ne facciamo: poco meno del 15% sono voti per Bernardo, qualche percento va alle altre liste e ci resta il 53% di astenuti.
Chi sono gli astenuti, quale è il loro identikit? Analisi dificilisima da fare partendo dai dati emersi dalle urne e c’è una folta schiera di teorici che si sono cimentati in questo tipo di analisi ma l’interesse della politica a dedicare attenzione al fenomeno dell’astensione è quasi nulla.
Tra gli astensionisti ci soni i vecchi e i malati, quelli che non possono fisicamente andare a votare. C’è lo zoccolo duro di quelli che da sempre non votano per i più vari motivi e in fine ci sono quelli che avrebbero votato a destra ma Bernardo non li ha trascinati al seggio, ci sono quelli che avrebbero votato a sinistra o al centrosinistra ma non hanno trovato in Sala un candidato che ripondesse alle loro aspettative e alle loro istanze, quelli che contestano il suo “modello Milano”.
Quanti sono questi ultimi? Dificile a dirsi, ovviamente molti di più di quanti contestino Sala dalle colonne di ArcipelagoMilano, basti pensare ai molti comitati nati per opporsi alle scelte urbanistiche di questa amministrazione.
Pochi o tanti che siano, hanno capito che l’essere ascoltati o rappresentati è un’impresa dificile e soprattutto non sembrano esserci le premesse, viste le prime dichiarazioni di Sala.
L’astensionismo continua a crescere e questo comunque è un problema, sopratutto per quello che, per il momento a parole, si intenda fare per contrastare l’inquinamento e in genere i problemi ambientali: il consenso dei cittadini è fondamentale perchè è dai cambiamento dei comportamenti dei cittadini da dove si deve per forza passare.
Governi e Comuni che si reggono con il consenso di1/4 dei cittadini sono assolutamente inadeguati.
Luca Beltrami Gadola
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