21 marzo 2021

IL CAPITALE UMANO VUOLE DARE UNA MANO

Dibattito. Anni 70: il Sindacato nelle Assicurazioni e oltre


Francesco Bizzotto intervista Giorgio Ceriani, leader sindacale milanese e poi segretario generale della Fila Cisl. Vicino a Pierre Carniti e al cardinale Martini, rivaluta i sentimenti e l’impegno, il rischio personale e la soddisfazione nelle relazioni (da misurare). Vitalità delle idee della Cisl: dalla autonomia di contrattazione al Fondo dello 0,5% alla Concertazione. La Flessibilità europea come chance di rafforzamento sia del lavoro sia dell’impresa che, insieme, possono salvare l’Europa. È il messaggio degli anni 70, del nostro lungo 68 e del fermento cattolico avviato dal Papa gentile (Giovanni XXIII) l’11 ottobre 1962 con il Concilio Vaticano II.

bizzotto

DOMANDA (F. Bizzotto). Giorgio Ceriani, siamo lieti di ospitarti. Come ricordi tu e come hai letto il mio resoconto dell’impegno sindacale negli anni 70?

RISPOSTA (Giorgio Ceriani). Ti ringrazio per l’invito e saluto i lettori. Ci ho pensato… Andrebbe studiata quella stagione. Si trattava di un mix di intuizioni e aspirazioni, richieste e disponibilità, in un contesto esplosivo: dai Beatles alla guerra in Vietnam. Il tuo è un bel contributo: personale, mirato (sei stato e sei un interprete) e venato di passione, di sentimenti. Era ed è così. L’impegno che vuole prescindervi (in tutti gli ambiti) è falso.

D. Penso alle molte attività, al sistema sanitario sotto pressione. Cosa vuoi dire?

R. Passione, sentimenti e forte personalizzazione (piegarsi sulla singola persona): sono chiavi di modernità. Significano autenticità, disponibilità a rischiare e impegno, per soddisfare i riferimenti, i clienti, gli utenti. Andrebbero sempre valutati, misurati, i rischi e il grado di soddisfazione! Nelle attività istituzionali e anche d’impresa. Molte aziende lo fanno.

D. Com’era il clima nelle compagnie di Assicurazione degli anni 70?

R. Esaltante, come tu hai detto. E montante: c’era un crescendo di attesa e maturazione cui abbiamo dato sbocco parziale. Hai ricordato la difficile stagione (gli attentati, le Brigate Rosse) e hai giustificato le chiusure. Era difficile fare di più. Ma, c’è rimasto un sospeso. La discussione in azienda, tra le forze sociali protagoniste, non è finita. Ha lasciato tutti un po’ insoddisfatti. E sono d’accordo con te quando dici che l’impresa è in ricerca. Penso lo sia anche il Sindacato. C’è un fuoco sotto la cenere. Bisogna averne cura.

D. Carlo Bonomi, da presidente di Assolombarda, ha fatto spesso riferimento alle competenze, al Capitale umano da valorizzare, formare, rispettare.

R. Sì. Solo che i problemi di contesto (la pandemia, la ripresa produttiva, l’Intelligenza artificiale, il 5G, gli equilibri mondiali) fanno passare in subordine le scelte micro, aziendali. Credo sia l’errore. Richiamo, se mi è permesso, la lezione del cardinale Martini (nominato arcivescovo di Milano il 29 dicembre del 1979). Ci direbbe: Osserva le piccole cose, i gesti, le relazioni, anche d’impresa; mettici un po’ di passione; sii un po’ più giusto. Da lì usciranno le risposte per i piccoli problemi e anche per quelli di scenario. Coraggio, fa un passo!

D. Hai sempre ammirato Martini: profetico. Traduco le sue parole in lingua aziendale: apriti, esci dagli schemi, anticipa; curati delle risorse, mira alla qualità e al servizio (che creano belle esperienze di relazione e mutano il contesto), senza pretendere che ti sia tutto chiaro. Rischia e metti in conto qualche brutta figura…

R. Sì. Questo, mi pare sia il terreno dei grandi, anche in Politica. Così si vince insieme.

D. Martini era attento ai temi del lavoro. Un giovane direbbe: non siamo messi bene.

R. Mi piace l’ottica europea: Politiche attive in forti Istituzioni. Per anticipare i problemi (per quanto possibile), abbattere i costi, includere i giovani e responsabilizzare. E rendere sostenibili le scelte (anche tecnologiche). È l’orientamento dell’ONU, unanimemente condiviso: Sostenibilità ambientale, Inclusione sociale, Governance trasparente – ESG.

D. Sei stato vicino a Pierre Carniti (1936 – 2018): voleva il Sindacato soggetto autonomo sia di proposte sia di contrattazione; attore a tutto campo, in particolare sul terreno del concreto fare impresa. La sua idea forse più bella è stata quella di un Fondo d’investimento del Sindacato (con lo 0,5% delle buste paga) con cui gradualmente fare scelte, dare indicazioni. Idea cassata dai partiti. Sarebbe, oggi, una significativa potenza. Com’è andata?

R. Pierre Carniti era intuitivo, fortemente unitario e autonomo dai partiti (non contro). Era per la contrattazione articolata dal nazionale al territorio all’azienda: per aderire, contribuire, prendere parte (in tutti i sensi). Diceva: dobbiamo “osare più democrazia”. E voleva la riduzione di base dell’orario di lavoro (aprire, coinvolgere i giovani, essere flessibili, realisti) per darne anche a chi non l’aveva. Sul Fondo dello 0,5%: sì, i partiti furono contro. Il Pci in particolare, e quindi la Cgil. Un’occasione persa. Avrebbe rilanciato l’iniziativa del Sindacato e aiutato chi innova. Non so dei volumi. Cifre importanti.

D. È di Carniti l’idea della Concertazione tra Istituzioni e Sindacato?

R. Sì. Per coinvolgere e rendere trasparenti le scelte; non per imporre. C’è stato uno stravolgimento della proposta; una chiusura che ha indebolito sia l’impresa sia i lavoratori.

D. In effetti… Anche la Flessibilità sul lavoro voluta dall’Europa da noi è stata declinata come arretramento, assistenza ed esclusione, non come coinvolgimento, responsabilità, dialogo e contrattazione di alto livello. Cassa integrazione a gogò e sventagliate di formazione, anziché imprenditività, investimento mirato, rischio.

R. Sono d’accordo. Escludere e precarizzare il lavoro significa isolare l’imprenditore, ridurlo a fare conto solo sulla tecnica, indebolire l’azienda. Questa, ha bisogno di impegno, cura e creatività diffusi. Per innovare l’offerta, i servizi, le garanzie, e farsi apprezzare nel mondo. Lo sta facendo con successo, e non basta. È il punto critico, e l’impresa è sola. Il Capitale umano vuole e può dare una mano, più di quanto stia facendo. Si deve trovare il modo. Sì. Forse è il vero messaggio degli anni 70. E anche del nostro lungo 68 e del fermento cattolico avviato da Papa Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962 con il Concilio Vaticano II.

D. Un flusso, una corrente vitale che consente all’Occidente, all’Europa, di sperare e di crescere in termini sostenibili (per via d’innovazione) e insieme in termini di libertà personale e di qualità relazionale. Sono ottimista. E tu?

R. Desidero esserlo. Questa Europa al femminile ha la mia fiducia. Spero guardi ancor più all’Africa (realtà a noi così vicina) che oggi si unisce e che soffre. Può aiutarla, con reciproco vantaggio, a crescere in benessere, giustizia e pace. Le culture africana ed europea si capiscono e possono contribuire a salvare la Terra.

Francesco Bizzotto



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