26 gennaio 2021

DOVE LA REDDITIVITÀ È GARANTITA NON SERVE IL MERCATO.

Tariffe amministrate e contributi pubblici


Se è vero che l’arrivo di Renato Mazzoncini al vertice di A2A ha fatto rumore è anche vero che molti osservatori sono preoccupati di quale sarà il futuro della più grande Multiutility italiana, A2A S.p.A., controllata dai Comune di Milano e di Brescia.

Renato Mazzoncini, l’ex renziano che era a capo del gruppo Fs, ora fa discutere per l’ombra gettata su di lui dal tribunale di Parma che recentemente l’ha rinviato a giudizio per turbativa d’asta nell’inchiesta sull’appalto per il trasporto pubblico di Parma vinto nel 2017 da Busitalia-Autoguidovie (gruppo FS). Rinvio a giudizio che si aggiunge a quello dei giudici di Perugia dello scorso giugno 2018 per truffa dove l’ex numero uno delle Ferrovie dello Stato, secondo i giudici, avrebbe falsato i dati di traffico per la concessione di contributi per poco meno di sei milioni di euro dalla Regione Umbria.

L’unica cosa che i cittadini bresciani e milanesi sanno di A2A – oltre alle poco confortevoli notizie giudiziarie a carico del nuovo Amministratore Delegato che svolge anche la funzione di Direttore Generale con altri 500.000 euro annui aggiuntivi – è che Brescia e Milano controllano il 50% del pacchetto azionario con il 25% l’una e che negli ultimi anni i dividendi erogati sono definiti da record dai giornali locali e anche nazionali: si parla anche al bar di politica dei dividendi.

A2A è considerata una gallina dalle uova d’oro e non solo per i due Comuni che in questo anno pandemico ricevono circa 65 milioni di euro cadauno pari a circa euro 0,075 per azione, ma anche per il rimanente 49% degli altri azionisti che ricevono gli altri 130 milioni di euro. Cresce la presenza dei fondi comuni di investimento che controllano l’unica lista di minoranza che vede eletti 2 membri nel Consiglio di Amministrazione ed il Presidente del Collegio Sindacale. Se non ci fossero i cittadini critici, che intervengono dal 2007 nelle assemblee annuali e si attivano per tutelare il patrimonio come avvenuto per il ritiro dalla folle avventura del Montenegro del 2009 o per evitare nel 2019 il demenziale acquisto di Sorgenia, potremmo affermare che i fondi comuni d’investimento, con una % ancora poco significativa, controllano il 49% di A2A

La politica dei dividendi, che comporta l’erogazione di larga parte degli utili agli azionisti in alternativa ad investimenti ed a riduzione di tariffe, deve continuare sia per esigenze di cassa dei Comuni – più Brescia meno Milano come si vede nella tabella dividendi 2018 del Centro di informazione dei cittadini bresciani ISOLDIDITUTTI – sia per le preferenze del mercato azionario. Ai dividendi nei prossimi anni si dovranno quindi destinare gli utili nei settori regolati con tariffe amministrate quali la gestione del ciclo dei rifiuti, le reti di energia elettrica e gas, del teleriscaldamento, del servizio idrico e le nuove attività in vari settori dall’informatica alla edilizia scolastica alla mobilità dove saranno stanziati contributi e finanziamenti pubblici. Transizione ambientale, tutela dell’ambiente, innovazione ecologica e economia circolare, saranno adeguati alla politica dei dividendi e comunque legati esclusivamente a risorse finanziarie aggiuntive garantite dallo Stato.

La ossessiva erogazione di dividendi sempre maggiori attraverso la via della concentrazione aziendale, diventata prioritaria ed unica strategia a disposizione, ci spinge ad un confronto col passato.  Un altro interessante contributo del Centro bresciano ISOLDIDITUTTI documenta, dopo la fusione del 2007 tra Brescia e Milano e l’apertura al mercato del 1 gennaio 2008, il crollo della redditività dell’asset bresciano. Asset che quando era gestito da ASM quotata in borsa a totale controllo del Comune di Brescia aveva una redditività doppia di quella attuale: infatti nel 2005 il Comune di Brescia controllava il 67% della piccola ASM e riceveva dividendi per 64 milioni di euro pari a 0,13 euro per azione.

Con questa fusione non solo si registrò una perdita di valore territoriale della Multiutility e una scarsa propensione agli investimenti in innovazione ambientale ma anche una perdita di autonomia territoriale dell’azione di tutela ambientale. Ed è forse per questo motivo che l’accorpamento che era in atto negli ultimi tempi tra A2A e la veronese AGSM si è fermato bruscamente. Era in corso un’altra svendita degli asset con una procedura (opaca) priva di gara pubblica che avrebbe sottodimensionato il valore e il potere decisionale dell’aziende venete.

Cesare Giovanardi e Dario Balotta

Città Open Bilanci

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Confronti ASM e A2A

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  1. Cesare GiovanardiSarebbe interessante anche pubblicare le 2 tabelle citate nell'articolo.
    5 febbraio 2021 • 10:20Rispondi
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