19 gennaio 2021

BEPPE SALA: “VERDE CHE TE QUIERO VERDE” *

Nella città verde si muove l’uomo disarmato


Il sindaco Sala è partito alla grande nell’organizzazione della sua campagna elettorale e come prima mossa ha invitato i “verdi” milanesi a far parte della sua squadra. Elena Grandi, Vicepresidente del Municipio 1 e Assessora al Verde e Arredo Urbano, Demanio, Ambiente, si è affrettata a dire che sui temi “verdi” manterrà il punto, a cominciare dalla questione Stadio Meazza. Speriamo che tenga il punto anche su altre questioni.

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Ha detto anche un’altra cosa importante: “Milano come laboratorio politico”.

Cosa siano i Verdi a Milano non ho mai capito bene, se siano più ecologisti o ambientalisti ma di questa ambiguità se ne parlerà ancora e sui movimenti verdi e la loro natura si è già scritto molto.

Quello che preme di sapere è dove finisca il loro orizzonte, non solo a Milano ma in Italia per capire il loro ruolo in un mondo di uomini e partiti politici che alla vigilia di scontri elettorali si danno una mano di verde destinata a sparire rapidamente dal loro radar.

Sino ad ora i “verdi” sembra abbiano avuto esclusivamente come orizzonte la biosfera e tutti i suoi ecosistemi e da qualche tempo tra questi ultimi ha preso visibilità l’ecosistema urbano, l’obbiettivo è dunque la tutela di tutti gli ecosistemi, compreso quello urbano.

La realtà è che la loro lotta è essenzialmente volta a rimediare agli errori ambientali storici del passato, alle conseguenze di attività dell’uomo che stanno portando alla distruzione del pianeta e dei suoi abitanti.

Chi ha dato inizio a quelle attività era in grado di prevederne le conseguenze? Quando aprirono le prime miniere di carbone, all’inizio del 1800, le aziende concessionarie si erano mai poste il problema? Che fossero nocive alla salute di minatori lo sapevano benissimo perché, da che mondo è mondo, l’estrazione di minerali ha avuto un costo altissimo di vita umane ma nessuno era in grado di valutare gli effetti provocati dall’uso del minerale estratto.

Gli strumenti scientifici, le conoscenze, le ricerche in materia sanitaria non permettevano probabilmente previsioni e comunque la cultura del “progresso” travolgeva tutto.

Questo pone il problema delle responsabilità di cui parleremo più avanti ma contemporaneamente pone un altro problema: dotati come siamo di strumenti di analisi sofisticatissimi, di gestione dei dati senza quasi limiti, di capacità di conoscenza delle attività umane e del loro trend, chi si sta preoccupando dei futuri possibili effetti negativi delle attività oggi nascenti? Chi se ne dovrebbe occupare istituzionalmente?

Dovrebbero occuparsene certamente solo i verdi?! ……

Potrebbero anche occuparsi dell’ecosistema digitale, una new entry.

La digitalizzazione sta aprendo scenari nuovi che, spalancate le porte all’uso dell’intelligenza artificiale e dell’utilizzazione di algoritmi ha posto sul tappeto problemi dei quali si stanno occupando istituzioni governative, gruppi di ricerca in tutto il mondo, dai problemi giuridici – la responsabilità civile e penale – ma anche problemi etici. Sotto sotto una lotta sorda tra chi non vuole regole e chi le vorrebbe.

Uno degli impieghi più diffusi dell’intelligenza artificiale e delle sue applicazioni sta nella sostituzione dell’uomo in alcune sue attività che vengono “delegate” a macchine (i robot) ma anche a strutture che svolgono attività strettamente intellettuali come l’allestimento di archivi e la loro consultazione tanto per citarne una tra mille.

A nessuno sarà sfuggita la pubblicità di un provider di connessione Internet che mostra un chirurgo in vacanza che da remoto aziona un robot che sta eseguendo un’operazione chirurgica.

A nessuno sarà sfuggita la vicenda Tesla con la sua automobile a guida automatica e le sperimentazioni in corso anche da parte di altri costruttori e del problema che si creerebbe, comprensibile per tutti, di chi sia il responsabile per eventuali incidenti.

Chi paga gli errori? E questo è uno degli infiniti problemi della digitalizzazione+intelligenza artificiale. Per gli appassionati al tema la bibliografia è sconfinata.

La stessa natura di problemi si pone banalmente per tutte le applicazioni che abbiamo sul nostro smartphone” che in effetti dichiara sin dal suo nome la sua natura: smart-phone, telefono intelligente.

Per restare nella totale banalità se l’applicazione Google Maps del vostro smartphone vi portasse ad un indirizzo sbagliato e voi perdeste una importante occasione d’affari, se voleste intentare una causa a chi la intentereste? A Sergey Brine ‎Larry Page, proprietari di Google? Avrebbero mille modi di difendersi cominciando col dire che in qualunque sistema di intelligenza artificiale c’è un margine statistico di errore. Spacciati! Almeno fino a quando il legislatore chiarirà il problema della “responsabilità” nell’ecosistema digitale.

L’ecosistema digitale è dunque una nuova immensa foresta nella quale l’uomo è costretto a muoversi ma senza armi di difesa personale, è costretto perché non può restare fermo o nascondersi pena la sua emarginazione dal consesso civile. Comunque la battaglia contro la “cattura” dei nostri profili personali l’abbiamo persa da tempo e questo lo sanno tutti ma, come si dice, perdere una battaglia non vuol dire perdere la guerra.

Si può fare a meno della smartphone visto che alcune operazioni di contatto con la pubblica amministrazione o passano di lì o non passano? Contatti che in alcuni casi sono “di legge”? Magari incentivati anche se con nessun successo come l’app IMMUNI?

Ma se l’ecosistema digitale è un luogo pericoloso chi ci difende istituzionalmente? Che ne sappiamo noi delle “app” e dei siti che frequentiamo? Nulla. Abbiamo, se siamo coscienti del pericolo latente, l’unica arma di non fare un “click” a caso tutte le volte che ce lo chiedono.

Nel nostro Paese chi è delegato a difenderci?

A oggi, che io sappia, solo l’AGID, l’Agenzia per l’Italia digitale che fa capo alla Presidenza del Consiglio e prevede nella sua struttura il “Difensore civico per il digitale” ma quest’ultimo si occupa solo di difendere il nostro diritto di accesso al mondo digitale, come ad esempio di ottenere lo SPID (il Sistema Pubblico di Identità Digitale), a sua volta necessario per interagire con la Pubblica amministrazione.

In buona sostanza ci spiana solo la strada per addentrarci nell’ecosistema digitale ma non ci difende dai suoi pericoli.

Quanti sono i “nemici”? Chi ruba il tuo profilo, chi ti manda delle fake news, gli hacker, chi cerca di influenzare le tue opinioni, chi ti allarma inutilmente ……

E noi, dico voi ed io, cosa possiamo fare? Salvo autoescluderci dall’ecosistema digitale?

Dovremmo quantomeno sapere con chi abbiamo a che fare, vedere in faccia il nostro nemico ma come si fa?

Dovremmo chiedere che obbligatoriamente chi ci mette a disposizione applicazioni, siti, connessione, si comporti come le aziende farmaceutiche che sono tenute ad accompagnare i loro prodotti col famoso bugiardino ** dove ci dicono chi sono, a cosa serve il prodotto, qual è l’uso corretto, quali sono le controindicazioni e per finire quali sono i “pericoli” che corriamo nell’assumerlo: ecco così dovrebbe essere il bugiardino del digitale, controllato da un ente come l’Agenzia del farmaco per le società farmaceutiche.

Ci arriveremo? Difficilissimo perché i players del mondo del digitale lo vedranno come il fumo negli occhi e la loro lobby è la più potente al mondo. Perché dovrebbero assumersi nuove responsabilità e aprire il varco a probabili azioni giudiziarie? Così almeno noi avremmo, forse, la prima arma di difesa personale.

E Milano dove sta in questo scenario?

Come altrove, e l’Assessorato alla Trasformazione digitale ha un’area speciale dove non si affaccia nemmeno l’ipotesi di una difesa dei cittadini immersi nell’ecosistema digitale ma se ne facilita solo l’ingresso e vi si legge: “È nata quindi la nuova visione Digital Care: il digitale che si “prende cura” delle persone e della Città, in una visione strategica trasversale agli ambiti di azione del Comune di Milano. La visione “human centric” ovvero quella in cui il cittadino è al centro è stata quindi ultriormente (sic!) potenziata e ampliata: il digitale affianca tutti i cittadini (con particolare attenzione alle categorie fragili) nelle necessità quotidiane, amplia i servizi, costruisce una cultura inclusiva per garantire a tutti l’accesso alla rete e fornire le competenze per farlo.”.

Questa visione “human centric” però non vede il cittadino “solo e disarmato”.

Possiamo sperare che i “verdi” si occupino di questo ecosistema? Un vero tema da laboratorio politico.

Luca Beltrami Gadola

*) Federico Garcia Lorca – Verde que te quiero verde
**) Vedi sul tema “bugiardino” INTALLIGENZA ARTIFICIALE – A cura di Stefano Quintarelli – Bollati Boringhieri



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  1. Lucia PivaCaro Luca, sono completamente d'accordo con te. Hai evidenziato perfettamente il nostro smarrimento circa tutto il mondo digitale di cui, noi cresciuti in un sistema culturale che aveva i suoi precisi riferimenti, ci perdiamo quotidianamente cercando di tutelare il nostro privato, ahimè invano !
    20 gennaio 2021 • 21:22Rispondi
  2. Lucia PivaChiedo scusa ! Errore di battuta :" in cui " e non "di cui"
    20 gennaio 2021 • 22:22Rispondi
  3. Pierfrancesco SacerdotiArticolo molto interessante, che invita alla riflessione e apre a scenari ignoti e vertiginosi: grazie. Ne approfitto per segnalare una cosa che molti danno per scontata ma che non lo è affatto: si crede comunemente che ci sia uno spartiacque netto tra chi è "nativo digitale" (i nati dal 2000 in avanti, anno più, anno meno) e chi non lo è perché nato prima. In realtà – è una cosa che ho capito parlando con gli studenti universitari che ho seguito l'anno scorso nella prima fase della didattica a distanza (marzo-giugno 2020) – molti giovani si trovano in difficoltà e a disagio nell'uso delle nuove tecnologie, mentre ci sono, viceversa, molte persone delle generazioni precedenti che le usano abitualmente senza alcun problema e talvolta anche con grande disinvoltura. Questo lascia pensare che ci siano persone "portate" per l'uso e la comprensione delle tecnologie digitali, così come avviene per le discipline tradizionali e consolidate, per esempio il disegno, le lingue, la matematica, gli sport. Chissà...
    21 gennaio 2021 • 23:23Rispondi
  4. Daniele“È nata quindi la nuova visione Digital Care.....il digitale affianca tutti i cittadini (con particolare attenzione alle categorie fragili).... costruisce una cultura inclusiva per garantire a tutti l’accesso alla rete e fornire le competenze per farlo.”.... . A questo punto non mi rimane che autoobbligarmi, specchiarmi e vedermi fragile (come una statuina di gesso e termine peggiore non c’era) senza più vie d’uscita, ovvero un fondale senza orizzonte, avrò e non ho ben inteso, un’assistenza Digitale per apprendere il digitale, o un assistenza digitale, per salute ricoveri, e relative pratiche amministrative del pre e del post ?, immagino ambedue. Mi tocca ripetere che a questo punto “ Chi ha avuto ha avuto, dimentichiamoci il passato e la pianto lì ” Il futuro corto che stà fi fronte sarebbe stato difficile, ma ora sarà anche peggio, però agli anziani (i fragili) non danno esenzioni, tagliano ancor di più il già corto futuro.
    23 gennaio 2021 • 17:40Rispondi
  5. stefano costaA proposito dei Verdi e del loro impegno per l'ecosistema digitale e per la tutela della privacy proprio di oggi https://fb.watch/3jDcqMKi_o/
    29 gennaio 2021 • 11:32Rispondi
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