14 luglio 2020
“PIATTAFORMA PER MILANO” IL FUTURO È POSSIBILE
Se già ci fosse sapremmo come gestire il dopo Covid
14 luglio 2020
Se già ci fosse sapremmo come gestire il dopo Covid
Eccoci qua, ogni promessa è debito e dunque parliamo della città di chi la governa e di che strumenti avrebbe bisogno. Parleremo alla fine della “Piattaforma per Milano” che non ha nulla a che vedere con il famigerato “Modello Milano”. L’argomento meriterebbe ben altro spazio e competenza, anche quale semplice divulgatore e per questo mio atteggiamento un po’ didattico mi scuso verso chi sa già, comunque ci provo ma prima di farlo mi lancio in una lunga e variegata premessa.
Gli attori in scena
La classe politica. Come si forma? Su quest’argomento, che coinvolge la formazione e la vita dei Partiti si è già versato un mare di inchiostro. Io mi fermerei al concetto di competenza e cultura. Oggi poche a livello nazionale e locale. Un’ovvietà che rende purtroppo poco utili molte riflessioni: chi ha orecchie per sentire?
I politici. Perché scegliere la politica come professione? a) Per genuina passione e Raymond Aron, il filosofo francese morto nel 1983 ne ha parlato in molti dei suoi libri. b) Per desiderio di potere e di comando, un istinto umano insopprimibile e tanto per capirci i siciliani dicono: “Cumannari è megghiu ri futtiri” (connotato essenzialmente maschile). c) Per desiderio di arricchirsi, altra passione umana che non riguarda solo la classe politica. d)Per desiderio di status, altra passione diffusa non esclusiva dei politici che spesso nasconde anche il desiderio di comandare.
Le loro pulsioni. I politici si dividono poi secondo l’equilibrio tra due pulsioni: Attenzione al bene comune e dunque empatia verso i cittadini e dall’altra gli interessi personali.
La burocrazia. Tanto biasimata, è fatta di due categorie: i “civil servant” e i membri della casta. Entrambe le categorie possiedono un potere enorme ma i membri della casta, i più numerosi, sono sempre più forti a mano a mano che i politici sono meno preparati e meno competenti.
Il problema nuovo che pongo è la capacità di questi soggetti a lavorare con la “materia prima” informazione, ossia la capacità di difendere i dati pubblici, saperli manipolare e gestire grazie a piattaforme, saper trasformare questa massa cognitiva in politiche. In mancanza di queste capacità la supremazia della pubblica amministrazione è destinata a passare a soggetti privati, nella fattispecie le major dell’”intelligenza artificiale urbana” quali Amazon AWS, Google Ralph, CISCO, Allibata, ecc …. con sostanziale pregiudizio della democrazia, in quanto i cittadini verrebbero deprivati del bene comune “dati”.
La questione dei dati
Gli strumenti della conoscenza e dell’operatività per una politica amministrativa, locale e non solo, sono prevalentemente ormai di natura informatica, in un ciclo che inizia con la digitalizzazione dei dati ‘cartacei’ (anagrafe, dati sanitari, dati ambientali, dati ‘infrastrutturali quali energia, acqua, traffico, ecc.) per essere organizzati in piattaforme, manipolati grazie all’intelligenza artificiale, organizzati in nuovi servizi interattivi ‘funzionali’ (organizzazione delle utenze, dei servizi di traffico, sanitari, sicurezza, ecc.) e ‘empatici’, destinati ad aumentare il valore civico delle relazioni fra cittadino e pubblica amministrazione (es: analisi dei bisogni, consultazioni di opinione).
Nel dibattito corrente purtroppo è assente la parola “cibernetica” che è invece la grande madre di tutto quello che sta succedendo in tutti i campi dalla scienza all’organizzazione economica, sociale e politica. È un ramo della scienza pura e applicata che, partendo dall’analisi di flussi di dati, si è dedicato e si dedica allo studio della simulazione delle funzioni del cervello umano indagandone le funzioni in particolare per la capacità di autoregolarsi in funzione di sollecitazioni dall’esterno.
I dati quindi diventano la materia prima di un sistema neuronale, che applicato alla città fa parlare di “city brain”, un sistema composta da reti afferenti (gli elementi funzionali della città – residenze, servizi, fabbriche, commerci, traffico,….), che confluiscono in un sistema nervoso centrale (la pubblica amministrazione nelle sue diverse componenti), per dar luogo a un sistema efferente, costituto dai nuovi servizi ai cittadini.
Quesito importante: com’è organizzato il sistema nervoso della metropoli di Milano, in particolare, qual è la sua capacità di erogare nuovi servizi ai cittadini, quindi di rinnovarne il rapporto democratico?
La piattaforma quale ‘cervello’ rinnovato della pubblica amministrazione
La visione della Pubblica Amministrazione quale sistema nervoso centrale della società implica la sua completa riorganizzazione attraverso piattaforme, le quali richiedono il non semplice passaggio dalla tradizionale organizzazione burocratica lineare-verticale a un’organizzazione orizzontale-aperta e collaborativa, quindi ecosistemica.
Se per esempio i trasporti pubblici sono gestiti verticalmente, come si fa oggi a Milano, la strategia è solo quella di garantirne il funzionamento, in generale in maniera indifferente ad altri problemi della città. Se invece la gestione del trasporto pubblico e i suoi problemi sono elementi di una piattaforma questi vengono collegati a tutti gli altri problemi e realtà della città e ne sono condizionati ma hanno anche la capacità di influenzare le soluzioni di altri settori anch’essi alla ricerca di soluzioni specifiche.
Tutto questo insieme ha però alcuni requisiti essenziali: la riconversione da un corpo burocratico settorializzato e ‘ordinativo’, basato sulla soluzione di problemi ereditati dal passato, in un corpo creativo, teso a creare nuovo valore per la società. Un corpo quindi ‘predittivo’ capace di organizzare e rendere operative visioni.
L’esigenza di come affrontare la “visione”
La disponibilità di dati, l’affinarsi di tecniche predittive e il manifestarsi di cambiamenti ‘dirompenti’ rende sempre più attuale per la pubblica amministrazione e per il suo corpo politico operare per visioni, questo significa prendere decisioni imperfette, che devono essere continuamente corrette in base al modificarsi della realtà, in una parola questo implica infrastrutture e cultura ‘resiliente’.
La metropoli lombarda deve affrontare oggi una serie di visioni:
come affrontare il miglioramento della qualità dell’aria, dopo decenni di disattenzione agli standard raccomandati delle Organizzazioni internazionali;
come affrontare la perdita di biodiversità a causa della pressione esercitata da anomale nuove densità edilizie in un territorio già ad alta intensità inseditiva;
come affrontare la modernizzazione delle reti energetiche;
come affrontare il cambiamento degli attori sociali
Tutte questioni che oggi sono affrontate da una serie di nuovi operatori, ad esempio la lobby C40 promossa per la modernizzazione tecnologica della città o quella della Circular Economy che promuove l’evoluzione metabolica delle imprese.
Tutte questioni che attendono una risposta con una certa urgenza perché i nuovi programmi dell’UE sono basati su forti visioni di evoluzione, sia dell’ambiente sia delle ralazioni fra amministratori e cittadini, non sono cioè piani destinati a sanare la nostra scarsa capacità di affrontare situazioni nuove.
Le domande
Con quale “Visione del futuro della città” la nostra città metropolitana si appresta a rispondere ai quesiti dei programmi Next generation e del prossimo bilancio settennale, entrambi finalizzati alla rapida implementazione del Green Deal?
Come si pensa di organizzare la “Piattaforma Milano”, cervello di una metropoli che aspira a offrire un futuro post pandemico ai suoi cittadini?
Gli “attori latenti”
Sin qui abbiamo parlato sostanzialmente di problemi metodologici e tra gli attori dei quali abbiamo parlato sono rimasti fuori i “poteri forti”, le cosiddette “parti sociali” e tutte le organizzazioni che si affiancano allo Stato e alle amministrazioni locali: possono condizionare la “visione” e intervenire alla formazione della stesa. Riprenderemo dunque più avanti il discorso con quest’ottica.
Luca Beltrami Gadola
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