7 novembre 2019
MUSICISTI, CRITICI, ASCOLTATORI
L'ascoltatore dove sta?
Molti lettori di ArcipelagoMilano – fra quanti mi onorano della loro attenzione leggendo questa rubrica dedicata alla musica – mi hanno chiesto a più riprese di annunciare i concerti più interessanti, di suggerirli con adeguato anticipo per consentir loro di organizzarsi e di parteciparvi. In realtà mi piacerebbe molto farlo, soprattutto saperlo fare, perché mi rendo conto di quanto sarebbe importante raccontare le cose prima che accadano anziché riferirne dopo che sono accadute. Ma ho capito che si tratta di un altro mestiere, di gran lunga più responsabile ed impegnativo di quello che mi sforzo di fare su queste colonne, quello cioè del semplice ascoltatore; in altre parole non basterebbe essere un ascoltatore “attento ed informato” – come ho avuto più volte occasione di dire – ma occorrerebbe essere un ottimo storico o critico musicale, di fatto essere un vero e proprio musicologo e dunque in un certo senso un musicista, ancorché sui generis.
Queste richieste mi spingono, pur sapendo di correre il rischio di ripetermi, a tornare su un tema che mi è assai caro.
La musica ha bisogno per sua natura di qualcuno che la componga, di chi la esegua interpretandola, di qualcun altro che l’ascolti. Se manca uno solo di questi tre protagonisti la musica o non esiste, o non è praticamente godibile (leggendola sulla carta la si può solo immaginare), o si esaurisce nel piacere onanistico (pardon) dell’esecutore. Poi ci sono le figure dello storico e del critico, che hanno anch’esse un ruolo significativo, quello di indirizzare l’atto della composizione e/o quello dell’esecuzione/interpretazione, ed anche quello di attrezzare l’ascoltatore per fargli capire o apprezzare meglio la musica. E’ curioso che la figura dell’ascoltatore, in questo ampio organigramma di artisti e di studiosi, sia totalmente muta: eppure egli è il fruitore finale, il destinatario di tutta l’attività che si svolge intorno alla musica (si potrebbe anche dire che è il reale committente, sia del compositore che dell’esecutore, e indirettamente anche dello storico e del critico musicale), e tuttavia non ha mai l’occasione di dire cosa pensa, non fa mai un commento e – da quando i buh! sono andati in disuso – gli è consentito solo l’applauso.
Infatti l’ascoltatore non è tenuto a conoscere la storia della musica, né a saperla leggere, né a conoscere la tecnica della composizione, il funzionamento degli strumenti, i segreti dell’orchestrazione, tantomeno le sottigliezze dell’interpretazione. Non gli è proprio richiesto. Il suo compito, se così si può dire, è quello di godere la musica a prescindere, di ascoltarla per il puro piacere dello spirito. Come leggere un libro o osservare un quadro.
Ma è ben strano che nessuno chieda mai all’ascoltatore se, quanto e perché gli sia o non gli sia piaciuto un concerto o sia riuscito a goderlo. Esiste addirittura nei suoi confronti una sorta di tacita richiesta a non criticare apertamente, dopo l’ascolto, la musica o la sua esecuzione per non dispiacere gli artisti e tantomeno gli organizzatori. L’unico vero modo in cui gli ascoltatori possono esprimersi è quello di graduare l’intensità degli applausi. Un po’ poco.
Così è nata dieci anni fa questa rubrica (che con l’uscita di oggi si materializza esattamente per la quattrocentocinquantesima volta!), per rappresentare la voce dell’ascoltatore, il quale in genere non si limita ad approvare o a disapprovare, ma desidera esprime un’opinione e possibilmente motivarla; per far ciò si propone e si sforza di essere attento a ciò che ascolta e di informarsi sulle situazioni e sulle vicende che hanno accompagnato la nascita dell’opera, la storia dell’autore, e nei limiti del possibile anche degli esecutori. Egli non si sente né musicista né musicologo, tutt’al più un musicofilo con i limiti del dilettante, dell’appassionato o dell’amatore, di chi cioè pratica un’attività o si dedica a uno studio non per professione né per lucro ma per amore della cosa in sé o per passatempo.
Noi questo vogliamo essere, ascoltatori che si sforzano di prestare molta attenzione alla musica ed alla sua esecuzione (ma solo dal vivo, non manipolata attraverso le registrazioni!), che si informano quanto basta per sapere da dove arriva e dove si colloca nel quadro delle sue possibili interpretazioni, e che finalmente si tolgono la soddisfazione di esprimerne un’opinione motivata. Solo questo.
Ecco dunque perché in questa rubrica non possiamo suggerire i concerti da ascoltare; ci mancano sia gli strumenti tecnici della conoscenza, sia la professionale documentazione necessaria per sapere in anticipo che cosa ci aspetta. Disponiamo solo di quella attenzione e di quelle minime informazioni che ci permettono di ascoltare con ragionevole consapevolezza la musica che – se tutto va bene e se siamo fortunati – ci farà star bene. Ma talvolta, come i miei lettori sanno bene, ci fa anche star male!
Paolo Viola
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