10 settembre 2019
L’AUTUNNO DELLA POLITICA MILANESE
Nodi da sciogliere per la sinistra
Ci siamo levati di torno Salvini, almeno per il momento: ha basato tutto sulla paura e ne è rimasto vittima. L’uomo dei “poteri speciali” ha fatto paura all’elettorato M5s, al Pd, ai brandelli sparsi di una sinistra un po’ sconclusionata, agli imprenditori che badano all’export, al mondo della finanza che guarda alle Borse e al PIL e, per finire, ai superstiti delle generazioni che le dittature, le relative guerre e repressioni le hanno vissute sulla propria pelle e che forse poco hanno raccontato ai loro successori.
Il nuovo Governo ha portato il Paese al “reparto rianimazione” ma da questi reparti non si esce guariti ma solo pronti per essere curati e dunque siamo in attesa di una terapia. I medici sono quelli giusti?
Passata la paura di un Salvini anche nella nostra città, possiamo esprimerci senza il timore di essere considerati gli artiglieri del “fuoco amico”, cosa di cui ArcipelagoMilano è spesso accusato ma noi non vogliamo certo dare una mano all’opposizione criticando le cose che non ci piacciono. E sono tante.
Cominciamo col dire che lamentarsi perché nel Governo non ci siano lombardi è come restare fermi ai modi della politica anni ’50, quando deputati e senatori di tutti i partiti di “lunedì” , a Camere appositamente vuote, ricevevano i “clientes“, e curavano il collegio elettorale. Sottogoverno, certo, ma attraverso la viva voce dei clientes conoscevano il Paese: non tutto il male veniva per nuocere. Oggi nemmeno quello perché Twitter e Facebook danno l’ illusione dell’ubiquità.
Se Milano però vuol fare sentire la sua voce è sufficiente uscire dalle loro tane e dal calduccio dei cerchi magici e andare a Roma e se là nessuno ascolta si strilla, si va in televisione dove ci sarà sempre una soccorrevole Lilli Gruber che accenderà le telecamere ma bisogna, a quel momento, dire tutto senza compiacenza per il potere.
Dunque, visto che la stampa su carta o su video è pur sempre il cane da guardia che difende i cittadini dal potere, di qualunque colore, ecco le cose che non ci piacciono. Cominciamo dalle banalità.
Non ci piace l’operazione “Piazze aperte” – Dergano, Angilberto II e Porta Genova – l’abbiamo anche scritto. Si sono scomodati Bloomberg Associates con supporto di Nacto Global Designing Cities Initiative per fare fuffa, per pittare piazze e strada ridotte oggi già tanto male da far rimpiangere il lastrico sottostante, con un gusto tra la Pimpa e Gardaland. Vasi da vivaista di plastica nera nei quali le piante se non sono già morte moriranno perché il sole scalderà i vasi e arrostirà le radici. Evidentemente i vasi bianchi della Moratti in via Vittor Pisani li hanno già dimenticati: Maran e Granelli erano ancora nelle retrovie della politica. Per carità di patria tralasciamo le pendenze sbagliate, l’asfalto che al primo sole è già colato giù dal marciapiede: asfalti modello Blob, modello Milano.
Non ci piace assistere impotenti allo spreco di denaro per la realizzazione della seconda pista ciclabile in viale Monte Rosa, esecuzione ineccepibile e lo dico senza ironia, ma che ci costerà 3.000.000 di euro e il tutto per “miglioramento delle condizioni di ciclabilità”. Ce n’era già un tratto di pista, vecchio di anni, e già allora un qualunque osservatore ne avrebbe constatato l’inutilità: ci passavano una decina di ciclisti al giorno. Viale Monte Rosa è nell’operazione “periferie”? Danno collaterale: la carreggiata ora ristretta genera code infinite di automobili.
Non ci è piaciuta la risistemazione di Piazza della Repubblica per la realizzazione della pista ciclabile che va sui Bastioni di Porta Venezia: una delle più inutili perché in salita. Senza essere né l’ex ministro Toninelli né Marco Ponti, vorremmo che una volta per tutte si facesse una analisi costi/ricavi per capire il costo ciclista/chilometro togliendo il sospetto che le ciclabili si facciano solo pensando al punteggio nelle classifiche tra città.
Detto di passaggio, Piazza della Repubblica è diventata ora una selva di pali, semafori, spartitraffico di esecuzione discutibile. Faremo forse un dossier (vedi alla voce “depalificazione” ma anche “De Corato assessore”).
Parleremo ancora di Scali ferroviari (vedi anche alla voce “svendita beni comuni”); non ci perderemo la questione “nuovo stadio San Siro”, dove si annuncia un’operazione di “partecipazione” del modello Scali e “Riapertura Navigli”: da non ripetere. Ci risiamo con l’ingegneria del consenso.
Parleremo ancora di edilizia sociale e di mercato immobiliare.
Non crederemo alla vocazione “ambientalista” del Comune che non riesce nemmeno a far rispettare una norma che impedisca le “porte spalancate” dei negozi quando fuori fa più caldo o fa più freddo. Non crederemo alle ciliegine sulla torta di edifici a emissione zero semplicemente perché l’energia che consumano scarica la Co2 altrove (centrali elettriche).
Non crederemo alla vocazione ambientalista fin che si approveranno edifici ad uffici – ma anche abitazioni – condizionati 365 giorni all’anno perché non è previsto che per cambiare l’aria si aprano le finestre di quelle magnifiche facciate, gioia delle archistar, nemmeno nelle mezze stagioni come il buon senso vorrebbe.
Le nostre amate “archistar” non hanno mai letto le raccomandazioni delle UE sull’ economia circolare – della quale il Comune è gran paladino – riguardo l”uso dei materiali da costruzione? Raccontiamoglielo.
Vogliamo una norma che obblighi gli edifici ad uffici a spegnere le luci dopo le dieci di sera, così pure le gigantesche insegne luminose: dove è finito l’inquinamento luminoso? Il CO2 della pubblicità?
Vorremmo capire se c’è ancora qualcuno che parla di una città più equa dove i ricchi diventino meno ricchi e i poveri meno poveri. Sinistra. Rispettiamo la ricchezza, il lusso, le griffes, i ristoranti a 200 euro a persona, le case a 15.000 euro al metro quadro, ma vogliamo che una parte di questa ricchezza che si genera perché Milano c’è, perché i milanesi l’hanno fatta così, perché sono fatti così, restasse ai cittadini, a tutti ma sopratutto ai più deboli. I sistemi ci sono e ne parleremo.
Non vorremmo nemmeno più sentir parlare di “Week”, di week di questo o di quello, di varia umanità , magari sponsorizzate dal Comune ma se “week” ha da essere allora faremo anche noi la “San Tommaso week” per quelli che non ci credono se non ci mettono il naso e la “Common sense week” per quelli alla ricerca del buon senso (della politica). Qualcuno ci sponsorizzerà?
Luca Beltrami Gadola
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