7 luglio 2019

OLIMPIADI INVERNALI 2026

Molte perplessità, dubbi ma anche proposte


La grande maggioranza della stampa ufficiale ha esaltato la vincita dell’Italia nella assegnazione delle prossime Olimpiadi invernali. Poche sono state le voci di critica; pochi i segni di perplessità; scarsa la sollevazione di dubbi e la comparsa di qualche preoccupazione. Eppure il fatto dovrebbe suscitare inquietudine e timori. Prima di gettarsi in una avventura impegnativa e costosa sarebbe opportuno riflettere sulle recenti esperienze passate e sulla attuale situazione economica del paese.

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L’organizzazione delle Olimpiadi richiede chiarezza di propositi e rapidità di decisioni, entrambe prerogative che nel recente passato l’Italia no ha saputo dimostrare. Ne è un esempio la recente vicenda di Expo che dopo anni di tempo irresponsabilmente perso è stata salvata miracolosamente all’ultimo momento. Ciò tuttavia non ha impedito che vi siano stati sprechi imperdonabili nella costruzione di insulse e costose infrastrutture: passerella pedonale e cavalcavia stradale sopra l’autostrada nei pressi di Rho, entrambe opere oggi inutilizzate; tralicci in Largo Cairoli ed arco davanti alla Triennale, entrambe opere in seguito demolite. E inoltre la deplorevole mancanza di un resoconto ufficiale delle spese sostenute e mai rese pubbliche. Non sono precedenti incoraggianti.

L’organizzazione delle Olimpiadi richiede finanziamenti onerosi. Quelli elargiti dal Comitato Internazionale olimpico (C.I.O.) non sono sufficienti a coprire l’ambizioso, grandioso e costoso programma delle opere complessive come sono state pubblicate dai nostri principali quotidiani. Il maggiore ammontare delle spese previste sarà a carico dell’Italia ed il loro rientro si profila più che mai problematico se non probabilmente negativo.

Può un paese che si trova in una grave crisi economica spendere un elevato quantitativo di Euro in una operazione di nessuna utilità accertata e sicura? Le Olimpiadi assegnate all’Italia non garantiscono nessun utile diretto a gran parte della nostra popolazione e nessun vantaggio concreto neanche agli atleti, i quali se sono preparati vincono anche all’estero e se non lo sono perdono anche in Italia.

È il caso di ricordare con gratitudine il Presidente del Consiglio Mario Monti quando ebbe il coraggio di rinunciare alla candidatura dell’Italia ai Giochi Olimpici, consapevole che essi sarebbero stati un divertimento e quindi un lusso che l’Italia non poteva permettersi. E tanto meno può permetterselo oggi avendo un pesante debito pubblico difficile da sostenere ed essendo sotto la minaccia, per ora rinviata ma non esclusa, di una procedura di infrazione da parte dell’Europa.

C’è chi prevede, e sono molti, che l’effetto delle Olimpiadi sarà tale da risollevare se non tutta certo una buona parte della nostra economia. Sono previsioni infondate e miopi: la maggior parte dei futuri vantaggi riguarderà soltanto una piccola e limitata categoria di persone e tutte concentrate nel Nord Italia dove si svolgeranno i Giochi Invernali da tenersi necessariamente in prossimità dei centri sportivi alpini. Già questa necessità crea una discriminazione fra il Nord ed il Sud del nostro Paese: il Nord meno povero si arricchirà ulteriormente, il Sud più arretrato non godrà di nessun beneficio.

Per riequilibrare lo scompenso di opportunità offerte alle due diverse parti dell’Italia sarebbe auspicabile che una parte degli introiti ricevuti sia devoluto a sostegno di iniziative parascolastiche per favorire una maggiore diffusione dello sport fra quanti giovani del meridione che ne sono appassionati. Si potrebbero istituire corsi di allenamento sportivo guidati da istruttori competenti; dotare i corsi delle attrezzature più aggiornate e complete; fornire i mezzi necessari agli spostamenti delle squadre di giovani atleti. Il finanziamento sarebbe perfettamente pertinente ad una istituzione sportiva per eccellenza come sono le Olimpiadi.

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In realtà anche nel solo Nord con l’avvento delle Olimpiadi si verificheranno tristi ed ingiuste discriminazioni. Le categorie che si avvantaggeranno dei previsti finanziamenti saranno circoscritte e limitate e comprenderanno solamente pochi servizi; essi sono i gestori degli esercizi commerciali collocati in prossimità dei centri scelti per le gare; i proprietari di alberghi e ristoranti delle vicinanze delle località sportive; le agenzie di trasporto privato collegate con i luoghi delle competizioni. Non sono queste le categorie della nostra popolazione che hanno bisogno di maggiore sostegno; sono altre quelle che risentono e soffrono della attuale crisi socio-economica e che non otterranno dalle Olimpiadi nessun vantaggio concreto.

Del resto poiché le Olimpiadi del 2026 si devono ormai condurre a termine è auspicabile che non si faccia nulla di più dello stretto necessario; non si promuovano inutili manifestazioni spettacolari e trionfalistiche; non si ammetta nessun programma che sia estraneo alla sana natura dello sport; non ci si allontani da seri principi di sobrietà e di parsimonia in nome dei quali erano nate le prime Olimpiadi. Purtroppo dalle succinte e scarne previsioni annunciate dalla stampa e comparse fino ad oggi vi è il timore che le opere programmate non siano state concepite seguendo criteri di economia, di buon senso e di razionalità.

A Milano esistono due Palazzi dello Sport, uno nella periferia nord-ovest presso Lampugnano, un altro nella periferia sud-ovest presso Assago. È proprio necessario costruirne un terzo nella periferia sud-est presso il quartiere Santa Giulia? Non basta rinnovare e completare le parti edilizie e le attrezzature tecniche dei due palazzi esistenti? Che si farà del terzo palazzo quando le Olimpiadi saranno terminate?

A Milano, a Cortina d’Ampezzo, a Livigno sono previsti rispettivamente tre villaggi olimpici. Che ne sarà di questui consistenti complessi residenziali dopo la chiusura delle Olimpiadi? Si è pensato ad un loro successivo e diverso utilizzo? A Roma, nelle Olimpiadi del 1960, il Villaggio Olimpico era stato previsto per essere poi trasformato in case popolari. La stessa destinazione si potrebbe ipotizzare per il Villaggio Olimpico di Milano dove la edilizia popolare è in grave difetto; ma che fare degli altri due villaggi a Cortina e a Livigno? Sono luoghi di villeggiatura dove la popolazione locale è in continua diminuzione e dove la offerta degli alberghi e dei ristoranti è più che sufficienti a soddisfare le esigenze delle persone in vacanza. Non ci sarà bisogno né di case popolari, né di ostelli della gioventù, né di colonie per la villeggiatura. Se lo sono chiesto i frettolosi ed irresponsabili programmatori della complessa ed impegnativa macchina olimpica?

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Piuttosto che avviare la costosa e superflua edificazione dei due Villaggi alpini sarebbe più interessante pensare ad una situazione alternativa, meno difficoltosa, più economica, più ragionevole; una soluzione che sarebbe più stimolante e gratificante non soltanto per la popolazione del luogo ma anche per le squadre degli atleti. Essa consisterebbe nello stabilire un accordo con i conduttori di alberghi e di ristoranti locali per accogliere in ciascuno dei loro esercizi un adeguato numero di atleti. Sarà ovviamente indispensabile esercitare un severo controllo da parte degli organizzatori delle Olimpiadi per garantire una alta qualità dei servizi ed il migliore trattamento a favore degli eccezionali personaggi ospitati. Invece di relegare gli atleti nel ghetto del Villaggio Olimpico, dove si vedono e ritrovano soltanto fra di loro, essi verrebbero messi a contato con la popolazione locale e farebbero conoscenza con il paese in cui vengono ospitati. D’altra parte anche la popolazione locale godrebbe di una indubbia e straordinaria fortuna: vedere da vicino, conversare e fraternizzare, con quegli stesso campioni per i quali il giorno dopo farà tifo dai bordi delle piste di neve e di ghiaccio.

Per una futura Olimpiade che si proponga essere meno fantasmagorica ed appariscente di quanto non fossero le ultime organizzate all’estero sarebbe necessaria una vera dimostrazione di consapevolezza e di serietà. Una dimostrazione che purtroppo non hanno saputo dare i futuri responsabili della gestione olimpica. Li abbiamo visti alla televisione gesticolare, urlare, saltare, abbracciarsi e sbracciarsi, dimentichi del contegno che spetta alle cariche pubbliche quando si trovano di fronte ai loro cittadini; ed insensibili al rispetto che per educazione è dovuto alla nazione sconfitta.

Anche la Giuria Internazionale ci ha procurato una inaspettata delusione: ha dato meno importanza ai diligenti programmi ed ai meticolosi preventivi presentati dalla Svezia; ed è sembrato che abbia apprezzato più le nostre due brave e gentili campionesse sportive, le quali, sicuramente mal consigliate, si sono esibite in una mimica graziosa ma inopportuna.

Jacopo Gardella



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