25 giugno 2019
OLIMPIADI INVERNALI: MILANO SCOMMETTE
Inizia il percorso, aggirare gli ostacoli
25 giugno 2019
Inizia il percorso, aggirare gli ostacoli
Bene, abbiamo vinto. Abbiamo vinto la seconda scommessa: Prima Expo2015 ora le Olimpiadi invernali. Oddio la prima scommessa – aprire Expo in tempo – l’abbiamo vinta per un pelo, adesso siamo in corsa per vincere la scommessa di arrivare bene all’apertura del 6 febbraio 2026. Milano dà il meglio quando scommette. Le scommesse, tutte le scommesse, per gli italiani sono una patologia, la ludopatia, ma questa delle Olimpiadi invece ci fa bene
I giornali di ieri – 25 giugno – ci offrono paginate di commenti entusiastici, guastati solo dalla cronaca del prevedibile dissidio tra Lega e 5 stelle: la prima si vuole accreditare come vincitrice, la seconda mastica amaro per l’incauta rinuncia della Appendino. Una spina per la Lega è che il vero vincitore di questa gara sia Sala,il sindaco di Milano, centro sinistra milanese, che ha potuto mettere sul piatto della bilancia il suo indubbio successo di Expo. Insieme alla gloria ora per lui una grande responsabilità.
Spero che questa vittoria gli faccia sciogliere i dubbi che anche di recente ha manifestato su una sua ricandidatura nel 2021: una conferma che gli consentirebbe di inaugurare le Olimpiadi nel febbraio 2026. Se disgraziatamente, tutto può succedere, non dovesse vincere nel 2021 spero che a nessuno passi per il cervello di sottrargli un ruolo apicale che deve ricoprire fin da ora nella macchina organizzativa dei Giochi. Il CIO si è fidato di lui.
Come era da immaginarsi non c’è commentatore che non abbia ricordato le peripezie di EXPO2015 a cominciare dai ritardi nel definire la governance, il balletto di Lucio Stanca per la scelta della sede dei suoi uffici e che si dimette da amministratore delegato di EXPO dopo mesi di colpevole inattività, la meteora Finazzer, le lotte intestine. Non solo questo ma anche ritardi e ostacoli burocratici, pastoie amministrative, finanziamenti incerti fino all’ultimo minuto, errori di valutazione sull’utilità di alcune infrastrutture.
C’è poi il capitolo mafia e dintorni. Quante volte nella cronaca giudiziaria abbiamo “sentito” le voci di mafiosi che si preparavano per “affrontare” a modo loro il mercato delle opere pubbliche dei grandi eventi. Affrontiamo la miriade di opere pubbliche con l’abbassamento della guardia come vuole il decreto sbloccacantieri? Senza pretendere dal Governo qualcosa di più serio?
Ecco, di tutte queste cose non vorremmo più sentir parlare. Non vogliamo cronache giudiziarie, non vogliamo liti tra partner né in periferia né al centro col rischio di mandare tutto alla malora o di costringere a rischiosi sprint finali, magari per un pugno di voti.
Tutto questo fa parte della scommessa.
Ma della scommessa fanno parte anche le cosiddette ricadute di un evento come i Giochi. Tutti fanno i calcoli per capire quante e quali saranno e per chi, quale sarà il lascito sul territorio e nell’economia locale e del Paese.
Il caso di Expo2015 è stato particolare perché, a distanza di tempo sembra proprio che li lascito migliore sia quello immateriale: lo slancio, l’entusiasmo e la volontà di fare che non si è spenta, anzi. Sarà così anche per i Giochi?
Un solo grande rimpianto da costruttore. Di fronte a importanti eventi con i relativi appalti chi li gestisce preferisce aver a che fare con grandi imprese, pochi interlocutori, pochi contratti da firmare, più facili controlli. C’è un rischio: anche i grandi possono fallire o, in caso di contenzioso, possono usare l’arma del grande ricatto di un arresto dei lavori con danni di immagine incalcolabili.
Ma c’è l’aspetto del sostegno alle medie e piccole imprese che con quella strategia si vedono, se va bene, ridotte al rango di subappaltatori e viene meno il ruolo della pubblica amministrazione di sostegno alle imprese minori, soprattutto locali.
In passato molti committenti pubblici spacchettavano gli appalti più grossi per aggirare le norme di partecipazione alle gare ma soprattutto lo facevano per privilegiare le imprese amiche che non avevano le caratteristiche necessarie per concorrere.
Adesso è il momento di “spacchettare”, legittimamente, per favorire le medie e piccole imprese che sono “tutte” indistintamente amiche.
Luca Beltrami Gadola
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