18 giugno 2019
MUSEO DI MILANO O DELLA CITTÀ METROPOLITANA?
Scegliere tra autocompiacimento e visione aperta
18 giugno 2019
Scegliere tra autocompiacimento e visione aperta
Parte il dibattito pubblico sull’idea di un museo di Milano. Non che a Milano manchino i musei, spesso sconosciuti e non sempre aperti al pubblico: 20 musei che potremmo definire d’arte, 12 musei a carattere storico, 18 luoghi che proprio musei non sono ma gallerie d’arte – come il Mudec o Villa Necchi – aperti al pubblico, 13 collezioni del Castello Sforzesco e per finire 6 musei a carattere scientifico. Già che ci siamo potremmo anche parlare della loro visibilità ma andremmo fuori tema.
Veniamo all’ipotesi di un nuovo museo dedicato a Milano, perché il cosiddetto Civico Museo di Milano, quello di via Sant’Andrea, ospita solo documenti, quadri, stampe, oggetti d’arte, sulla storia della città di Milano dal Settecento alla fine dell’Ottocento. Poco dunque di questa città, sia quella passata sia quella d’oggi.
Che cosa sia oggi un museo, come lo si debba fare e per chi, al solo pensarci fa tremare le vene ai polsi perché, da frequent flyers di musei, molte volte sono rimasto interdetto di fronte a fughe in avanti verso l’interattività o l’uso di monitor per la realtà virtuale. Ma questo dipende essenzialmente dall’aver prefigurato un segmento speciale di pubblico che alla fine esclude e delude molti visitatori.
Possiamo limitarci alla definizione che ne diede l’ICOM (International Council Of Museums), alla Assemblea di Seul del 2004? “Un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. Il museo è aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone a fini di studio”. O dobbiamo chiuderci nella gabbia del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio del ministero dei Beni Culturali che lo definisce “Una struttura permanente che acquisisce, cataloga, conserva, ordina ed espone beni culturali per finalità di educazione e di studio“?
Bisogna andare oltre perché un museo è anche un fatto politico e la sua progettazione, come sempre, vede in gioco un committente e un progettista e il committente, nel caso di un museo di Milano, è la sua amministrazione pro tempore che decide per sé ma anche per chi verrà.
Spesso il progettista vive nel timore di essere accusato di non aver utilizzato, magari fino all’esasperazione, le ultime applicazioni in materia di comunicazione e spinge verso soluzioni che invecchiano, proprio per l’obsolescenza di questi strumenti. Un equilibrio difficile da trovare perché credo che un museo debba essere un investimento a lunghissimo ammortamento e non, all’opposto, una “performance” nel mondo della cultura e del sapere.
Venendo al tema, tanto per cominciare, sarei curioso di sapere cosa vi “mettiamo” in questo museo: un po’ di storia nel senso più limitativo del termine? Dalla fondazione di Milano a oggi? Ma quale storia? Quella economica, religiosa, sociale, politica, scientifica, imprenditoriale, culturale, bellica? Di tutto un po’? Del presente per far piacere agli architetti? Della modernità? Della Smart City per andare sull’onda?
Ma la domanda vera è: museo di Milano o della Città Metropolitana? C’è una risposta sola: Museo della Città Metropolitana.
Sarà la prima occasione vera di far vivere una comunità che non si fermi al perimetro del capoluogo ma che veda tutti i territori che sono dentro il perimetro della Città Metropolitana, malgrado gli errori di questa perimetrazione. Sono le propaggini delle radici che hanno alimentato la crescita e lo sviluppo del capoluogo, dobbiamo serenamente riconoscerlo se vogliamo che la Città Metropolitana abbia una sua riconoscibile identità.
Dobbiamo fare attenzione alle storie complesse di questi territori, dei loro rapporti reciproci, dei rapporti col capoluogo e, perché non, dei loro rapporti con resto del mondo, delle “vie” dei loro commerci, delle loro tradizioni e culture.
Vogliamo invece restare da soli, noi milanesi doc? Con le nostre cose, i nostri ricordi, le nostre glorie, i nostri compiacimenti, il nostro ombelico in Piazza del Duomo? Questo è il brand di una città di un milione e mezzo di abitanti destinata a implodere anche politicamente senza accorgersene. Saremmo patetici
Luca Beltrami Gadola
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