13 aprile 2019

DAL TAV LIONE –TORINO AL PIANO DEI TRASPORTI

Ancora tra tecnica e politica


Marco Ponti ha risposto in modo puntuale alle questioni che avevo posto in un mio precedente articolo sul TAV Lione -Torino e relativo traforo del Fréjus, su ArcipelagoMilano. Lo ringrazio perché ha ritenuto utile al dibattito riprendere le questioni che avevo posto. Le argomentazioni erano state sviluppate in un incontro organizzato da Emilio Battisti (vedi l’articolo di Battisti di mercoledì 26 marzo) con il prof. Marco Ponti, l’ing. Alfredo Drufuca, membro del gruppo di lavoro sull’ ACB del Ministero delle Infrastrutture e il prof. Maurizio Baravelli economista, già professore di economia alla Sapienza, che ha espresso una giudizio sostanzialmente sospensivo.

Al contraddittorio alle tesi di Ponti è mancata la presenza, già programmata, di Luigi Marsullo, esperto di analisi costi e benefici che si era espresso favorevolmente alla realizzazione dell’opera. Sul TAV Lione -Torino riprendo anche un articolo di Anna Donati (coordinatrice del gruppo mobilità del Kyoto Club, già senatrice) e Mariarosa Vittadini (docente di Tecnica e Pianificazione urbanistica alla IUAV) edito sul sito “sbilanciamoci.info”, segnalatomi dallo stesso Ponti e da Emilio Battisti. Le autrici trattano la questione TAV inquadrandola in una visione strategica ampia, in parte convergente con quella di Ponti, ma in parte diversa in relazione al ruolo della ferrovia. Anch’esse sono contrarie al traforo ma per ragioni quasi opposte. Per Ponti bisogna abbandonare il ferro; per Donati e Vittadini bisogna prima sistemare la rete esistente (italiana e francese) e disincentivare l’uso della gomma con politiche tariffarie che inducano il cambio modale e poi fare le linee forti.

A questo punto del dibattito pubblico, tecnico e politico gli schieramenti sul TAV si sono delineati. Le valutazioni tecniche sono passate in secondo piano, anche perché tardive rispetto al processo decisionale. Decideranno le forze politiche dopo le elezioni europee, sulla base dei rapporti di forza che ne emergeranno. Comunque vada, la questione dei trasporti e delle grandi infrastrutture resta aperta e dunque è interessante capire cosa fare in futuro, che insegnamenti si possono trarre dalla vicenda del TAV e come si risolverà il rapporto tra tecnica e politica.

Targetti

Facendo una sintesi delle posizioni emerse dal dibattito tra esperti trasportisti, le questioni, dal punto di vista di un pianificatore sono le seguenti.

1. Qual è lo scenario economico futuro? Quante e quali merci e persone e con quali mezzi si sposteranno nelle relazioni intercontinentali, europee e nazionali, nei prossimi decenni?

2. La pianificazione dell’intero sistema nazionale dei trasporti è un atto di razionalità superiore all’analisi costi benefici delle singole opere. Il Governo e la maggioranza parlamentare sono in grado di fare un Piano che stabilisca priorità ed esclusioni, o si continuerà a procedere per elenchi di opere come composizione delle spinte locali o di interessi contingenti?

3. Bisogna sostenere il progetto della grande rete europea o bisogna cambiarlo e come? Oppure ciascuna nazione si dovrà occupare delle proprie reti?

4. A quali strategie dovrà rispondere la pianificazione riguardo all’impatto ambientale dei trasporti, al rapporto tra mobilità e territori, al ruolo della spesa pubblica e degli investimenti privati?

5. E infine come collocare il TAV Lione – Torino (ovvero Parigi – Milano più che Lisbona – Kiev) in tale strategia affinché un grande investimento pubblico produca appieno le sue potenzialità e quale ruolo dovranno svolgere in tale strategia la Lombardia e Milano, fulcri del sistema nazionale?

LA DOMANDA DI TRASPORTO

La domanda di trasporto presente, attesa e che si vuole indurre, è base indispensabile per programmare piani ed interventi. In particolare la domanda di trasporto merci, di scambio interno alla UE, sembra destinata a non crescere in modo significativo (su tale punto Ponti e Donati / Vittadini concordano). “Al di là delle oscillazioni delle quantità di traffico da un anno all’altro, ormai molto contenute, se solo si guarda al lungo periodo non è difficile riconoscere una sostanziale stabilizzazione del volume degli scambi merci tra i Paesi europei.” (Donati, Vittadini).

Penso tuttavia che si dovrebbe considerare la dinamica degli scambi intercontinentali, da una parte condizionati dai dazi di Trump e dall’altra incrementati dalla via della seta di Xi Jinping. E quandanche l’incremento della domanda di trasporto fosse contenuto, che effetto avrebbe sulla rete autostradale e sulla rete ferroviaria e sugli attuali punti di congestione?

Se da una parte l’evoluzione merceologica tende verso un maggior valore aggiunto delle merci e richiede pertanto trasporti rapidi (senza rotture di carico e quindi su gomma, sostiene Ponti) dall’altra bisognerà distinguere tra movimenti infracontinentali e intercontinentali attesi e dunque considerare le previsioni di traffico ai porti e le loro connessioni (ferroviarie?) con l’entroterra.

In ogni caso secondo le direttive UE per il 2030 il 30% delle merci dovrà viaggiare per ferrovia. Oggi tale quota è del 10% in media in Europa e del 6% in Italia (Confetra) mentre aumenta il traffico su gomma: tra il 2017 e il 2018 i veicoli pesanti circolanti in Italia sono aumentati dell’1,4%. (Anas)

La stima della domanda attesa, sia quantitativa che qualitativa, va certamente condotta su basi tecniche, ma va anche assunta con responsabilità dalla politica (come per le previsioni di crescita del PIL) sia perché costituisce la base essenziale della programmazione della spesa, sia perché la politica deve prospettare lo scenario futuro cui tendere.

LA PIANIFICAZIONE DEL SISTEMA TRASPORTI È ESSENZIALE PER OTTIMIZZARE GLI INVESTIMENTI. MA CI SONO I PIANI?

Sulla necessità di pianificare l’intero sistema dei trasporti come condizione per ottimizzare gli investimenti, evitare sprechi e raggiungere gli obbiettivi di interesse generale, vi è piena sintonia. Anche gli esperti di analisi costi benefici ritengono che si debba anzitutto valutare la congruità delle opere rispetto agli obbiettivi del Piano, prima di valutare gli effetti della singola opera; ma bisogna che ci sia un Piano.

Sullo stato della pianificazione però c’è qualche differenza di opinione. Per Ponti il programma europeo (TEN –T) e quello nazionale (SNIT) non sono Piani, perché non sono basati sull’analisi della domanda, esistente e attesa, né sull’analisi costi benefici delle opere. Quindi non costituiscono riferimenti utili. Sono puri elenchi di opere e programmi di spesa (come quelli della legge obbiettivo del governo Berlusconi) decisi per ragioni politiche, sia in ambito europeo, sia nazionale.

Anche per Donati – Vittadini non c’è un piano nazionale ma va considerato un primo passo utile il documento strategico “Connettere l’Italia“ e il Sistema Nazionale Integrato Trasporti (SNIT) approvati dal precedente Governo: “Nel 2016 il documento strategico Connettere l’Italia indicava gli orientamenti da seguire per il nuovo PGTL, ma oggi il Piano vero e proprio non è stato neppure avviato, e nessun DPP che dovrebbe contenere la revisione delle opere in Legge Obiettivo è stato approvato.…” (Donati – Vittatdini).

Dunque se lo SNIT e i documenti di programmazione del precedente governo, non possono essere definiti Piani, tuttavia essi indicano una strategia e obbiettivi chiari: connessioni alla rete europea, integrazione dei sistemi di trasporto, compresa la navigazione, (va ricordata la recente riforma della governance dei porti) e aree metropolitane come nodi fondamentali della rete nazionale. Tali obbiettivi costituiscono le strategie di un Piano da sottoporre a verifica di congruenza. Sicuramente un passo avanti rispetto all’elenco delle opere della “legge obbiettivo”.

Chi si assumerà la responsabilità politica di fare il Piano? O finita la bagarre del TAV nessuno si occuperà più del sistema dei trasporti fino alla prossima grande opera da contestare o sostenere?

Per quanto riguarda l’Europa alle prossime elezioni si decideranno i destini dell’Unione: si deciderà se i grandi progetti europei resteranno in vita o se ciascuna Nazione sistemerà le proprie faccende magari ancora a carico del bilancio europeo. Ma se, come spero, prevarranno ancora le forze europeiste il grande progetto di una rete europea dei trasporti, la rete TEN- T, dovrà essere confermato, aggiornato rispetto agli scenari internazionali e consolidato anche sotto il profilo tecnico. Chi si assumerà questa responsabilità politica?

QUALE STRATEGIA PER IL TRASPORTO MERCI?

Le opinioni in merito alle strategie divergono. Per Ponti bisogna abbandonare la “cura del ferro”: la ferrovia è inadeguata al trasporto rapido ed è prevalentemente a carico dello Stato, mentre le autostrade si ripagano con i pedaggi. In più le accise sui carburanti costituiscono un entrata rilevante per lo Stato. L’inquinamento da gomma si risolverà tendenzialmente con l’innovazione tecnologica. (per esempio la trazione elettrica sulle autostrade).

Per Donati –Vittadini invece la cura del ferro è prioritaria per ragioni ecologiche. Ma per spostare le merci dalla gomma al ferro non bisogna cominciare dalla realizzazione di assi forti (TAV ecc.); prima bisogna pianificare l’integrazione modale, elevare l’efficienza della rete e soprattutto bisogna adottare politiche fiscali e tariffarie adeguate a disincentivare l’uso della gomma in favore del ferro. Poi si possono realizzare le linee “forti”. Investire su nuove linee ferroviarie senza una politica tariffaria che disincentivi il trasporto su gomma, anzi facilitando il trasporto su gomma (come il potenziamento dell’autostrada del Fréjus in Val di Susa, intervento che non ha suscitato particolari opposizioni) è uno spreco di denaro pubblico.

“Per la Torino-Lione è una indicazione importante: non è l’infrastruttura che genera il trasferimento, ma sono le politiche per il trasferimento che rendono necessaria l’infrastruttura.” Ma “Delle riforme necessarie a una politica di riequilibrio modale nel trasporto merci, non c’è traccia.” ….…”la realizzazione della Torino-Lione ha senso solo in una prospettiva di potenziamento della rete ferroviaria destinata alle merci e … di … raccordo con le altre linee in fase di realizzazione, in primo luogo il Terzo valico dei Giovi e da lì il collegamento con la portualità genovese. (Donati -Vittadini).

Come pianificatore mi sento più affine alle tesi delle due autrici. Se infatti è vero che il trasporto su ferro è prevalentemente a carico dello Stato, i vantaggi in termini di riduzione dei fattori inquinanti, della congestione delle città e del territorio e del consumo di suolo (un’autostrada impegna molto più suolo di una ferrovia) giustificano, come per altri servizi essenziali la spesa pubblica. Vantaggi che si ottengono se gli investimenti sono coerenti agli obbiettivi strategici stabiliti da un Piano.

Come esempio di strategia razionale di lungo periodo, Donati e Vittadini fanno riferimento alla ventennale politica del trasporto su ferro della Svizzera che da due decenni ha programmato di ridurre drasticamente il transito dei TIR. La Svizzera ha prima ammodernato la rete (con un servizio cadenzato all’ora e alla mezz’ora su tutto il territorio nazionale) ha adottato una politica tariffaria di incentivo al trasferimento modale e alla riduzione dell’inquinamento e poi ha realizzato le grandi opere del programma Alptransit: i trafori del Lotschberg, e del Gottardo – Cenisio che sono praticamente già in servizio. Le tariffe applicate ai mezzi su gomma hanno finanziato circa il 55% del programma Alptransit.

CONCLUSIONE

La decisione sul TAV sarà presa dopo le elezioni europee. La maggioranza delle forza politiche è favorevole. Se fossimo vent’anni fa sosterrei, come ho detto nel precedente articolo, la priorità della connessione con il Gottardo, ma ora, dopo vent’anni di discussioni, decisioni, progetti e accordi internazionali, penso che l’opera si debba fare per la credibilità del Paese, e per non abbandonare il progetto europeo. Comunque dal dibattito sono emerse indicazioni chiare sulle strategie alternative e su cosa si dovrebbe fare nei prossimi dieci o quindici anni durante la realizzazione del traforo, perché l’opera sviluppi appieno le sue potenzialità. Insomma bisogna che la tecnica recuperi il proprio ruolo di supporto razionale alle decisioni politiche.

In sintesi è necessario:

– fare il Piano Generale dei trasporti e della logistica (PGTL);

– adottare una coerente politica tariffaria che disincentivi il trasporto su gomma sulle relazioni internazionali, a cominciare dai valichi con la Francia;

– connettere la linea TAV con l’asse nord sud del Gottardo, con il nodo di Milano e con il sistema portuale di Genova.

In questo quadro assume rilievo centrale il ruolo di Milano, della sua area metropolitana e della regione. Venerdì 15 marzo i presidenti di Piemonte, Liguria e Lombardia si sono incontrati per dibattere del sistema della logistica nel nord ovest del Paese. Del resto Milano e la sua Città metropolitana sono il nodo del sistema nazionale. Riprendiamo dunque da qui.

Ugo Targetti



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  1. Franco MorgantiMi pare la sintesi di Targetti molto equilibrata. A tutti gli interventi mi pare tuttavia mancassero tre cose: 1. La stima del traffico futuro mi pare non tenga conto dell'effetto della presenza o meno dell'infrastruttura: nel caso specifico il TAV Torino-Lione ha un'influenza nella scelta degli utenti. 2. La presenza o meno della TAV suddetta scoraggerebbe il ricorso all'aereo sulla tratta Milano-Parigi, come è avvenuto col Freccia Rossa sulla Milano-Roma. 3. Si dice che il costo del trasporto ferroviario è interamente a carico dello Stato, ma ci si dimentica che persone e merci pagano il biglietto.
    17 aprile 2019 • 14:44Rispondi
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