15 marzo 2019

LA MUSICA CHE RACCONTA

Un curioso concerto all’Auditorium


Ha fatto molto bene Jader Bignamini a impaginare in quel modo apparentemente curioso il concerto della scorsa settimana all’Auditorium. Un concerto di quella che una volta si chiamava musica “a programma” e che oggi, in un quadro molto ampliato dei generi musicali, chiamerei “musica che racconta”.

Il programma era costituito da “L’apprenti sorcier” di Paul Dukas, da “Petruška” di Igor Stravinskij e da “Shéhérazade” di Nicolaj Rimskij-Korsakov che hanno fra loro relazioni e analogie tante e complesse. Innanzitutto gli autori, vissuti tutti e tre a cavallo fra ottocento e novecento (le composizioni sono rispettivamente del 1897, del 1911 e del 1888) e tutti e tre fra Russia e Francia che in quell’epoca avevano fortissimi legami culturali. Poi le tre opere sono fra le più celebri dell’intera produzione dei rispettivi autori. E infine, ma soprattutto, si tratta di tre lavori che – come dicevo – raccontano una storia.

190315_Viola-StefanoBuldrini

La prima, che deriva da Goethe (Der Zauberlehrling, del 1797) ed è la rielaborazione di un apologo di Luciano di Samosata (II° secolo d.c.), racconta della birbonata di un giovane apprendista stregone resa celebre da Walt Disney nel film “Fantasia”. La seconda è il frutto dell’amicizia di Stravinskij con Djagilev ed è la suite sinfonica dal balletto – andato in scena a Parigi in piena belle époque – che racconta le peripezie e la morte di un popolare indiavolato burattino russo. Infine Shéhérazade, una serie di episodi tratti dalle mitiche “Le mille e una notte”, incorniciati nella storia d’amore fra il Sultano Sharyar e la bella figlia del suo Visir.

Anche nell’Opera lirica, nel Balletto, nei Lieder, negli Oratori, nei Melologhi, e ovviamente anche nelle canzoni, popolari o meno, la musica narra delle storie. Ma in realtà le commenta o meglio aiuta a raccontarle aggiungendo alle parole, e/o alla scenografia, una marcia in più, conferendo una maggiore forza espressiva. In queste musiche, invece, le storie sono solo ispiratrici, non appaiono esplicitamente, sono come evocate dalla musica e suggerite all’ascoltatore attraverso il titolo e al più qualche notazione dell’autore. Tocca all’ascoltatore percepirle, richiamarle alla mente, trovarne la relazione con le note. La “musica che racconta” non è nuova e non lo era neppure all’epoca di queste opere: si pensi per esempio alle “Quattro Stagioni” di Antonio Vivaldi, per parlare di una musica arcinota, ma nella cultura europea di fine ottocento essa assume nuovi connotati: quelli, appunto, che ha messo in evidenza Bignamini con laVerdi. La musica che non vuole limitarsi a suggestionare o creare atmosfere, ma vuole “raccontare”, farsi essa stessa parola, esprimersi in un linguaggio più esplicito.

La domanda da porsi è quanto sia utile o necessario che l’ascoltatore conosca bene la storia e riesca a identificarla nelle note e nella trama musicale. Ed è una bella domanda perché, se conoscere e riconoscere la storia aiuta sicuramente a capire di più la musica, non aiuta necessariamente a goderla, perché il fascino e la bellezza (spero si possa ancora usare questo termine!) della musica prescindono dalla storia che l’ha ispirata e può – come avviene nell’opera lirica quando la regìa è troppo invasiva – distrarre dall’ascolto. Bignamini ha compreso molto bene il rischio di dare troppo peso alle storie dell’Apprendista, di Petruška e di Shéhérazade, e così distrarre l’ascoltatore dal puro godimento musicale; si è concentrato sull’eleganza della scrittura musicale, mettendo in evidenza la straordinaria orchestrazione dei due russi, veri maghi degli impasti orchestrali, i ritmi fantastici di Dukas e di Stravinskij, i dolcissimi temi orientaleggianti di Rimskij-Korsakov.

E la Verdi, che in quest’occasione ha anche sfoggiato le sue prime parti in ruoli solistici di grande impegno (magnifico il primo violino Freiherr von Dellinghsausen), l’ha seguito come sempre con passione. La simbiosi fra il direttore e gli orchestrali era commovente (Bignamini è stato per anni uno di loro prima di cominciare a dirigere) ed ha consentito di raggiungere risultati eccellenti. Un concerto nato dunque tutto “in casa”, all’insegna di quella particolare complicità e solidarietà che caratterizza da sempre laVerdi (e trascina anche il suo pubblico), che ha fatto crescere ottimi musicisti, che è diventata la cifra dell’Auditorium.

Paolo Viola



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema





9 aprile 2024

VIDEOCLIP: LA MUSICA COME PRODOTTO AUDIOVISIVO

Tommaso Lupi Papi Salonia






20 febbraio 2024

SANREMO 2024: IL FESTIVAL CHE PUNTA SUI GIOVANI

Tommaso Lupi Papi Salonia



20 febbraio 2024

FINALMENTE

Paolo Viola



6 febbraio 2024

QUANTA MUSICA A MILANO!

Paolo Viola


Ultimi commenti