12 marzo 2019
MILANO MORMORÒ: QUI PASSA LO STRANIERO
Dalla Scala a Porta Genova
La questione dell’arrivo di “stranieri” in Italia e a Milano è molto delicata e ci si muove tra il sovranismo di Salvini – “prima gli italiani” – e i Talebani della globalizzazione. I due estremi. Riguarda tutto: politica, economia, cultura e società. Difficile trattare quest’argomento e chiuderlo in poche battute perché meriterebbe un ampio dibattito che, a valle della questione “Scala”, spero si apra.
La classe politica al riguardo sembra soffrire di “agnosia”, il disturbo della percezione noto ai neurologi, che impedisce il riconoscimento: nel nostro caso il riconoscimento del corpo sociale e più genericamente del Paese e della sua cultura. Dunque si va tentoni.
Esistono in un Paese beni inalienabili? Certamente sì. Inalienabili vuol dire che non possono essere ceduti ad altri né come possesso né come gestione. La Scala è uno di questi. Oggi, mentre si parla di pacchi di miliardi che vanno e vengono sul fonte del TAV, i pochi milioni che servono alla Scala fanno ridere e non varrebbe proprio la pena di parlarne se gli attori di questa vicenda avessero avuto la testa sul collo e, soprattutto, ci avessero voluto evitare il triste spettacolo delle loro “bugie”, delle indiscrezioni, dietro le quali emerge soprattutto la subordinazione dei beni comuni agli interessi personali, economici e politici.
Ovviamente per la Scala e per altri enti culturali la scelta di direttori e sovrintendenti va fatta guardando al panorama mondiale: qui non c’è invasione ma solo un problema di scelte fatte dagli amministratori cui spetta l’operare a favore dell’ente che gestiscono in funzione del suo ruolo e dell’interesse generale.
Parlando ancora di cultura non possiamo trascurare, per il suo impatto, l’invasione negli ultimi anni delle archistar e della loro architettura. Dobbiamo chiuderci in una sorta di “corporativismo” delle professioni? Certamente no. Tuttavia anche vedere progetti spesso rimasticati che si richiamano “banalmente” alla Deconstructivist Architecture o alla la cultura del “high tech”, non fa piacere ma qui non voglio riaprire il difficile dibattito sui grattacieli a Milano o sulla vecchia “Commissione di ornato” e la sua funzione: ne parla su questo blog Carlo Lolla.
Son comunque convinto che alcune scelte fatte e che si faranno in tema di architettura milanese saranno dettate solo da strategie di marketing dei committenti che cercano visibilità, agganciandosi a un nome noto e di risonanza mondiale, anche se poi, pur di rilanciare il marchio, storpiano le creature dei loro eletti professionisti: parlo del “colbacco” rosso delle Generali a CityLife.
Lasciata provvisoriamente da parte la cultura, proviamo a dire qualcosa sull’economia. Terreno minato e scivoloso anche questo.
È giusto che tante aziende, tanti marchi, tanti immobili vadano in mani straniere? Succede a Milano, a Londra, a New York, ovunque nel mondo. Non è uno scandalo. La domanda che ci si deve porre è una sola: qual è il limite delle alienazioni, oltrepassato il quale perdi il controllo della situazione? Cadi ad esempio nell’ingovernabilità urbanistica del territorio? In poche parole è come in una società per azioni: se scendi sotto il 50% cominci ad avere dei problemi, così il Paese e le sue città. Purtroppo in un Paese, noi, che non ha mai avuto veri piani strategici in generale, in economia e non parliamo nella cultura, queste soglie è impossibile coglierle. In genere i buoi sono già scappati.
Siamo partiti dalla Scala e ora arriviamo al Piazzale di Porta Genova. Minuzie sulle quali val forse la pena di sorridere. Comunque.
Qualche giorno fa, nell’annunciare l’intervento – necessarissimo, – di riassetto del piazzale, leggiamo che il progetto è stato “realizzato in collaborazione con Bloomberg Associates e il supporto di Nacto Global Designing Cities Initiatives, e per la parte di implementazione, grazie ai patti di collaborazione del Comune di Milano, con la collaborazione dell’associazione Retake Milano e il Colorificio Sammarinese ”. E più oltre: “Piazze Aperte (il piano del Comune che comprende anche Piazzale di Porta Genova) segue gli esempi di successo realizzati in grandi città del mondo come Bogotà a Buenos Aires, Sao Paulo, New York City e Los Angeles, Addis Abeba, e Bombay.”. Mamma mia, che sarà mai!
Sembra invece una modesta operazione di copertura delle spalle di chi, incerto sul da farsi anche nelle piccole cose, teme le critiche. Ecco perché ci fa sorridere. Aprire l’ombrello prima che piova. Che armata internazionale! Tutto questo per sistemare un capolinea di tre linee di tram di fonte a una modesta stazione progettata a suo tempo dagli uffici tecnici di FFSS e inaugurata nel 1870, non certo un esempio di architettura anche se vestigia di un passato ferroviario che forse è giusto rispettare.
Dai rendering pubblicati e dalla descrizione poco si capisce e dunque valutare il progetto non si può. Tuttavia se questa gloriosa armata ci eviterà lo scempio di Piazza XXIV Maggio, da poco risistemata, una piazza che tra pali e catenelle riduce i cittadini a palline di un orrendo flipper, ben venga!
Di qui passi lo straniero!
Luca Beltrami Gadola
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