19 febbraio 2019
IL GIADINO DEI GIUSTI A MONTE STELLA
Un grumo di sentimenti
Se tra la comunità ebraica milanese e la città si apre qualche problema – quello del Giardino dei Giusti a Monte Stella è forse il più grave – ecco che si forma un grumo di sentimenti difficile a sciogliersi: entrano in gioco vissuti personali, sentimenti, ideali, cultura, principi e anche emozioni. Sciogliere questi grumi è difficile, impossibile se non si parte dal presupposto che alla base della convivenza civile democratica ci debba essere la tolleranza.
La tolleranza è una disposizione d’animo necessaria ma che nella convivenza civile spesso deve fermarsi di fronte a un argine: leggi e regolamenti pacificamente accolti e formati con gli strumenti disposti dalla Costituzione. Esaminando tutta la vicenda del Monte Stella e gli atti sottostanti si ha la percezione che alcuni degli accordi siano stati forzati e che questa “forzatura” sia all’origine dell’attuale scontro che l’amministrazione non ha saputo evitare, come sarebbe suo compito specifico in questo caso e in molti altri.
Ovviamente, inutile nascondercelo, leggi e regolamenti offrono comunemente margini interpretativi ma sono proprio questi margini il terreno nel quale si esercita la capacità di gestione dei conflitti, in questo caso tra una minoranza religiosa, 7.000 persone se non sbaglio, e una parte della città. Il problema delle minoranze, religiose, culturali, politiche e di costumi – a prescindere dal loro peso specifico e dalla loro capacità di autorappresentarsi – si scioglie nel rispetto della legge.
Il caso della minoranza ebraica è però particolare perché essa si è assunta il ruolo di portatrice privilegiata di una “memoria” collettiva, l’olocausto e i suoi orrori, che non è solo sua ma coinvolge tutti, salvo orrende eccezioni, in una condanna senza appello.
Questo ruolo privilegiato non può consentirle però una sorta di supremazia sulle leggi dello Stato né di utilizzare come arma di pressione la larvata accusa infamante di antisemitismo rivolta a chi dissente dalle sue posizioni.
Detto questo, nello specifico del problema Giardino dei Giusti a Monte Stella vorrei fare un’osservazione che esula dal problema contingente.
In questo periodo di rinascita dell’antisemitismo, del razzismo, del fascismo e del nazismo, i luoghi della “memoria” ormai sono diventati luoghi ”sensibili” e ne so qualcosa personalmente: il cippo sulle pendici del monte in ricordo di mio padre e di quelli che morirono in battaglia da partigiani con lui a Megolo nel settembre del 1944, fu vandalizzato quattro anni orsono, la statua di mio padre eretta nel Comune dove nacque lo fu l’anno scorso.
I luoghi sensibili debbono essere “custoditi” e la miglior custodia è la custodia sociale, inserirli nel cuore vivo delle città, quello abitato e vissuto quotidianamente dove la memoria è presente ogni giorno e l’oltraggio più difficile: non è così a Monte Stella isolato e difficilmente controllabile.
Un’ultima considerazione. Sono tra coloro che difendono il Monte Stella di Bottoni per quello che è storicamente e per le ragioni culturali e ideali che porta con sé ma voglio allargare il discorso. Di recente in città si fanno interventi su monumenti e luoghi storici, piazze, strade e spazi collettivi ricchi di memoria storica. Molti di questi interventi sembrano avere l’obbiettivo di dare “visibilità” – spesso effimera – a chi li ha proposti o realizzati: sconfinano con l’ignoranza e l’arroganza. Chi vi si oppone spesso è accusato d’immobilismo e non è vero: è un tentativo di arginare “rottamazione” e “cambiamento”, ossia la moda. Non c’è cultura vera e il Paese s’impoverisce.
Luca Beltrami Gadola
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