14 novembre 2017

URBANISTICA: TIFOSI IN CAMPO PGT IN PANCHINA

La politica è ipnotizzata dal suo ombelico


La settimana scorsa la proposta dell’Inter di trasferire il suo centro tecnico nell’area dismessa della Piazza d’armi di Via Forze Armate è stata accolta dal sindaco Sala che l’ha portata subito in Consiglio comunale ottenendo un unanime consenso. I tifosi sono un bacino elettorale che nessun partito è disposto a trascurare.

01editoriale38FBLe stesse aree della Piazza d’Armi sono oggetto del desiderio di far cassa da parte del Demanio attraverso CDP Investimenti Sgr, la sua società di sviluppo immobiliare: ha messo le mani avanti in previsione dell’aggiornamento del Piano di Governo del Territorio.

Non solo Di Piazza d’Armi si sta parlando e si parlerà a Milano. Il panorama vede pure lo stadio del Milan che vaga in città dopo il tentativo abortito di finire su parte nelle aree del polo milanese di Fiera Milano. La ristrutturazione di San Siro agita le acque tra Milan e Inter e probabilmente un affare da 250 milioni fa gola a molte grandi imprese, sempre attive nel pilotare a loro favore gli appalti in città.

Le aree ex Expo2015 agitano le banche creditrici – che rivorrebbero i loro soldi – e, come se non bastasse, scontano la difficoltà di cacciare sotto il tappeto la polvere dei conti mai chiariti e delle vicende giudiziarie che in molti vorrebbero veder dimenticate. La soluzione per queste aree è una destinazione d’uso inventata ad hoc: un polo di ricerca. Chi ci si metterebbe contro con quel che si va dicendo sulla ricerca in Italia? Sono arrivati gli australiani, un nuovo cavaliere bianco addirittura da un altro continente. Globalizzazione.

Il difficile destino di queste aree ha messo in moto tutta la vicenda di Città Studi che agita il mondo dell’Università Statale e ovviamente ha messo sul piede di guerra da un lato i residenti e dall’altra parte un gruppo di docenti che non condivide le ragioni di questi traslochi. Anche qui c’è lo zampino del Demanio che vorrebbe trasferirvi i suoi uffici.

A Milano dunque si sta svolgendo una gigantesca partita a scacchi tra interessi economici, interessi politici – gli uni e gli altri non sempre chiari – e le ambizioni personali come quella di lasciare un segno in città, di “marchiare” il territorio a proprio nome.

Anche nella partita a scacchi dell’urbanistica succede che quando si muove un pezzo – una grossa operazione immobiliare – tutti gli altri, bianchi o neri che siano, pur senza muoversi, vedono cambiare e determinarsi un nuovo e diverso futuro. Forse si può anche dire che ogni intervento urbanistico è come un sasso nell’acqua: determina un’onda che investe quel che è intorno e lentamente si smorza. Più il sasso è grande e più l’onda è alta. Qualche volta si tratta di uno tzunami: si fa il conto delle vittime.

Quali sono le regole della partita a scacchi dell’urbanistica? Chi le ha scritte? Sono attuali? Nell’interesse di chi vanno? La risposta sembrerebbe banale: le regole sono il Piano di Governo del Territorio, maldestro erede del Piano Regolatore. Le hanno scritte generazioni di urbanisti ognuno perseguendo propri pensieri e con difficoltà sono giunti a una sintesi. A giudicare da quel che si vede – il continuo ricorso a deroghe come gli Accordi di Programma – non sono regole più efficaci né più attuali.

La risposta alla domanda “nell’interesse di chi vanno” è la vera questione. La risposta, la non risposta, è: nell’interesse del bene comune. Come dire che la risposta è politica, che attiene alla visione che ognuno, che ogni insieme più o meno largo di cittadini organizzati in Partiti, corpi intermedi, sindacati e oggi anche le web communitys – comunità virtuali – hanno del bene comune. E del loro bene particolare. Ma la politica non c’è.

Queste ultime, le comunità virtuali, sono scese in campo come interlocutrici spesso determinanti per colmare un vuoto istituzionale in città e nel nostro Paese, le cui istituzioni sembrano del tutto inadeguate e organizzare una reale mediazione tra attese, opportunità e risorse.

La discesa in campo delle web community è anche sintomo dello sfrangiarsi dei rapporti tra elettori ed eletti e della crisi delle istituzioni comunali dove le norme di legge sugli Enti locali, le cosiddette riforme Bassanini, con il quasi annullamento dei poteri del Consiglio comunale hanno tolto a quest’ultimo il vero ruolo di rappresentanza generale dei diversi interessi dei cittadini.

E il PGT? Il PGT sta in panchina, sorta di arbitro che non si vuole scenda in campo.

Viene da domandarsi allora perché avviarne la revisione, come ha fatto il Comune, scomodando e illudendo i cittadini e chiunque altro ne abbia interesse, con la richiesta di proposte e osservazioni in nome di una “partecipazione”, parola ormai priva di reale significato. Quel poco o tanto che sarà recepito finirà in uno strumento, il PGT, del quale comunque all’atto pratico non si terrà conto se non per interventi di modesta e irrilevante portata. I cambiamenti veri della città passano altrove.

In questo momento, in questa temporanea paralisi politico-amministrativa in attesa di elezioni, momento nel quale la classe dirigente è vittima della forza ipnotica del proprio gratificante ombelico, potrebbe valer la pena che la cittadinanza attiva faccia una profonda riflessione sul suo ruolo e sugli strumenti possibili per incidere sul cambiamento. La via delle web community?

Luca Beltrami Gadola



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