27 aprile 2017
Cassio: “Tu, Iago, canterai le sue lodi” / Jago: “Io non sono che un critico”. Divertendoci a sillogizzare l’affermazione del terribile alfiere di Otello, potremmo concludere che solo a un “non critico”, cioè a un semplice ascoltatore appassionato, sarebbe concesso tessere le lodi d’un’esperienza d’ascolto; a questa specie di ingenuo “puro folle” sarebbe in particolare consentito accostarsi ai più grandi capolavori avendo come principale guida la propria sensibilità e il proprio cuore, strumenti che una severa critica, per quanto colta e approfondita, difficilmente potrebbe sostituire.
Ma tutto ciò presuppone che il cuore di questo ascoltatore venga in qualche modo scaldato. Questo secondo me non è accaduto quando, nel corso della settimana santa all’Auditorium di Milano, l’orchestra Verdi nella sua veste barocca ha eseguito, come da tradizione (in annuale alternanza con l’altra Passione bachiana, quella secondo San Giovanni), la Passione secondo Matteo.
Non credo di possedere sufficiente competenza per prendere adeguata posizione in merito alla fedele osservanza della tradizione che, al tempo di Bach, voleva le donne escluse dal canto di chiesa e che perciò affidava a controtenori e sopranisti le parti che noi abitualmente ascoltiamo interpretate da voci di contralto e soprano.
Non mi permetto, neppure, di dubitare della correttezza filologica dell’utilizzo di flauti e oboi d’epoca o della tiorba per la realizzazione del basso continuo; la garanzia data in proposito da un direttore serio e competente come Ruben Jais, chiamato a dirigere questo immenso capolavoro, è fuori discussione.
Ma dalla resurrezione dell’opera dovuta a Mendelssohn a oggi le modalità interpretative si sono via via modificate e – diciamolo francamente – anche evolute ed esse, nel tempo, hanno formato negli ascoltatori una sensibilità e un’emotività di fondo che non può essere ignorata se non a rischio di raffreddarle e spegnerle, come l’ossimoro del titolo di questa breve nota fa intendere. Con la conseguenza che il cultore appassionato deve suo malgrado improvvisarsi critico per commentare un ascolto della Passione deludente.
Sin dalle battute introduttive il sostegno del continuo è parso fragile e tenue e comunque inadatto a sorreggere il progressivo sublime sviluppo del dialogo tra i due cori, invero piuttosto piatti, così come le voci bianche la cui presenza col corale di ripieno O Lamm Gottes, unschuldig [o innocente Agnello di Dio] è sembrata quasi impalpabile, incapace di trasmetter l’emozione struggente dell’innocenza incredula del dramma che stava per accadere.
Questa introduzione è parsa il preannunzio d’uno sviluppo d’una Passione piatta e uniforme, magari anche bella in alcuni momenti, ma priva d’una coerente visione di insieme e comunque mai coinvolgente.
Quanto alle voci, invero non eccelse tranne il bravo evangelista, il problema dell’esecuzione filologica si poneva con tutta evidenza nelle arie da tutti noi sempre ascoltate con la voce di contralto (per esempio Buss und Reu [penitente e pentito]) che, affidate al controtenore, suonavano algide e formali.
Infine, nello sviluppo della meravigliosa meditazione sulla cattura di Gesù So ist mein Jesus nun gefangen [così è imprigionato il mio Gesù], allorché i due cori dovrebbero esplodere nell’apocalittica interrogazione di perché i lampi e i tuoni siano spariti tra le nubi perdendo la loro furia Sind Blitzer, sind Donner in Wolken verschwunden? [sono forse spariti tra le nuvole i fulmini e i tuoni?], sconvolgendo l’ascoltatore e trasportandolo nel pieno della drammaticità degli eventi, l’impressione invece è stata quella di un corale dalla dinamica solo un poco accelerata. A questo punto la perplessità s’è trasformata in definitiva delusione: confesso di essermi allontanato al termine della prima parte della serata.
Per buona sorte, rientrando a casa ho scoperto che sul canale Classica di Sky stava per iniziare una Passione secondo Matteo registrata nel 2007 con l’orchestra del Concertgebouw di Amsterdam diretta da Ivan Fisher: ho così potuto rivivere tutte le emozioni che in una sera negativa l’amata Orchestra Verdi non ha concesso ai suoi affezionati ascoltatori.
Giorgio Giacomini
questa rubrica è a cura di Paolo Viola