25 febbraio 2020
IL SINDACO SALA SU “LA7”
Le risposte incomplete
Di quel che il sindaco Sala ha detto nell’intervista di venerdì 20 fattagli da Corrado Formigli su “La 7”, quel che mi è piaciuto di più riguarda l’antifascismo che non deve essere solo il ricordo di un glorioso momento della nostra storia recente ma un’adesione ai suoi valori nella prassi quotidiana.
Non avendo il Sindaco citato quali siano i “valori” cui faceva riferimento, di là dai consueti “democrazia”, “libertà”, “pace” e come questi valori si traducano nella prassi politico e amministrativa quotidiana, resta aperta la solita domanda: quella del “cioè?”.
Certo in un’intervista televisiva è difficile esaurire un proprio pensiero, anche perché l’intervistatore di solito sceglie le domande secondo una sua strategia e sui temi che ritiene più interessanti per gli spettatori: Formigli fortunatamente non fa parte della categoria stucchevole dei Fabio Fazio, quella che predilige le domande di comodo, quelle che non mettono in imbarazzo l’intervistato.
L’unica cosa che nessuno riesce ad evitare sono gli applausi visibilmente a comando che fanno sopratutto torto al pubblico in sala, sulla cui reattività naturale sembra non si possa far conto ma questo è lo “spettacolo”con le sue regole.
Son tante le risposte che dà l’intervistato alle quali però manca un pezzo importante: il pezzo che fa capire che cosa seguirà la semplice enunciazione di un problema. Quello che io chiamo il “cioè”.
Il sindaco Sala per la verità su un tema ha dato una risposta, quando ha parlato di immigrazione, di accoglienza e di integrazione a Milano: si è fatto e si continuerà a fare.
Su di un altro tema tra quelli enunciati io personalmente avrei voluto di più: sulla casa.
Già Giuliano vi aveva posto l’accento nelle sue due facce principali: una casa per chi non ha reddito sufficiente per accedervi, né in affitto né in proprietà, e la casa per i giovani, in particolare per gli studenti che vengono da fuori.
Non credo assolutamente che la questione possa risolversi col meccanismo delle convenzioni che obbligano gli operatori immobiliari a fornire una quota di alloggi a loro carico, da destinarsi a un uso sociale. Sono numeri esigui rispetto alla domanda, così come esigui sono i numeri delle tante, lodevoli, iniziative singole che vanno in quella direzione.
Dalla fine degli anni ‘70 si è cominciato a svendere il patrimonio di edilizia pubblica e quel che non si è venduto non lo si è mantenuto.
L’edilizia residenziale pubblica è un’infrastruttura “abilitante” come lo sono le strade, gli ospedali, i trasporti pubblici, gli aeroporti, le scuole …. . Per questo è necessario per Milano e per la Città Metropolitana un vero Piano Casa che non sia soltanto un elenco di incentivi o di norme urbanistiche facilitanti ma un reale investimento di capitali pubblici.
Si parla molto di far ripartire gli investimenti, soprattutto nel settore delle infrastrutture di viabilità e trasporto ai fini di far riprendere la domanda di consumi. La scelta degli investimenti non può prescindere da una decisione che privilegi attività in grado di assorbire molta mano d’opera a bassa e diffusa specializzazione e questa è una delle caratteristiche dell’edilizia residenziale come della manutenzione del territorio.
Quanto alle altre risposte incomplete, vorrei citare le periferie. Milano su questo fronte non è ferma ma anche qui siamo alle solite: si ha l’impressione che gli interventi sino ad ora non abbiano sortito grandi effetti; in periferia ci vado spesso, è un duplice retaggio e del periodo di consigliere di amministrazione di Aler e del ricordo del mio lavoro di costruttore di “case popolari”. Non avverto cambiamenti significativi.
Visti gli altri impegni istituzionali forse il sindaco Sala, che ha avocato a sé la delega alle periferie, potrebbe lasciarla ad altri o investirne magari l’assessore Rabaiotti che si occupa del contiguo problema dell’edilizia sociale.
Anche sulle periferie si ha l’impressione che manchi un referente unico che coordini le attività e gli sforzi come l’ultima interessante iniziativa dell’assessora Tajani sull’avviamento al lavoro dei giovani delle periferie.
Aggiungo una cosa ancora. Il disagio economico e sociale non c’è solo nelle periferie, il guaio è che altrove è meno visibile.
Chiudo queste riflessioni tornando alla Resistenza e a quelli che ritengo siano i suoi valori: democrazia e libertà, come ho detto, ma anche rispetto delle minoranze, rispetto del dissenso, rispetto e ascolto delle opinioni altrui, altri valori che i Padri Costituenti ebbero come guida nello scrivere la Costituzione nata dalla Resistenza.
Tutto a posto a Milano?
Luca Beltrami Gadola
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