5 novembre 2014

CONSUMO DI SUOLO. IL TRADIMENTO DEL PROGETTO DI LEGGE LOMBARDO


La recente ricomparsa del progetto di legge lombardo sul consumo di suolo (n. 140) lascia profondamente sconcertati. Il testo, che da pochi giorni è oggetto dei lavori del Consiglio Regionale appare radicalmente modificato e segna una netta inversione rispetto alle aspettative che aveva generato la prima versione, approvata a febbraio dalla Giunta Regionale, che prevedeva misure di contenimento quantitativo dei processi urbanizzativi in atto e di sostegno a politiche per il riuso e la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente quale strategia di governo urbano alternativa alla crescita espansiva.

06arcidiacono38FBIl “nuovo” PdL. n. 140 annulla gli elementi positivi del primo testo normativo, proponendo disposizioni che, al di là delle finalità dichiarate, di fatto non rendono praticabile alcune politica né di limitazione efficace dei processi di consumo di suolo, ancora assai intensi (malgrado la crisi del settore edilizio), né di indirizzo degli strumenti urbanistici verso politiche sostenibili di riqualificazione e rigenerazione urbana.

L’inconsistenza e la confusione della proposta di legge appaiono evidenti a partire dalla componente definitoria (art. 2). Innanzitutto si torna a considerare come Superficie agricola
(SA) non i terreni effettivamente utilizzati per attività agricole nella situazione “di fatto”, ma le sole aree come tali disciplinate dal Piano di Governo del Territorio vigente. Mentre tutti quei terreni liberi che, per quanto ancora naturali o utilizzati per attività agricole, vengono destinati dal PGT ad una futura trasformazione urbana vengono considerati come suoli “già urbanizzati”, come statuito dalla definizione della Superficie urbanizzata e urbanizzabileSU, senza che ciò venga contabilizzato nel monitoraggio del consumo di suolo.

A conclusione e conferma di questa preoccupante deriva definitoria si stabilisce che il Bilancio Ecologico del Suolo – BES, attraverso cui si pretenderebbe di misurare il saldo effettivo del consumo di suolo, venga determinato come differenza tra la superficie agricola (come sopra definita) trasformata per la prima volta verso usi urbani e la superficie urbana che il PGT ri-destina ad usi agricoli. Dunque non solo i suoli urbanizzabili (anche se di fatto agricoli) non vengono considerati nella contabilità del consumo di suolo (come fossero suoli già urbani), ma ancor più grave, è sufficiente una semplice previsione di PGT che “azzona” un suolo urbano o urbanizzabile (dismesso o semplicemente una previsione inattuata) come agricolo per renderlo computabile come tale nel saldo del consumo di suolo, non considerando che la complessità e spesso l’impraticabilità tecnica ed economica dei processi di ri-permeabilizzazione dei suoli urbani difficilmente renderanno attuabile quella previsione.

Se l’impianto definitorio del Progetto di Legge mostra dunque già aspetti evidenti di grave criticità, l’indeterminatezza delle politiche messe in campo dalla proposta di legge viene ulteriormente confermata nei passaggi successivi. La scelta di rimandare al Piano Territoriale Regionale (PTR), in corso di revisione, la determinazione delle modalità e degli indicatori di quantificazione del consumo di suolo, nonché la definizione dei criteri e degli indirizzi operativi che dovranno essere applicati per il suo contenimento, significa non aver ancora chiaro nell’ambito della legge quali politiche (limitazione, compensazioni, fiscalità, rigenerazione urbana, etc.) dovranno essere utilizzate per affrontare e contenere i processi di urbanizzazione del territorio.

La stessa priorità attribuita alle azioni di riuso e di rigenerazione urbana pare quanto mai aleatoria nelle disposizioni normative del progetto di legge laddove si prevede che i PGT potranno comunque prevedere nuove aree urbanizzabili qualora venga dimostrata l’impossibilità, tecnica ed economica, di riqualificare aree già edificate (dismesse o degradate). È evidente la debolezza prescrittiva di un tale disposto (cui non sono tra l’altro connessi dettami sanzionatori). Non si capisce come le amministrazioni e gli uffici comunali possano concretamente verificare ex ante la praticabilità economica e tecnica di tutti gli interventi di recupero, riuso e rigenerazione, che dipendono in prevalenza dall’intervento e dalle convenienze private.

È plausibile che tale situazione costituirà un comodo alibi cui si appelleranno molte amministrazioni per giustificare la scelta, più semplice e conveniente, di rispondere a eventuali bisogni insediativi ancora attraverso nuove previsioni urbanizzative di suoli liberi. Mentre in altri Paesi europei l’obbligo al riuso di quote rilevanti del patrimonio esistente non utilizzato viene stabilita come condizione senza cui non è possibile prevedere alcuna nuova espansione, il testo di legge lombardo stabilisce che sia una valutazione tecnico economica il criterio con cui verificare l’eventuale necessità di nuove aree urbane di espansione.

L’unico condizionamento alla ammissibilità di nuove previsioni urbanizzative sta invece nell’obbligo all’attuazione preliminare di tutte le previsioni di espansione e trasformazione vigenti all’entrata in vigore della legge. Ciò vuol dire che si potranno consumare nuovi suoli solo quando avremo consumato totalmente quelli già previsti nei PGT ad oggi approvati. I dati sulle potenzialità edificatorie contenute nei nuovi PGT (non solo negli Ambiti di Trasformazione del Documento di Piano, ma anche negli ambiti di completamento e di espansione contenuti nei Piani delle Regole) sono preoccupanti, apparentemente indifferenti alle attuali condizioni di crisi profonda del settore edilizio: le aree libere che potrebbero essere coinvolte in processi di urbanizzazione superano ampiamente i 55.000 ettari, una quantità addirittura superiore ai 47.000 ettari consumati in Lombardia tra il 1999 e il 2012 (si veda: Rapporto 2014 CRCS, INU Edizioni). In altre parole se si consuma tutto quanto previsto nei piani si potrà consumare ancora. Non c’è che dire, un ottimo disincentivo al consumo di suolo!

Infine si conferma, secondo un’impostazione inaccettabile nel momento in cui ci si pone concretamente l’obiettivo di mitigare gli impatti determinati dalle trasformazioni antropiche sulle capacità ecosistemiche e funzionali dei suoli (ecologiche, idrogeologiche, produttive, ecc), la possibilità di escludere alcune categorie di interventi pubblici o di interesse pubblico dalla contabilità del consumo di suolo; come se il valore sociale di una scuola o di un servizio collettivo annullasse l’impatto della trasformazione del suolo e non rendesse comunque necessari adeguati interventi di compensazione o di mitigazione.

Così, mentre in altri paesi si stanno mettendo in campo politiche integrate di contenimento dei processi urbanizzativi, che comprendono la regolazione degli usi del suolo, il sostegno agli interventi di riuso e rigenerazione urbana, meccanismi di compensazione ecologica e dispositivi di fiscalità locale, la legge lombarda si limita a prefigurare l’applicazione di un controllo puramente quantitativo del consumo di suolo (la soglie comunali di consumo di suolo ripropongono le stesse logiche di contingentamento dei suoli urbanizzabili applicati senza grandi risultati nello scorso decennio dai PTC provinciali). L’importanza di definire modalità omogenee e condivise per la definizione dei fabbisogni insediativi, e non solo residenziali, rispetto ai quali valutare l’adeguatezza delle previsioni dei piani non viene invece affrontata, se non marginalmente, introducendo l’obbligo per il DP di dimensionare gli obiettivi quantitativi di sviluppo sulla base di un generico e non meglio verificabile fabbisogno residenziale.

Il sostegno alle politiche di rigenerazione urbana è limitato a vaghe misure di incentivazione che prevedono la possibilità di accedere a finanziamenti regionali (quali e di che entità resta non detto) a quei comuni che avviano genericamente azioni concrete di riqualificazione e riuso. Si prevedono misure di semplificazione procedurale e di incentivazione, ma anche in questo caso i loro contenuti verranno definiti successivamente (entro 12 mesi) dalla Giunta regionale.

Si rinuncia invece a rafforzare uno dei dispositivi più importanti contenuti nella legge regionale 12/2005, l’art. 43, comma 2bis, che prevedeva un incremento del costo di costruzione (fino ad un massimo del 5%) nel caso di urbanizzazione dei suoli “di fatto” agricoli. Un dispositivo che timidamente anticipava un’auspicabile e più robusta applicazione della fiscalità locale come strumento per ridurre le assai elevate convenienze economiche determinate dalla rendita urbana nella trasformazione dei suoli agricoli. Nel nuovo Progetto di Legge, per quanto si fissi al 5% l’incremento obbligatorio del costo di costruzione, si elimina la specificazione che tale contributo venga applicato ai suoli agricoli “di fatto” rendendo in tal modo implicito che verrà richiesto solo nella trasformazione urbana di suoli a destinazione agricola nel piano (e cioè evidentemente mai, salvo varianti). A ciò si aggiunga un’ulteriore confusione generata nel meccanismo applicativo laddove si estende la possibilità di destinare le risorse cosi acquisite non solo al sostegno di politiche ambientali ed ecologiche locali (l’attuale “fondo aree verdi”), ma anche per misure di riqualificazione urbana, senza specificare competenze e quote dedicate, rendendo ingestibile la finalizzazione del gettito generato.

Infine le norme transitorie. Ci si chiede se quando questa legge verrà applicata servirà ancora a qualcosa. Tutte le enormi previsioni dei PGT vigenti sono fatte salve; l’adeguamento ai disposti di legge è fissato alla scadenza di validità dei DP. All’entrata in vigore della legge le previsioni dei PGT potranno essere rese esecutive con l’approvazione dei relativi piani attuativi, da convenzionarsi entro un limite di 3 anni; ancora una volta il ricorso ad un periodo di moratoria (di cui già si intravedono le usuali proroghe ad libitum) rischia di avviare una corsa frenetica degli operatori all’attuazione del piano per non perdere le potenzialità edificatorie, anche al di là di una effettiva sostenibilità finanziaria e opportunità dell’intervento urbanistico.

Affrontare il consumo di suolo è una questione seria e urgente. Questa legge, al di là della retorica, rischia di avere effetti distorsivi e incentivanti sui processi urbanizzativi, di segno opposto rispetto alle finalità dichiarate. La strada non può essere quella di emendare alcuni articoli ma è quella di ripartire dalla prima proposta approvata, di fatto già discussa e condivisa, di migliorarla dove possibile, e di approvarla al più presto.

 

Andrea Arcidiacono* e Damiano Di Simine**

 

*Centro di Ricerca sui Consumi di Suolo – CRCS, Politecnico di Milano

**Presidente Legambiente Lombardia



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