17 luglio 2013

la posta dei lettori_17.07.2013


Scrive Lorenzo Zacchetti ad ArcipelagoMilano – In merito al dibattito in corso sulle regole per il verde a Milano, con particolare riferimento agli interventi di Elena Grandi e Francesco Borella, credo che vadano accolte con interesse tutte le sollecitazioni di pensiero sull’argomento. Tuttavia, visto che la città necessita di numerosi interventi e quindi serve ottimizzare le energie, andrebbe tenuto in considerazione che l’assessora al verde Chiara Bisconti (che ha ricevuto tale delega solo pochi mesi fa) sta già lavorando a un regolamento che, nelle previsioni, andrà a sanare l’evidente carenza ereditata dalle precedenti amministrazioni. Una maggiore circolazione e conoscenza delle informazioni, soprattutto da parte delle forze politiche che hanno sostenuto l’elezione del nostro sindaco Giuliano Pisapia, eviterebbe perdite di tempo e comportamenti poco spiegabili come la presentazione in tutti i consigli di zona di mozioni relativi a processi già cominciati. (Presidente Commissione Sport, Benessere e Verde Consiglio di Zona 7)

 

Replica Sergio Brenna a Fabrizio Bottini – Leggo sempre con grande interesse i tuoi scritti su Eddyburg e Mall, che trovo densi, complessi, ma di grande interesse. Mi stupisco, quindi, che tu trovi oscuro ed esoterico il mio povero intervento su CityLife. Se vuoi te lo dico in modo ancora più semplice: la Variante urbanistica da cui è nata CityLife era gravemente sbagliata negli indici urbanistici perché finalizzata da Fondazione Fiera solo a raggiungere la rendita di 250 milioni di euro; le Amministrazioni comunali Albertini / Lupi – Verga prima e Moratti – Masseroli sono state succubi dei voleri di Fondazione Fiera anche quando essa ha ottenuto una rendita doppia di quella attesa e si sarebbe potuto, quindi, chiedere indici urbanistici più ragionevoli. Altrettanto sta facendo ora la Giunta Pisapia – De Cesaris nonostante la richiesta di proroga della convenzione le avrebbe consentito di ottenere qualche miglioramento. Credo che i cittadini che affollano numerosi le iniziative di Vivi e progetta un’altra Milano tutto ciò lo capiscano benissimo, così come i disagi di chi vive a fianco delle mega torri alte il doppio di Pirellone e Palazzo Formigoni e di chi ha acquistato gli edifici in costruzione e vivrà in un perenne cantiere per oltre un decennio. Se non lo capiscono gli addetti ai lavori me ne farò una ragione.

 

Scrive Robert Sélitrenny a ArcipelagoMilano – Anche non essendo sistematicamente d’accordo su tutto col vostro collaboratore Paolo Viola vorrei esprimere qui il mio grande rispetto per il suo coraggio giornalistico che non bada alla moda d’un momento, più o meno breve (confronta  Schiller / Beethoven 9a Sinfonia: ” … was die Mode streng geteilt =…che la moda separò”).  (direttore d’orchestra Svizzera)

 

Scrive Alberto Maffi a Paolo Viola – Premesso che mi trovo spesso a condividere le sue recensioni musicali, trovo quest’ultimo intervento di un ottimismo quasi sfrenato. 1) Sull’offerta musicale della nostra città. Lasciando da parte l’opera, fatalmente monopolio della Scala, per quanto riguarda la musica strumentale vorrei distinguere la musica da camera dalla sinfonica. Per quanto riguarda la prima la mia impressione è (correggetemi se sbaglio) che la musica da camera sia quasi totalmente sotto il ferreo controllo delle agenzie, per cui da decenni le nostre società ci propongono sempre gli stessi nomi: in prevalenza pianisti, qualche violinista o violoncellista, qualche quartetto, praticamente niente strumenti a fiato o concerti di canto solistico o corale. Io ho sempre pensato (sono un inguaribile utopista?) che la direzione artistica di una società di concerti dovrebbe sentire il dovere, che poi è soprattutto un piacere, di andare a scoprirsi gli esecutori in giro per l’Europa (perché l’Europa non fa niente per favorire la circolazione dei propri musicisti?), se non per il mondo. Chi ha mai visto a Milano da decenni un esecutore francese, inglese o tedesco o ungherese (che non siano i due o tre soliti)? Per quanto riguarda la sinfonica, certo c’è la crisi, ma io sono molto perplesso sul vantaggio di “ascoltare dal vivo un concerto di media qualità”. Se non ci fosse il MITO, chi mai vedrebbe e ascolterebbe a Milano una delle grandi o anche solo medie orchestre europee?

2) Quanto al fatto che le sale da concerto siano ora “piene anche di giovani” mi induce a pensare che il Viola inforchi ai concerti degli occhiali così neri da impedirgli di constatare il reale colore delle capigliature (maschili perché quelle femminili sono spesso menzognere) che riempiono (si fa per dire) la sala. A questo proposito introduco per brevità il mio ultimo argomento. Io cerco da anni di sollecitare gli studenti dell’Università dove insegno (Milano – Bicocca, dove sono iscritti più di 30.000 studenti) a partecipare alle attività musicali che, grazie al sostegno del Rettore Fontanesi, siamo riusciti a mettere in piedi: coro, orchestra classica, orchestra jazz e da ultimo ensemble di chitarre (attività tutte da cui, essendo la partecipazione non retribuita, sono rigorosamente esclusi i professionisti). Ebbene, gli studenti che rispondono a queste sollecitazioni si contano annualmente sulle dita di una o al massimo di due mani. Stessi numeri (più o meno) per quanto riguarda gli studenti interessati ad ascoltare i nostri concerti. Questo è lo specchio della cultura musicale nel nostro beneamato Paese e non è certo un quadro che induce all’ottimismo (è difficile che possa svilupparsi e trasmettersi il “mestiere dell’ascolto” se la musica non la si pratica, suonando uno strumento o cantando in un coro). Per concludere (provvisoriamente): è vero che molti enti musicali (in assenza di un insegnamento scolastico obbligatorio) cercano di organizzare iniziative di promozione delle conoscenze musicali, ma secondo me manca un coordinamento efficace. Anni fa l’Associazione Meglio Milano (di cui fra l’altro fanno parte le Università milanesi) aveva organizzato un incontro fra enti musicali e non, per promuovere la creazione di un “Osservatorio musicale” milanese, che potesse intraprendere dei passi concreti in questa direzione, prima di tutto facendo “l’inventario” delle attività musicali municipali e provinciali, pubbliche e private. L’iniziativa, per quanto ne so, è caduta nel nulla. Chi sa se ArcipelagoMilano potrebbe essere interessato a rilanciarla? (Vice Direttore del Dpt dei Sistemi giuridici dell’Università di Milano-Bicocca e violoncellista dilettante)

 

Replica Paolo ViolaInnanzitutto grazie per l’attenzione che dedica a queste mie modestissime note e per le belle osservazioni che – a parte il suo … “sfrenato pessimismo” – mi vedono concorde su molti aspetti, come lo strapotere delle agenzie, l’assenza delle grandi orchestre straniere, la scarsa cultura musicale (soprattutto nei giovani) e infine l’opportunità di coordinamento fra le istituzioni musicali della città (ne ho scritto più volte e forse se potrebbe riparlarne, anche qui ad ArcipelagoMilano). Credo però che alla base di tutto vi sia la generale e atavica mancanza di quattrini e una classe dirigente (politica e istituzionale) di non elevata cultura. Vorrei però ribadire che a mio avviso, nonostante tutto, le sale sono parecchio più piene di una volta e che, a differenza di quanto lei osserva, di giovani interessati alla musica ne conosciamo e ne vediamo molti ai concerti, anche se non tanti quanti se ne vedono a Berlino o a Parigi; ma sono anche convinto che la colpa non sia solo loro, sia anche di chi fa assai poco per catturarli all’immenso piacere della vera musica.

 



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