23 aprile 2024

CONTINUIAMO A FARE RUMORE CONTRO IL PATRIARCATO! 

La testimonianza di Gino Cecchettin e “l’importanza dell'empatia e della solidarietà” 


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Gino Cecchettin fa tappa a Milano per presentare in una sala gremita presso la Fondazione Feltrinelli il libro “Cara Giulia”, scritto a quattro mani con Marco Franzoso: insieme hanno trovato il modo di sviluppare le lettere che Gino aveva iniziato a scrivere a Giulia, per mettere nero su bianco dei pensieri, scavando nei ricordi, anche i più remoti, e aggrappandosi a essi.  Così è nato questo libro, un libro memoriale, un dono verso Giulia, ma anche di Giulia. 

Lo affiancano nella presentazione Barbara Stefanelli e Walter Veltroni, che lo aveva intervistato per il “Corriere della sera” il giorno dopo il funerale e che fin da subito aveva saputo cogliere con precisione il tratto di personalità che distingue questo padre nel dolore. 

Gino, infatti, non ha avuto una reazione di vendetta, rabbia e rancore, ma si è mostrato capace di governare il dolore con una compostezza esemplare e di portarlo fin dai primi tragici momenti con grazia e gentilezza, quella “grazia tranquilla” che Giulia sapeva infondere in tutte le cose; “solido e deciso” soprattutto per gli altri due figli, Davide e Elena.

Per dirlo con le parole di Veltroni, Gino ha saputo dare in sintesi al suo dolore una disciplina etica e ci sta offrendo sia con interventi in pubblico che con questo libro “una testimonianza civile di un cittadino italiano” di cui dobbiamo essere grati.

C’è stato chi non lo ha compreso e avrebbe considerato più tollerabile l’immagine dell’uomo devastato, adattativo, muto e prono di fronte al dolore; alcuni sono arrivati addirittura a insultarlo e attaccarlo sui social o in qualche dibattito in TV, accusandolo di lucrare sulle spoglie della figlia: si tratta di una minoranza rumorosa e violenta, mentre la stragrande maggioranza continua a stringere in un abbraccio ideale e a manifestare ogni giorno con calore la propria vicinanza a quest’uomo capace di dare voce in maniera costruttiva al dolore e a non fare mai esercizio violento della parola. Ha trovato e trova sostegno non solo nella sua piccola comunità di Vigonovo, ma nel Paese.

Gino avverte come un privilegio il sostegno di tante persone e riesce a rivolgere un pensiero persino ai genitori di chi ha ucciso sua figlia, che in questo momento, invece, sono lasciati completamente soli.

In qualche misura anche gli incontri per la scrittura del libro, con persone che avevano conosciuto Giulia e che gliel’hanno raccontata alla luce del proprio vissuto, e questo percorso attraverso l’Italia per presentarlo, gli danno la forza per andare avanti con uno scopo, per fare qualcosa per gli altri e dare al tempo un valore diverso rispetto al passato.

Non solo al tempo, ma anche alle parole, perché dalla figlia Elena – che ha scritto nella sua lettera “non sono mostri, ma i figli sani del patriarcato” – Gino ha compreso che la parola “patriarcato”, ripescata dalle nuove generazioni, non ha soltanto il significato di una conduzione familiare in cui il padre prende le decisioni, ma di una forma primordiale di dominio violento della forza dell’uomo sulla donna, che torna a manifestarsi in forme parossistiche in una società dove c’è ansia, disagio profondo e che troppo spesso degenera in violenza non solo verbale. Una dinamica di potere e controllo alimentata da stereotipi e aspettative di genere, esercitata da uomini su donne che sostengono di amare e che invece annientano, psicologicamente e fisicamente. 

Elena  ha denunciato con fermezza la matrice patriarcale della violenza subìta dalla sorella e ora Gino scrive nel libro che “la violenza di genere esplode quando certi uomini sentono messa in crisi la loro posizione predominante e minate le loro prerogative, il loro essere uomo, maschio” e aggiunge il suo appello a assumersi la responsabilità di un cambiamento “per togliere la terra sotto i piedi all’uomo violento”.

Questo libro è parte di un progetto più ampio a sostegno delle vittime della violenza di genere, che Gino intende perseguire – anche con l’appoggio dei suoi figli – dando vita a una Fondazione, che si propone di organizzare programmi di formazione, seminari e iniziative educative volte a sensibilizzare la comunità sulla violenza di genere e promuovere la prevenzione nelle scuole, insegnando ai più giovani che l’amore non è controllo e sopruso e che bisogna saper riconoscere i segnali di pericolo: “I criminologi che venivano a casa mi spiegavano che all’ultimo appuntamento c’è chi arriva con un anello, chi con una pistola, ma bisogna avere gli elementi per capirlo”.  Intende portare avanti il suo progetto in rete con Regioni, Comuni, Università e altre associazioni già attive sul territorio per contrastare la violenza sulle donne, in una dimensione solidale di collaborazione, il più inclusiva possibile. 

 “Farò il possibile perché il tuo nome e il tuo esempio di vita possa spingere le persone a riflettere sull’importanza dell’empatia e della solidarietà, che tu nella tua semplicità hai incarnato in modo esemplare”: questo è l’impegno che Gino si è assunto nel giorno della Laurea conferita alla memoria della figlia.

Tutti i proventi netti dei diritti d’autore del libro “Cara Giulia” saranno destinati alla Fondazione. Un libro che ognuno di noi può acquistare e leggere per appoggiare la missione di un padre a cui è stato rubato il futuro.

Rita Bramante



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