19 marzo 2024

UN BARBIERE IN MINIATURA

Una bella sorpresa    


Imm. Viola

È un programma che sembra destinato a pochi intimi ed è un peccato, perché è una di quelle cose che rende Milano una città meravigliosa e piena di sorprese. E per di più è un programma apertissimo: basta informarsi, scegliere lo spettacolo che interessa, pagare un modestissimo biglietto e sedersi nelle comode poltrone di platea.

Si tratta della stagione del Teatro PIME, in via Mosè Bianchi 94 – dove PIME sta per “Pontificio Istituto per le Missioni Estere” ma non fatevi spaventare, è un luogo di cultura apparentemente laico dove non è richiesta alcuna attestazione di fede religiosa! – un teatro da 500 posti con un ricco cartellone che potete trovare su https://www.teatropime.it/cartellone la cui programmazione contiene una chicca della quale voglio raccontarvi.

Da due anni a questa parte, due volte all’anno, in quel teatro va in scena un’opera lirica, “ridotta” secondo la felice intuizione di una musicista di grande talento, Altea Pivetta, con giovani (e più raramente meno giovani) cantanti e strumentisti, da lei selezionati con cura e magistralmente diretti. Tutto cominciò nell’autunno del 2022 con Bohème, seguita nella primavera e nell’autunno successivi da Traviata e Butterfly, fino al “Barbiere di Siviglia” dell’altro giorno. (L’opera – ”Opera Buffa” per antonomasia – che è stata scritta da Rossini quando aveva 23 anni (!) e che andò in scena al teatro Argentina di Roma nel 1816 con il titolo “Almaviva, o sia l’inutile precauzione” per rispetto del settantaseienne tarantino Giovanni Paisiello; il quale aveva scritto un Barbiere di Siviglia 34 anni prima, ed era in punto di morte a Napoli. La prima romana fu un fiasco totale, ma già alla seconda recita, due giorni dopo, ebbe il trionfo che non gli è mai più venuto a mancare).

Altea Pivetta, una friulana diventata milanese molti anni fa, ha inventato questo genere di spettacolo cui ha dato il nome di “Opera Breve” (ha avuto qualche imitazione che però sembrerebbe essersi persa per strada), un’operazione molto raffinata che consiste nel “riassumere” l’opera, contenerla in poco più di un’ora di spettacolo, selezionarne le parti più significative, scegliere i personaggi chiave della trama, fare – con grande abilità – un “taglia e cuci” della partitura, in modo che tutto stia perfettamente in piedi e che si possa gustare il cuore dell’opera senza tradirne il senso.

Lei stessa disegna e realizza le scene e i costumi in forme sommarie ed essenziali, è regista e scenografa degli spettacoli la cui caratteristica è la possibilità, più volte sperimentata, di portarli nei luoghi più disparati, case, ville, giardini e cortili privati, e potrebbero essere rappresentati anche nelle scuole, negli ospedali, nelle carceri, ovunque si possa montare un mini-palcoscenico e circondarlo con le sedie per il pubblico.

Il Barbiere di domenica scorsa si è rivelato in tutto il suo splendore, con una scenografia minimale eppur piena di poesia (scene e costumi realizzati come sempre dalla stessa Pivetta all’insegna del motto “molto con poco”!), con la parte strumentale affidata a un organico essenziale, tanto inusuale quanto suggestivo, da leggersi, ovviamente, in chiave andalusa (al pianoforte l’onnipresente concertatrice Maria Silvana Pavan, Alessandro Guerra alla chitarra e Nadio Marenco alla fisarmonica!). Le voci erano di: Francesco Bossi (Figaro), Asya Allahverdova (Rosina), Imanol Laura (Conte d’Almaviva), Gabriele Bolletta (Don Bartolo), Giuseppe Olive (Don Basilio) e Giovanna Mirani (Berta).

Tutti all’altezza della situazione, nonostante qualche momento di incertezza affiorata qua e là nell’intonazione, ma su tutti ha sicuramente brillato la Allahverdova nelle vesti di Rosina, con una voce molto ben impostata e una grande sicurezza nell’interpretazione del personaggio. Anche il Figaro di Bossi, la cui potente voce avrebbe forse bisogno di essere un po’ ammorbidita, si è distinto per la vivace e puntuale presenza scenica.

Nell’insieme uno spettacolo di grande piacevolezza che ha suscitato sincero entusiasmo in un pubblico tutt’altro che sprovveduto. Ma la sorpresa vera, che rende magici questi spettacoli, è la capacità di Altea Pivetta di metterli in scena con mezzi modestissimi senza mai penalizzarne la qualità. Altea ha fatto della sua “Opera Breve” una vera missione di proselitismo nei confronti della musica lirica, all’insegna della qualità, della cultura, della raffinatezza.

È il modo più concreto – l’ho potuto sperimentare personalmente portandovi amici totalmente privi di interesse per la musica lirica – per avvicinare all’opera un pubblico che altrimenti non l’affronterebbe mai, per aiutare il sempre difficile decollo di giovani cantanti, per scoprire nei grandi capolavori del passato inediti risvolti e nascoste curiosità. Perché, come sempre, la musica sentita dal vivo e a breve distanza, come con i concerti in casa (e non nei grandi teatri), è tutt’altra cosa, dà altre emozioni, dispiega molto più in profondità la magia che le è propria.

Brava Altea, continua quest’opera di acculturamento che ci fa trascorrere ore liete e di grande spessore, che avvicina alla musica colta tanta gente che, pur avendo la sensibilità per goderla, non ha avuto quell’educazione musicale che da anni invochiamo per le nostre scuole. Buon lavoro!

Paolo Viola

Credits

  • L’immagine è di ” Roberto Bellu di Artphotogram”


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  1. Vittoria MoloneOttima recensione di uno spettacolo che mi dispiace molto avere perso. Di qui la mia preghiera a Paolo di avvisarmi per tempo affinché io possa liberarmi dalla mia consueta clausura domenicale. Comunque è sempre piacevole leggere i suoi commenti dotti e “leggeri” nel senso positivo del termine.
    20 marzo 2024 • 14:46Rispondi
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