19 marzo 2024

IL “MODELLO MILANO”

Un cattivo esempio per il Paese


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In questo ultimo decennio i fondi finanziari internazionali hanno investito su significativi progetti di trasformazione urbana nel Paese, in particolare in Lombardia (50% degli investimenti complessivi) e più specificatamente sulla città di Milano.

Con investimenti per 15 miliardi tra il 2014 e il 2018 e una stima di 13 miliardi tra il 2019 ed il 2029, Milano è prima città in Europa per investimenti legati all’immobiliare, seconda Monaco (10,8 miliardi) terza Amsterdam (10,2 miliardi) [fonte: Scenari Immobiliari].

Oltre alle aree private, sono sotto la lente della “valorizzazione” della finanza immobiliare le aree pubbliche sparse in tutto il Paese, sono le aree ferroviarie, le Caserme, gli stadi.

Davanti a tale mole di investimenti privati, l’apparato di governo del territorio, sia nella sua componente tecnico/dirigenziale che politica, sta mostrando invece tutta la sua debolezza nel governare i processi di trasformazione con tutte le implicazioni finanziarie sottese.

Dal Lazio, al Veneto, alla Lombardia, sotto la comune bandiera della deregolamentazione e della sussidiarietà pubblico/privato e con l’adozione di leggi regionali rivestite della ormai consueta semantica mistificatoria (si pensi ad esempio all’ambigua accoppiata rigenerazione-valorizzazione), sono molte le giunte regionali e comunali (di ogni colore) che hanno cercato o stanno cercando  di snaturare lo spirito di norme nazionali fondamentali a tutela dell’interesse pubblico; ma è proprio questo apparato normativo ad aver consentito nel ventennio fra gli anni settanta e ottanta la costruzione della “città pubblica” che conosciamo oggi.

La Milano “che conta” in particolare ha promosso questa traiettoria di sviluppo magnificandone in ogni dove gli effetti morfologici ed evitando deliberatamente di porre la questione sui reali processi finanziari sottesi da questo sviluppo e della (ormai palese a tutti) assenza di ricadute positive in termini di incremento e miglioramento dei servizi pubblici essenziali al funzionamento della città.

Dobbiamo questa “magnifica” narrazione del “Modello Milano” al lavoro costante in questi anni delle edizioni locali dei più importanti organi di stampa, a uno studiato sistema di creazione di blog e social media appositamente nati allo scopo di fabbricare facile e superficiale consenso, al silenzio delle molte istituzioni culturali e scientifiche cittadine (Politecnico di Milano, Triennale, ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri) in molte delle quali  alcuni loro membri in ruoli apicali hanno praticato un disinvolto passaggio di casacca, dal pubblico al privato e viceversa con ciò minandone la terzietà ed il necessario e fondamentale ruolo di osservatori critici dei processi in atto.

Ed è con queste, diciamolo, miserrime condizioni al contorno milanesi (rilevabili anche altrove), fatte di evidenti conflitti di interessi fra vita professionale e incarichi pubblici, che si è subito avviato, con una tempestività tale da suscitare qualche sospetto (perché solo al seguito delle recenti indagini della Procura milanese e della Corte dei Conti), il dibattito nazionale sulla necessità di superamento del DM 1444/68.

Questo Decreto, tornato alla ribalta mediatica, è una norma fondamentale dell’urbanistica, stabilisce limiti di densità e altezza degli edifici, regola quantità minime da garantire in termini di servizi pubblici da realizzare contestualmente a progetti privati.

Michele Talia, presidente dell’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica), ha definito il Decreto come un “monumento della storia urbanistica” del quale bisogna non avere più “soggezione”.

Paolo Mazzoleni (a Milano ex presidente della Commissione Paesaggio, ex presidente dell’ordine degli architetti, ora assessore all’urbanistica del Comune di Torino e indagato per un presunto abuso edilizio dalla Procura milanese) sostiene essere necessaria più “-fiducia nelle competenze- per non trincerarsi dietro elementi semplicemente misurabili”, tradotto: liberiamoci dalla norma e diamo fiducia ai tecnici (…).

Ma davvero siamo arrivati a sdoganare la “fiducia” come una categoria urbanistica? E poi, “fiducia” di chi e nell’interesse di chi?

Il mantra che si vorrebbe far passare, raccontato un po’ da tutti questi innovatori del pensiero urbanistico sarebbe in sintesi il seguente: oggi le città hanno nuove sfide da affrontare, cambiamenti climatici, sostenibilità, consumo di suolo e la norma in vigore è vecchia e superata.

Niente di più distante dal vero.

Definire, come fa la norma attuale, il diritto di tutti i cittadini ad uno standard minimo a livello nazionale per avere determinate quantità di servizi pubblici come asili e scuole, verde urbano, perché mai dovrebbe essere in contrasto con i cambiamenti climatici?

Prevedere, come fa la norma attuale, regole cogenti per una corretta captazione delle plusvalenze degli utili prodotti dagli investitori privati (oneri di urbanizzazione, monetizzazioni degli standard, riconoscimento della partecipazione pubblica agli utili degli operatori privati) perché dovrebbe ostacolare la realizzazione di infrastrutture abilitanti come trasporto pubblico e case popolari?

I grattacieli, più o meno boschivi, a cui le società immobiliari sono tanto interessate non è e non è mai stato vietato realizzarli. Le norme, che ora si vogliono definire obsolete, prevedono (come è ovvio che sia) che dato l’alto “carico urbanistico” di questi interventi, essi vadano progettati e realizzati dentro un percorso (l’Accordo di Programma) guidato dalla Pubblica amministrazione a tutela dell’interesse pubblico.

E quanto al consumo di suolo basterebbe avere finalmente una norma nazionale che mettesse fine al proliferare di leggi regionali; l’inefficacia della legge regionale lombarda sul consumo di suolo è l’esempio evidente.

Di tutto quanto sopra ne abbiamo parlato lunedì 11 marzo nell’incontro organizzato al CAM GARIBALDI, C.so Garibaldi 27, con Gianni Barbacetto, Veronica Dini, Lucia Tozzi e Paolo Berdini.

Gabriele Mariani, Ingegnere Architetto

Co-portavoce Ass.ne Milano In Comune



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  1. Cesare MocchiSull'inefficacia della legge lombarda sul consumo di suolo e sulla semantica mistificatoria che la contraddistingue, basterebbe limitarsi alle definizioni (art. 2 LR 31/2014, per chi volesse darsi la briga di controllare). In poche parole, "consumo di suolo" c'è solo se si modifica la destinazione agricola di un terreno (la destinazione "urbanistica" agricola, badate bene, non lo stato di fatto); mentre nel territorio già urbanizzato sono comprese le previsioni antropiche non attuate, anche di natura pubblica (anche le previsioni di parchi quindi, che sono utilizzati dai cittadini e quindi "antropici"). Così se prendo un'area verde destinata a parco e la rendo residenziale, non ho - secondo la legge - consumo di suolo; se invece prendo un allevamento di maiali e lo destino poniamo a parco giochi, paradossalmente lì il consumo di suolo c'è (da agricolo ad antropico, sono esclusi solo i parchi territoriali). E così si spiega come mai il PGT di Milano ad esempio non consuma suolo: certo, ha reso edificabili le aree già previste a verde; ma questo per il magico gioco della semantica mistificatoria, non è consumo di suolo. Siamo nelle mani di mascalzoni...
    20 marzo 2024 • 10:51Rispondi
  2. Maria Luisa PennacchioniNon so dire se nel consumo di suolo possano inserirsi gli auspicabili parcheggi sotterranei, venduti magari a prezzo calmierato ai possessori di case in zona e non a chi li comprerebbe come investimento pur abitando altrove. Milano ha necessità assoluta di questi spazi, anche per le numerose case antiche che fanno parte della città e totalmente prive di box. Oltretutto questi parcheggi lascerebbero spazio ad aree verdi e godibili(vedi Largo Rio de Janeiro ed altri). Le giunte recenti hanno volutamente ignorato il problema e chiuso gli occhi all'inevitabile parcheggio a lato strade, nonchè a macchine posteggiate in doppia fila per soste momentanee. nessuna risposta né tanto meno progetti in merito.
    20 marzo 2024 • 15:51Rispondi
  3. AdaOltre al "consumo di suolo" e' evidente ormai da parte dei grattacieli il consumo di cielo che toglie luce ed aria a chi abita nelle vicinanze.Anche quello andrebbe considerato e di conseguenza fatto pagare .Aumentare i volumi e "uccidere" la proporzione degli edifici andrebbe perseguito come attentato alla salute pubblica.Si piantano grattacieli e si chiacchera solo di alberi e di verde....
    20 marzo 2024 • 18:52Rispondi
  4. Archibuc*Per una critica costruttiva senza polemiche ma in una forma che ritengo debba essere sincera, se no c’è il rischio che qualcuno pensi veramente che facendo delle regole si possano risolvere dei problemi che invece stanno nel manico, ovvero nella forma stessa di come si è evoluto il “sistema produttivo capitale” A seguito della serata diretta da Mariani al CAM GARIBALDI con presenza della Lucia Tozzi , di Barbacetto, Avv Dini e Paolo Bedini esce questo “Cattivo esempio” articolo firmato da Gabriele Mariani che riassume il senso della serata ma non prende minimamente in considerazione alcune questioni emerse in sala e che in qualche maniera coincidono con la questione postata nei commenti al blog da Cesare Macchi ovvero il NON senso del parlare di consumo di suolo in quanto il suolo di una città è di fatto gia tutto consumato! Piu in generale ciò che appare, è una splendida analisi fatta dai relatori sulla narrazione del Modello Milano e dei processi finanziari sottesi a questo sviluppo, che si esaurisce in una difesa basata su richieste normative limitative, ed evocando l’urbanistica come mezzo di contenimento e salvaguardia dello sfruttamento degli abitanti e baluardo contro il nuovo ed evoluto sistema di estrattivismo, per altro proprio voluto dall’Amministrazione. Una volta si chimava SPECULAZIONE e non era la produzione. Il modello Milano invece identifica la speculazione con la produzione, e consente l’accumulazione di questo capitale. Capiate speculativo in quanto estratto estratto direttamente (non piu dalla fabbrica) ma dal territorio direttamente dalla scomposizione in funzioni delle attività ri_produttive delle persone che ci vivono / che ci vengono / che ci invecchiano /che ci studiano..ecc ecc.. Questa NON è una logica da regolare, la speculazione sulle funzione umane è da vietare specie nelle sue forme massificate, talmente massificate che a Berlino è stato fatto un referendum per impedire ad una medesimo fondo immobiliare di possedere oltre trentamila immobili destinati a B&B. Questa NON è una logica da regolare ma da denunciare , da abbattere. Lo stesso referndum fatto a Belino di commenta da solo ad una persona di buon senso , e non solo per il numero , ma perche basta che il capitale diversifichi l’intestazione. La regolamentazione NON è la soluzione al problema, cosi come non lo è stata per la citta fordista prima e per la produzione in fabbrica. La regolamentazione di fatto ha significato e significa oggi accettare il terreno posto dal FINANZ_CAPITALISMO e in ultima analisi, cercare di limitarlo mettendogli ordine, ma di fatto accettando UN DIRITTO LEGITTIMO alla speculazione che NON È LEGITTIMO!! : quello imposto dai fondi di investimento di produrre plus valore dalla industrializzazione della vita stessa degli abitanti la città, scomponendone, e industrializzandone le funzioni RI_PRODUTTIVE mettendole a valore sul territorio, espellendo chi non puo permettersi di stare al gioco e di resistere alla lievitazione del costo della vita E QUEL DIRITTO CHE VA NEGATO IN NOME DELLA VITA DELLA SALUTE E DEL BENESSERE DEGLI ABITANTI E DELLA CITTA INTESA COME COSA PUBBLICA! La creazione del MODELLO MILANO artificiosamente citta immagine la cui economia si fonda sul fatto di riuscire a divenire e restare un HUB della circolazione di capitale internazionale e nello sperimentare una deterritorializzazione dei sui abitanti che è una parte di questo disegno, che una volta esportato ed ampliato in forme diverse sul territorio e in altre città, ridurrà definitivamente li individui ad ALLOGGIARE non piu ad ABITARE. Allora necessita ragionare sui termini e sulle differenze tra Abitare ed Alloggiare, tra Valore d’Uso e valore di scambio, tra Cittadino ed Abitante, ecc.. La questione come in un articolo di un po di tempo fa sulle pagine del Manifesto rimane inevasa: ….” ben prima del pregio dell’architettura, è il reale potere che resta agli amministratori locali per perseguire un disegno di città indipendente o in opposizione ai flussi di mercato e agli interessi economici che investono il territorio da orizzonti globali, favorendone la gentrificazione. Perché prediligere la comunità cosmopolita (ma in fondo standardizzata) di consumatori del suolo che attira un hotel, alla comunità ugualmente cosmopolita dei suoi abitanti stanziali? “ Regolamentare = significa limitare Opposizione = significa cambiare i presupposti e cambiare il linguaggio IL sistema HUB = + economia + PIL + Borsa è l’economia cosmopolita e standarizzata La felicità umana = è legata agli abitanti stanziali significa piu tempo + rapporti + ecologia + una ricerca di un bilanciamento nel rapporto uomo territorio non necessaroamente legata all’estrazione di plus valore! La questione NON è non aumentare il consumo di suolo la questione è RITERRITORIALIZZARE ! Riterritorializzare una citta che possedeva migliaia di metri quadrati di aree industriali inquinate e che potevano essere liberate sia dall’inquinamento che dalla speculazione per riequilibrare il rapporto uomo ambiente, Aree che al posto di essere disinquinate a spese delle fabbriche che le avevano inquinate, sono state spesso disinquinate con soldi pubblici e comunque concesse ai fondi speculativi che sono gli stessi capitali trasformati in Holding finanziarie dalle grandi famiglie industriali che le avevano sfruttate. Una beffa legalizzata e un’occasione persa per sempre : RITERRITORIALIZZAZIONE MANCATA ! Altro che i 18 mq a testa della legge urbanistica del 68! Che suona tanto come un diritto “CINESE” e che a seconda i come si sposta l’economia possono diventare 14 o 12 come per i metri quadrati minimi della camera da letto matrimoniale! Che poi non sono minimi ma diventano lo STANDARD! L’Urbanistica nasce per mettere ordine al sistema di produzione della città fabbrica del capitale ma non è mai stata l’urbanistica a creare la citta se non nelle citta utopiche per altro mai realizzate L’urbanistica al massimo è giunta a concetti di “ PRESERVARE I DIRITTI dei cittadini ed espropriare in nome della pubblica utilita aree a privati. Mai è stata messo in discussione il sistema di accumulazione di inquinamento di sfruttamento ,e il tempo vita sottratto dai capitalisti ai lavoratori. Oggi come allora la linea di confine va vista e riconosciuta come UNA QUESTIONE DI CLASSE L’ALIENAZIONE non è + solo nel lavoro in fabbrica! La nuova struttura produttiva, dove al posto dei cosi detti “padroni” ci sono i fondi di investimento e al posto della fiat 500 l’università bocconi con i suoi studenti o la casa per gli anziani piuttosto che i B&B pone la questione della “salute mentale degli individui” La radicalità oggi è una radicalità piu profonda perche il modello Milano e la gentrification ci dicono che siamo noi, sono i nostri corpi, i nostri rapporti umani i nostri Abitare. ad essere “Alienati” . Ci dice va messa totalmente in discussione la sostanza non la forma! E allora non occorre accettare i termini come “Consumo di suolo” termini cambiano IMPOSTURA DEL LINGUAGGIO come diceva Barbacetto l’altra sera
    22 marzo 2024 • 17:03Rispondi
    • gabriele antonio marianiFra critica costruttiva ed utopia scelgo la critica. E' per questo che proprio non mi trovo con questa lunga e comoda analisi dell'anonimo lettore (che invito a palesarsi). Non è affatto vero che ragionare di urbanistica e del suo fondamentale ruolo regolatore, sia la forma, mentre la sostanza, nella mente del commentatore, sta altrove. A me interessa, più umilmente e faticosamente, partire da qui, dal "Modello Milano". Parlare di massimi sistemi è una posizione di comodo che, criticando il tutto, non discerne e non evidenzia le puntuali contraddizioni locali. Per cambiare le cose, mia opinione, bisogna partire da qui, dalla miseria di certe carriere politiche ed imprenditoriali, dalle responsabilità in capo al silenzio interessato dei partiti e dei sindacati proprio al tempo delle amministrative 2021, a buona parte del terzo settore, alla stampa ed ai media locali, Radio inclusa (...); proprio coloro che adesso si sono accorti delle "diseguaglianze", del problema della casa, della città che espelle. Volentieri mi addentrerei in un dibattito partendo da questi punti, non mi piace però dibattere con chi interloquisce in forma anonima, quindi mi fermo qui.
      25 marzo 2024 • 10:49
    • Andrea VitaliCi hanno raccontato che i fondi stranieri che arrivavano in città avrebbero portato ricchezza. Sì, ma solo ai proprietari fondiari. Ci hanno raccontato che avevano realizzato la città a 15 minuti, e invece siamo soffocati dalle auto (e non è una questione di "cultura", ma di un aumento sconsiderato della capacità insediativa che non è stato valutato). Ci hanno raccontato che avrebbero fatto l'housing, ma è talmente poco, talmente poco che siamo costretti a cercare casa fuori città. Ci si può fidare di questa gente? Gli assessori all'urbanistica che adesso hanno tanti nuovi clienti nella loro attività professionale privata, per chi lavoravano? Per procurarsi nuovi clienti o per chi aveva votato il Sindaco sperando in un'"aria nuova"?
      27 marzo 2024 • 08:15
  5. Pietro VismaraL' intervento per quanto anonimo e relativo ai massimi sistemi solleva però questioni importanti di cui non ci dobbiamo dimenticare. Non basta solo correggere la macchina, se la macchina sta andando nel posto sbagliato
    26 marzo 2024 • 13:24Rispondi
  6. Giuseppe Claudio VitaleA Milano diventa "Urbanistica creativa" in Sicilia sarebbe stata "il ciclo mafioso del cemento" . Le differenze che non contano. La sostanza è che l'urbanistica è oramai diventata un affare nel più completo e colpevole silenzio di un mondo accademico ed universitario oramai silente e ridotto ad inutili esercitazioni verbali. Una volta l'Università aveva i maestri adesso ha avventori di turno che a capo chino rappresentano la pavidità intellettuale e civile
    31 marzo 2024 • 13:21Rispondi
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