20 febbraio 2024

BARCELLONA E MILANO

Il modello catalano e la gestione dello stadio di San Siro


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Confesso che vivrei volentieri a Barcellona. Per tantissimi motivi, e anche perché tifavo e tifo  la  squadra del Barcellona, rivale storica del Real Madrid, squadra a suo tempo sostenuta dal potere franchista. Dal Barcellona, anche, veniva il calciatore che più ammiravo, Luis Suarez, purtroppo scomparso l’anno scorso a Milano, dove era rimasto a vivere.

A ottobre 2023 a Barcellona c’è stato “El Clásico”, la partita di calcio Barcellona-Real Madrid, giocato allo stadio di Montjuic. La prima partita in Champions del Real Madrid, il 20 settembre, contro l’Union Berlin, si è svolta nel nuovo Bernabeu, a Madrid, e l’organizzazione del calcio europeo (FIFA) ha voluto il tetto aperto.

Sulla vicenda di San Siro,  la cosa veramente deprimente è  che si è andati avanti a parlare di una operazione “europea, moderna, innovativa” senza minimamente guardare a cosa avviene realmente in Europa. E i giornali di informazione, i mezzi televisivi, e la stessa Giunta di Milano non ha fornito alcun dossier, se non le carte che gli fornivano i fondi Elliott/Red Bird.

I giornali e le tv sportive si sono ben guardati dal dare informazioni dettagliate sullo stato dell’arte in Europa. Eppure bastava prendere un auto e fare quello che hanno fatto migliaia e migliaia di tifosi milanisti, che sono andati in macchina o in autopullman a Barcellona, al Camp Nou, per la finale di Coppa dei Campioni  del 24 maggio 1989: il Milan battendo la Steaua di Bucarest per 4 a 0, vinse la terza Coppa. Barcellona è meno distante di Brindisi. Per di più la città di Barcellona è gemellata con Milano e la Regione Lombardia è gemellata con la Generalitat de Catalunya (sette milioni e mezzo di abitanti, meno della Lombardia).

Ora, per anni, il Comune di Milano ha avuto rapporti, quasi mensili, con il Comune di Barcellona (1.600.000 abitanti e l’area metropolitana con 36 comuni  ha tre milioni e trecentomila  abitanti), per confrontare progetti e strategie urbane e per sostenere le reciproche candidature ad ospitare le Olimpiadi estive, cosa che accadde per Barcellona nel 1992.

Ho avuto, con Tognoli, la fortuna di conoscere Pasqual Maragall, sindaco di Barcellona dal 1982 al 1997, e Jordi Pujol, presidente della Generalitat dal 1980 al 2003. I due non si sopportavano e, se capitavano insieme ai ricevimenti, si volgevano le spalle: l’uno era del Partito socialista di Catalogna, l’altro del partito della Convergenza democratica di Catalogna, ovvero un autonomista liberal democratico catalano. Se non ricordo male, fra l’altro, Pujol sostenne dall’esterno l’ultimo governo nazionale del socialista Gonzalez.

La cosa però fondamentale è che l’uno e l’altro facevano di tutto per superarsi e  fare le cose migliori per Barcellona e la Catalogna. Non era una competizione a distruggere quello che faceva l’altro, ma anzi a fare sempre qualcosa in più dell’altro. Vennero chiamati anche Gae Aulenti a ristrutturare il Museu nacional d’art de Catalunya e Vittorio Gregotti ad ampliare lo stadio Olimpico del Montjuic, costruito nel 1927 per ospitare le Olimpiadi che vennero invece assegnate ad Amsterdam  nel 1928 (prime Olimpiadi in cui vennero ammesse le donne nelle gare di atletica leggera).

Lo Stadio Olimpico nel 2001 venne intitolato a Luís Company, che nel 1934 era stato eletto presidente della Catalogna e resistette nelle sue funzioni anche durante la guerra civile spagnola: poi nel 1939 andò esule in Francia, tenendo in piedi la Giunta in esilio, ma venne arrestato dalla Gestapo nell’agosto 1940 a Parigi e consegnato ai franchisti che lo fucilarono nell’ottobre 1940 nel Castello di Montjuic, vicino allo Stadio.

Nello stadio del Montjuic (55.926 posti) gioca il Barcellona per la stagione 2023-2024 in attesa di riavere a novembre 2024 il suo Camp Nou (99.354 posti). Sì, perché mentre lo stadio di Montjuic è di proprietà del comune di Barcellona, il Camp Nou è di proprietà del Barcellona, che ha oltre 223.000 soci. Fino al 1957 il Barcellona giocava nel suo impianto “Camp de les Corts”, costruito nel 1922, e poi dal 1957 nel “Campo Nuovo”, ristrutturato nel 1995 e nel 2008.

Oggi il Barcellona ha deciso di investire oltre un miliardo e mezzo di euro per rifare il suo stadio, il palazzo dello sport del Barcellona basket, e altre strutture per le sue attività sportive; ha messo nel conto 90 milioni di perdita della biglietteria, ma conta di farne 200 milioni all’anno con il nuovo stadio, portato a 111.000 posti a sedere, tutti coperti. Anche il Barcellona pensa di aumentare i palchi Vip, collocandoli nel terzo anello, per quelle “brigate della tartina di gamberetto”, come le definì Roy Keane, capitano del Manchester United nel 2022, quando veniva avanti la “corporate hospitality”, più attenta al buffet che alla partita.

Al Montjuic giocò fino al 2009 l’altra squadra, antagonista anche sul piano politico, l’Espanyol, che nel 1997 vendette il suo Stadio di Sarría (43.667 posti) per sanare i debiti. In questo stadio, costruito nel 1923, qualcuno ricorderà che nei Mondiali di calcio del 1982, vinti dall’Italia, si svolsero due partite decisive  (Italia-Argentina 2-1 e Italia-Brasile  3-2).

Dopo 12 anni, l’Espanyol lasciò lo stadio comunale di Montjuic perché nel 2002 aveva acquistato dei terreni (40.000 mq) sul confine  tra il comune di Cornellà (90.000 abitanti) e quello di El Prat di Llobregat (65.000 abitanti) e vi costruì il suo nuovo stadio (40.500 posti per un costo di 128 milioni di euro a valore attuale): uno stadio per ospitare eventi 365 giorni l’anno, innovativo e tecnologico (per ridurre i consumi di acqua ed elettricità e con i pannelli fotovoltaici per risparmiare 600.000 euro l’anno) e con un centro commerciale al suo interno.

Lo stadio – che oggi si chiama per lo sponsor Stage Front – è a poca distanza dall’aeroporto di Barcellona-El Prat, a dieci chilometri dal centro della città: facilmente raggiungibile con la metropolitana, che del resto ha dodici linee per 166 chilometri con 189 stazioni. Tutti gli stadi sono raggiungibili con i mezzi pubblici, compresa la funicolare del  Montjuic, e poi, alla stazione di arrivo,  si può prendere la teleferica del Montjuic.  A Barcellona, vi è anche la funicolare del Tibidabo (“Cuca de Llum”)  e la funivia  dal porto al Montjuic. Comunque i due stadi, di proprietà delle due squadre, Barcellona ed Espanyol, distano cinque chilometri fra di loro.

Tre stadi dunque nell’area metropolitana di Barcellona. Uno comunale e due di proprietà delle squadre, che ci hanno messo e ci mettono i loro soldi per costruirseli o ristrutturarli: non su terreni comunali o pubblici, ma su terreni acquistati dai club. I centri commerciali, sono dentro gli stadi, non esterni come volevano i furbetti americani-cinesi, al posto del Meazza.

Nessuno stadio è in coabitazione, come avrebbero voluto fare i fondi americani-cinesi, che volevano distruggere uno stadio comunale, che usano in coabitazione, per fare uno stadio sempre in coabitazione e in concessione comunale e più piccolo.

Per inciso, a Barcellona, per ragioni ambientali, di traffico e di inquinamento,  hanno trasferito i mercati all’ingrosso nella Zona Franca, vicino ai  raccordi autostradali, a due chilometri dall’aeroporto e dal porto, e a dodici chilometri da Plaza de Catalunya. Prima erano nel centro della città, – come a Milano l’Ortomercato che è senza collegamenti ferroviari – e adesso  gli edifici in centro di Barcellona, allora occupati dai mercati,  sono utilizzati per importanti strutture sociali, culturali e ricreative.

Insomma, cercate la differenza, dicono nell’enigmistica.

Ci vorrebbe anche un Sindaco metropolitano di Milano, che non accetti la proposta di costruire su aree verdi, nel parco agricolo sud, con una mega variante che stravolge il contesto urbanistico e viabilistico, che sappia davvero evitare un nuovo consumo di suolo, che indirizzi eventuali investitori americani  (che peraltro sembrano più intenzionati a costruire alberghi, uffici, ed altre strutture piuttosto che uno stadio di calcio moderno) su aree industriali dismesse, magari in attesa di bonifica, come quelle delle aree ex Falck.

L’area metropolitana di Milano non ha uno stadio per l’atletica leggera e non ha uno stadio per il nuoto e sull’impiantistica sportiva di Milano città c’è da piangere.

“La colpa, caro Bruto, non sta nelle nostre stelle, ma in noi stessi” “Buonanotte, e buona fortuna”.

Luigi Corbani

P.S. Se poi volete gustare l’atmosfera di Barcellona anche a casa vostra, leggete i romanzi di Manuel Vázquez Montalbán con il suo fantastico protagonista, l’investigatore galiziano Pepe Carvalho.

E potete prepararvi i piatti presenti nei romanzi  con i due volumi  “Ricette immorali” e “Le ricette di Pepe Carvalho”. In questo ultimo libro compaiono gli ingredienti e le modalità di preparazione di 120 piatti, con riferimento anche al passo del romanzo o del racconto in cui il piatto è citato.

 



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  1. AdaGrazie per l'articolo.Barcellona e'bellissima ma i miei amici che vivono li'in centro sostengono che e' diventata caotica e si sono trasferiti vicino Girona.Confermo che Barcellona ha molte virtu' ma non e' una citta' ideale.
    21 febbraio 2024 • 10:48Rispondi
  2. valentino ballabioGiusto cercare le differenze, come dicono nell'enigmistica, anche riguardo gli assetti istituzionali. BARCELLONA: vige una Governance metropolitana di livello superiore, responsabile del relativo piano strategico, e 36 enti di livello inferiore corrispondenti ai comuni. MILANO: vige una Città metropolitana irrilevante, una pletora di comuni succubi ad un capoluogo bulimico, e l'amputazione a nord di un pezzo importante di area metropolitana.
    21 febbraio 2024 • 16:26Rispondi
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