6 febbraio 2024

MILANO SENTINELLA DELLA MEMORIA 

Per non dimenticare e perché ricordino


Progetto senza titolo (5)

A Milano ci sono diversi luoghi simbolo impegnati con mostre temporanee e permanenti, laboratori didattici, proiezioni e incontri a fare memoria etica, attiva, dinamica e non archeologica, per contribuire a preservare il ricordo e a combattere l’indifferenza.

Primo fra tutti il Memoriale della Shoah presso la Stazione Centrale, fortemente voluto da Liliana Segre. Dai bui sotterranei del Binario 21, spesso ignoti agli stessi milanesi, centinaia di prigionieri ebrei furono deportati su carri bestiame dall’inverno alla primavera del 1944. Tra i pochissimi che ritornarono a casa, Liliana, allora tredicenne.

Il Memoriale ospita anche la Fondazione CDEC – principale ente in Italia per la storia, la ricerca e la documentazione sulla Shoah – e una biblioteca aperta alla cittadinanza, dotata di oltre tremila volumi. Nell’anno appena concluso il Memoriale ha visto un significativo incremento di visitatori, oltre 145.000, di cui più di 62.000 studenti.

Sulle pendici del Monte Stella sorge il Giardino dei Giusti, spazio di dialogo e di educazione alla responsabilità personale, dove alberi e cippi ricordano uomini e donne che hanno scelto il Bene, combattendo contro ogni totalitarismo e salvando vite umane in tutti i genocidi.

C’è poi un museo diffuso della memoria, ormai quasi duecento Pietre d’inciampo disseminate nelle vie della città: le ultime, dedicate a operai arrestati e deportati in occasione degli scioperi del 1944, saranno posate il prossimo marzo. Le scuole sono spesso impegnate nella ricerca storica locale per la ricostruzione delle vicende biografiche delle vittime e partecipano alla cura condivisa delle pietre. Gli archivi delle scuole della città, inoltre, contribuiscono a far luce anche su quanto accadde nelle aule ottantacinque anni fa, quando furono promulgate le leggi razziali e a decine di studenti e insegnanti fu impedito l’ingresso a scuola, unicamente perché ebrei[1].

L’impatto della legislazione antiebraica sulla vita accademica milanese è documentato dalla mostra “Oggetto: razza”, promossa dall’Università degli Studi nell’ambito delle iniziative del Centenario. Carte d’archivio, lettere, attestati, circolari e comunicazioni delineano l’iter di attuazione delle leggi razziali e svelano il delirante obiettivo di arianizzazione del mondo accademico. Trentotto eminenti professori, assistenti, aiuti e liberi docenti furono dispensati, allontanati e espulsi: alcuni di loro, fascisti militanti, colti di sorpresa dalla svolta razzista del regime, rimasero comunque simpatizzanti di Mussolini anche in esilio; altri subirono la tragedia della deportazione o diedero il loro contributo all’opposizione e alla guerra di Liberazione. Figura esemplare fu Piero Martinetti, che rifiutò di prestare giuramento di fedeltà al regime e respinse con sdegno la compilazione del questionario razzista[2].

La burocrazia dal canto suo fu immediatamente zelante e i vertici dell’Ateneo non esitarono ad attivare la macchina delle schedature per applicare le disposizioni del Ministero dell’Educazione, impegnato a sollecitare “la formazione di una salda, profonda coscienza razziale”, come recita la circolare dell’ottobre 1938. Da parte del mondo accademico di allora non ci fu particolare solidarietà verso i colleghi ebrei, solo qualche indirizzo di saluto agli espulsi e cenni di un generico dispiacere.

L’obiettivo di questa mostra è quello di essere presidio di memoria storica, di dare conto della funzione civile della storia e rispondere al valore di responsabilità civica, ricordando ciò che non avrebbe dovuto essere,  perché non sia più.

In occasione del Giorno della Memoria l’Università degli Studi di Milano ha inoltre tributato a Liliana Segre la laurea honoris causa in Scienze storiche, che si aggiunge a quelle conferite da altri Atenei[3]. Tutti questi riconoscimenti accademici onorano il coerente e instancabile percorso di testimonianza di questa straordinaria “donna di pace”.

La Senatrice a vita non è soltanto la testimone di un atroce passato, ma anche una guida nel presente, perché con vigile pensiero critico e con il suo esempio di forza etica e impegno civile ha saputo per decenni, e sa ancora oggi, generare anticorpi contro il male. Alza la sua voce contro la violenza dei pregiudizi e delle discriminazioni, contro l’indifferenza e quell’odio razziale, che non si è mai spento e che è anzi risorgente nelle società democratiche.

Oggi, però, a novantatrè anni, sotto scorta per gli attacchi degli hater, mentre è in corso il drammatico conflitto tra Israele e Palestina, Liliana appare pessimista verso il futuro e teme che quando gli ultimi sopravvissuti non ci saranno più sulla Shoah “sarà tirata una riga”.

Una frase di Piero Martinetti a proposito del progresso etico dell’umanità chiude il percorso della mostra “Oggetto: razza”: “Non bisogna nemmeno illudersi che dei progressi particolari, come la rinuncia all’antropofagia o l’abolizione della schiavitù, che furono possibili in determinati momenti favorevoli, siano conquiste definitive: del resto la schiavitù ha fatto di nuovo oggi, sotto mutato nome, la sua apparizione e ha trovato i suoi apologisti. Che cosa è la teoria delle razze inferiori, se non un appello al ritorno della schiavitù?”

Frase che ci interroga e ci invita a riflettere, magari immergendoci in un altro luogo della memoria inaugurato di recente e legato alla biografia della Segre – il “Sentiero del silenzio” di Saltrio -, voluto dell’Associazione Amici del Monte Orsa. Qui possiamo ripercorrere i passi di Liliana bambina e di suo papà sui tracciati dei contrabbandieri verso la Svizzera, dove invano sperarono di trovare rifugio per salvarsi dalla persecuzione nazifascista. A un passo dalla salvezza della frontiera della speranza, precipitarono, invece, nel baratro, in un “pozzo di mostri”, nell’”inferno sulla terra”: le carceri di Varese, Como e Milano e poi il vagone partito dal Binario 21 verso Auschwitz.

Nella spirale d’odio e di violenza del tempo che viviamo, la storia continua a generare orrore, come ci ricorda il Rapporto annuale di Save the children. Quanto mai necessario, dunque, battersi ogni giorno contro ogni odio, antico o recente, contro ogni indifferenza, contro il pericolo dell’oblio e “contro l’orrore degli orrori, cioè pescare nel mazzo dell’umanità qualcuno da odiare”[4].

Rita Bramante

[1] A cura di P. BALDI, E. PALUMBO, G. PIAZZA, Foto di classe senza ebrei. Archivi scolastici e persecuzione a Milano (1938-1943), Biblion Edizioni, 2023

[2] E. EDALLO, Il razzismo in cattedra. L’università di Milano e la persecuzione degli ebrei, Donzelli, 2023

[3] Laurea in Relazioni internazionali dalla LUMSA di Roma, in Scienze filosofiche dall’Università di Bologna e in Storia e civiltà europee dall’Università degli Studi della Basilicata.

[4] Enrico Mentana, dialogo con Liliana Segre durante la cerimonia nell’Aula magna dell’Università degli Studi, 27/01/2024.

 



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  1. guido lorenzettiMio padre Andrea Lorenzetti, vicesegretario del partito socialista clandestino e organizzatore degli scioperi del marzo 1944, arrestato dai militi della rsi e consegnato alle ss, è partito dal binario 21 della Stazione Centrale. In totale i deportati politici partiti dal binario 21 sono circa 800, tanti quanti i prigionieri ebrei. E'' possibile che si continui a ignorare questo fatto storico, continuando a scrivere, come in questo articolo, 'dai bui sotterranei del binario 21... centinaia di prigionieri ebrei ...'? o gli oppositori politici sono partiti con la Frecciarossa dal binario 15?
    7 febbraio 2024 • 12:02Rispondi
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