9 gennaio 2024

CLASSE DIRIGENTE, RITRATTO DI FAMIGLIA 

Con l'arrivo dei "meloniani": era meglio quando si stava peggio


Progetto senza titolo (18)

Lo spettacolo sconcertante della classe dirigente meloniana, cui solo il piglio mussoliniano del capo e lo scarso contrappunto di scialbissima opposizione pongono un freno alla meritata gogna, è in realtà il sintomo di un demerito generalizzato, sintomo al pari della febbre per il quale però nessuno al momento possiede aspirina: nemmeno il voto potrebbe porvi serio rimedio perché la stratificazione sedimentaria di tanto demerito parte da lontano.

Il libriccino edito dal Comune di Milano che ogni tanto mi gira per le mani (Milano nel 1906, Sindaco Ettore Ponti) racconta non solo della costruzione di una città a valle del Piano Beruto, ma soprattutto di come fosse stato possibile realizzare un piano di quelle dimensioni, che ha sostanzialmente disegnato la città che conosciamo, grazie ad un mix di fattori non replicabile a livello locale o nazionale.

Innanzitutto il governo della città affidato a chi di suo prima dell’incarico pubblico aveva notizia di come si gestissero uomini e denari: certamente la base censuaria del voto molto faceva in tale selezione, ma ciò non toglie che anche col suffragio universale se di cose pratiche si parla (e far funzionare una Città è cosa assai più pratica e meno politica di uno Stato) a far l’Assessore andrebbe chiamato chi già conosce, capisce e sa cosa può servire alla sua Giunta per direzionare la macchina pubblica.

La statura degli Amministratori richiedeva una macchina pubblica idonea e il Comune di Milano, vuoi proprio perché di Milano e vuoi perché ammaestrato dalla burocrazia teresiana, possedeva al volgere del secolo un fac-simile di apparato militare alle sue dipendenze.

Terzo elemento una società civile vigile, ispirata sicuramente dall’etica del lavoro ma, soprattutto informata dei fatti, come dimostra la centralità delle sue istituzioni del sapere a partire dalla Scuola di Arti e Mestieri da cui nacque il Politecnico. E proprio il Politecnico, inteso come rivista, di Carlo Cattaneo era prima di tutto una fucina ininterrotta di idee pratiche sul funzionamento della Cosa Pubblica.

Se facciamo un salto in avanti di un secolo e cerchiamo di trovare traccia di quel Comune di Milano restiamo ahinoi delusi perché a partire dall’ingestibile Corpo dei Vigili Urbani sino alle insondabili trame che governano urbanistica e manutenzione della città troviamo che la macchina funziona solo con regole interne cui nessun Assessore, per quanto competente, potrebbe porvi rimedio e infatti non ci pone rimedio nemmeno un Direttore Generale volenteroso e onnipresente come l’attuale, cui il Sindaco fra poco, in assenza di personale di fiducia, potrebbe affidare pure il compito di guardiania e pulizia degli uffici, considerando che l’ultimo incarico importante lasciato vacante dalla malaccorta politica milanese, ovvero quello di Capo di Gabinetto, gli è stato appioppato in modo autocratico senza che nessuno avesse da ridire alcunché.

Cosa c’entrano la Meloni e la sua sgarruppata banda di scappati di casa da cui siamo partiti?

Racconto un aneddoto occorsomi che descrive il tutto; per motivi lavorativi mi trovo a parlare con persona al corrente del mondo politico della destra, meloniana e non, il quale mi spiega di come una volta detenute le leve del potere dalle sue parti si provveda senza indugio a piazzare famigli, servitori e affini in ogni singolo buco pubblico disponibile, sia esso di natura politica, amministrativa o lavorativa, in assenza dunque di alcuna competenza che non sia il legame di sangue.

Trattandosi di luoghi e persone che conosco, capisco quanto il racconto sia veritiero e soprattutto quanto in Lombardia parta da lontano, ovvero dal dominio formigoniano sulla Regione, con la differenza che Formigoni inseguiva, in forme e modi discutibili come poi si è acclarato, un suo disegno di Regione Stato (si pensi al molto fatto per svecchiare la fatiscente Sanità Pubblica e al molto disfatto da Maroni in poi proprio attraverso l’imposizione di una classe dirigente da osteria cui solo ora Bertolaso sta cercando di porre riforma) col risultato che anche nel Comune di Milano pur da tre lustri governato dal Centro Sinistra la classe dirigente nasce da una selezione non meritocratica avvenuta in altre stanze e sotto altre sindacature.

Il risultato di questa selezione non selettiva è che ogni dirigente così scelto parte socraticamente conscio di non sapere, o di saper poco tale per cui se lasciato nuotare nel mondo della privata competenza affogherebbe, e tende immediatamente a far comunella coi suoi simili, in evidente autodifesa del suo scarso fare e, soprattutto, del suo non rispondere alle richieste della Politica: il servizio di audit che dovrebbe certificare l’efficacia  dell’azione amministrativa è interno, a dispetto dell’esordio col botto in epoca albertiniana, e certifica solo l’obbligatorio raggiungimento dei requisiti per i premi di risultato dei dirigenti: un CSM ma ancor più triste e venale.

Tutta colpa della Destra affarista e cattiva? 

In parte è vero, perché l’assenza di freno morale fra affari e politica tipica della Destra porta a questo disastro amministrativo privo di selezione all’ingresso e sui risultati, ma molto ha fatto pure il Centro Sinistra, prima di tutto per difetto e poi per ben più prosaica necessità di sopravvivenza personale una volta terminato il paracadute offerto dal finanziamento dei Partiti, sia quello en plein air pubblico, che quello occulto derivante dal mondo degli appalti: fare politica oggi non garantisce la pensione se non traccheggiando al bordo del mondo pubblico, fra incarichi politici  e Partecipate.

Ecco dunque che il mondo degli art.90 (il personale cooptato dalla Politica in funzioni operative senza passare da quei concorsi pubblici che hanno non-selezionato gli assunti ufficiali) ha generato una piccola corte dei miracoli, anch’essa legata ad un patto di sangue come i cattivi di Destra, che si accontenta di molto meno, ovvero di posti retribuiti senza incombenze decisionali gravose.

In parte ciò accade anche per il dramma post-1992 quando l’epopea di Mani Pulite ha sdoganato l’idea che per non essere colpevoli fosse imperativo non toccare le cose pratiche, col risultato che oggi nel Centro Sinistra nessuno sa cambiare una lampadina in caso di bisogno, perché il costo potrebbe configurare un reato e, soprattutto, non si immagina nemmeno di progettare e cantierizzare opere per il timore di venire infilzato dal primo PM che riceve una soffiata dal collega livoroso.

Ecco che i cretini meloniani non sono soli a questo mondo, ma sono la spia di come in assenza di un risveglio civico e un’assunzione di responsabilità di proposta, governo e controllo da parte dei Partiti, noi non siamo in grado di scrivere e tradurre alcun programma e di come alla fine il Centro Sinistra finisce sempre a far da vassallo ai tecnici chiamati a riparare i danni procurati dai cretini di Destra.

Al Monumentale sulla tomba di Giuseppe Colombo, fondatore del Politecnico, l’epitaffio di Edison si conclude con una frase di Dickens “I fatti, signori miei, non sono altro che i fatti”, frase che farei incidere su pietra, almeno all’ingresso di Palazzo Marino, nell’attesa messianica di poter fare altrettanto all’ingresso del Pirellone e di Palazzo Chigi, una volta cambiato il vento.

Giuseppe Santagostino

 



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  1. Annalisa ferrarioPurtroppo largamente condivisibile. Saluti
    10 gennaio 2024 • 07:47Rispondi
  2. Francesco FRISIAVorrei capire cosa centrano i Meloniani con la nullità che governa Milano da anni e anni.!! Francesco Frisia
    10 gennaio 2024 • 11:04Rispondi
    • giuseppe santagostinochiedo scusa per il ritardo nella risposta: il riferimento era contingente all'imbarazzante spettacolo offerto dalla mal assortita compagine della Meloni (fermo restando che lei invece ha un livello decisamente superiore di competenza politica, studio dei dossier compreso). Se legge attentamente l'articolo io non affermo che la classe politica espressa dal centro-sinistra sia tanto migliore, anche se sicuramente meno sguaiata degli avversari, ma che la ricercata insignificanza da Mani Pulite ha portato alla delega a chi le mani in pasta deve mettercele per lavoro, ovvero la dirigenza. Se a questa delega si assomma l'inamovibilità tipica della funzione pubblica anche a livello dirigenziale, ecco che gli esiti consociativi fra struttura e mondo esterno diventano assai più stretti (visto che gli Assessori non possono/vogliono metterci becco)
      27 febbraio 2024 • 12:57
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